Sozzi (Streetweb): “Il mancato riordino complessivo crea zone d’ombra in cui si potrebbe inserire l’illegalità”

“Questo decreto rappresenta una ulteriore occasione persa per arrivare ad una riorganizzazione del sistema, poiché molti punti non sono chiariti. Inoltre, si parla sempre delle piccole e medie imprese come spina dorsale del Paese, ma questa normativa rappresenta un duro colpo sia dalle barriere poste all’ingresso sia per i mancati chiarimenti in punti chiave. È quanto ha dichiarato Riccardo Sozzi di Streetweb durante il panel “Gioco online: il “non” riordino. Criticità e rischi dell’ultimo decreto del governo in tema di gioco pubblico” ad Enada.

S”e il mercato italiano, terrestre e online, ha ottenuto un buon successo è grazie alle imprese italiane che vi hanno investito e questo riordino non riconosce questi impegni fatti nel passato. Mettere il costo delle concessioni a 7 milioni è molto gravoso per le aziende meno strutturate. Inoltre, ci sono oneri accessori e tecnologici ancora non chiariti. Dunque, c’è preoccupazione ma allo stesso tempo la voglia di continuare da parte degli operatori”.

“Credo che il mancato riordino complessivo crei molte lacune e zone d’ombra in cui si potrebbe inserire l’illegalità. Ad esempio, non riesco a capire la ratio delle limitazioni ai PVR anche dal punto di vista del riciclaggio e gioco responsabile. Queste restrizioni porteranno l’utente qualcosa di più semplice e immediato ed è lì che spunterà l’illegalità.

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A mio avviso, ci sono anche rischi erariali perché il gioco online non sviluppa lo stesso gettito erariale del fisico. Inoltre, dal punto di vista del gioco fisico ci sono ancora forti restrizioni e difformità territoriali che provocano la chiusura di numerose attività. Uno degli esempi peggiori da questo punto di vista è quella dell’Emilia-Romagna che ha introdotto un distanziometro retroattivo imponendo alle attività la delocalizzazione, causando l’espulsione del gioco del 100% in alcuni Comuni.

Ci sono anche pronunce del Tar risibili che stabiliscono che laddove c’è uno 0,25% di territorio disponibile non c’è l’espulsione del gioco. In più, norme sovrapposte tra quelle dei Comuni e della Regione creano anche l’impossibilità di delocalizzare. Ma tutto questo non basta, poiché qualora si venisse a creare un luogo sensibile a meno di 500 metri l’attività ha fino a 10 anni per operare e spostarsi. In Emilia-Romagna, a causa di questa normativa, abbiamo perso 70 sale con conseguenti perdite di posti di lavoro”. ac/AGIMEG