“Ci tengo prima di tutto a sottolineare l’ottimo intervento del dottor Diamare che ha una grande esperienza in questo settore. Il comparto del gioco in Italia è caratterizzato da un’immagine piuttosto controversa: da una parte gli aspetti positivi arrivati grazie al sistema concessorio e una legislazione tra le più avanzate, dall’altra i problemi salutari come la ludopatia della quale si parla molto di più rispetto agli aspetti positivi come ad esempio l’occupazione. La lezione dal passato è che prima della buona regolazione che si è sviluppata negli ultimi 20 anni, il gioco pubblico in Italia non esisteva se non in alcuni comparti più limitati. Alla fine degli anni ’90 sono stati regolati settori strategici come il mondo delle slot machine e del betting”. È quanto ha affermato Giuliano Frosini, Senior Vice President Institutional Relations, Public Affairs and Media Communication di IGT, durante il seminario “Setting the scene – Everything you need to know about gambling, betting and Italy” all’European Association for the Study of Gambling.
“Il modo in cui si è deciso di procedere a questa grande operazione di emersione e legalizzazione è stato quello di istituire la concessione che esiste da sempre in altri settori, ma più recentemente nel gioco è un istituto che ha raggiunto una configurazione piuttosto raffinata. Prima della regolamentazione c’erano 800.000 videopoker negli esercizi pubblici e teoricamente non dovevano poter dare vincite in denaro, ma ciò non era possibile. Quindi, cosa ha deciso di fare lo Stato italiano? Ha traslato i poteri pubblici verso privati. Perché lo Stato ha pensato che questi soggetti potessero compiere questo lavoro meglio dello Stato stesso. La direttiva europea sulla sicurezza e l’ordine pubblico permette agli Stati di concedere delle concessioni a privati per gestire determinati settori e questo è proprio il nostro caso. Questo ha consentito fino a un certo punto di avere una certezza delle regole, sicurezza per i giocatori e di raccogliere mediamente 12 miliardi di euro ogni anno. Si era partiti bene destinando queste somme ad iniziative importanti come ad esempio il restauro dei grandi patrimoni italiani. Ma nell’ultimo periodo storico questo sistema non andava più bene agli Stati che sono andati incontro ad una eccessiva esposizione delle esternalità negative del settore. Ciò è successo perché gli operatori hanno avuto difficoltà a confrontarsi con il mondo della politica e ciò ha cambiato il paradigma. Gli Stati hanno cominciato a considerare il settore come una materia radioattiva, ovvero pericolosa da maneggiare e hanno lasciato che le opinioni pubbliche si impossessassero delle policy”, ha aggiunto.
“Le regioni italiane – prosegue Frosini – hanno cominciato a legiferare con norme opposte a quelle che lo Stato aveva ipotizzato quando si era impossessato, legittimamente, della riserva statale. Hanno ritenuto troppo capillare la diffusione dell’offerta ed hanno provato a contrastarla facendo politica sulla pelle dello Stato centrale. Il decremento del prelievo è un problema dello Stato, non delle regioni. Allo stesso tempo, lo Stato ha ritenuto che per inseguire le regioni fosse necessario aumentare le tasse così, secondo improbabili previsioni, da limitare l’offerta. Invece questo non è successo, poche non poteva succedere. È successo che le leggi che impediscono di arrivare al punto vendita e le tasse eccessive stanno riportando i giocatori verso il mondo dell’illegalità, che non è solo criminalità ma anche di soggetti privi di concessione. Dal passato arriva la lezione che questo tipo di fenomeno va contrastato con altre modalità. Questo ha prodotto che in Italia, Paese con un’eccellente regolamentazione, una sensazione di instabilità delle regole e quindi di pericolo per gli investimenti, poiché imbarcarsi in un’avventura che vede cambiare i parametri continuamente non permette di pianificare nel migliore dei modi. Cosa bisogna fare? Sfruttare l’occasione di queste regole italiane nuove e sfruttare l’occasione di un clima politico diverso, di un governo più stabile e che non abbia paura di confrontarsi con le problematiche evidenti di questo settore, ma incanalare le cose positive sotto l’aspetto erariale, occupazionale e di innovazione tecnologica”, ha concluso. ac/AGIMEG