“Affrontiamo con diversi stop and go il decreto-legge n. 70 del 2022, comunemente definito decreto delle semplificazioni fiscali. Era un decreto-legge atteso e ritenuto di notevole importanza per gli interventi di semplificazione che il nostro Paese da tempo auspicava. È però diventato un’altra cosa rispetto alle aspettative, anche perché gestito a cavallo di una crisi di Governo e quindi con delle problematicità in più”. E’ quanto ha detto in Aula al Senato il senatore Marino (IV-PSI).
“Voglio però invece ragionare sul portato positivo e innovativo di questo decreto-legge e almeno del suo principio ispiratore, poi in parte stravolto in sede di conversione. Personalmente auspicavo un filo di continuità con la legge di delega fiscale n. 23 del 2014, una piccola Grundnorm – permettetemi di dirlo – che conferì al Governo una delega per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita; una serie di deleghe vennero attuate, tranne cinque (sul catasto, sulla riscossione degli enti locali, sui giochi, sulla fiscalità ambientale e sulla giustizia tributaria; tre di queste sono state al centro dell’attenzione di questa legislatura). In essa si teorizzava il principio del fisco amico: un ossimoro, qualcuno potrebbe dire, ma non è così. Guardate che in Italia, quando si parla di tasse, si assiste a un moto pendolare di vichiana memoria. Da una parte, c’è chi auspica una facile raccolta di consenso con promesse di condoni; ma cosa c’è di meno educativo di un condono, che distoglie dalla volontà di applicare la norma, perché tanto poi si verrà perdonati? Dall’altra, c’è la visione di un fisco “Dracula”, che tartassa il cittadino. Si è parlato, proprio in questi giorni, della proposta del segretario Letta sulla tassa di successione e sulla patrimoniale; il Governo Letta è stato proprio quello che ha fatto l’ultimo aumento dell’IVA, nell’ottobre 2013”, ha concluso. cdn/AGIMEG