L’industria del gioco spagnola ha ufficialmente dichiarato guerra ad Hacienda per la concorrenza sleale nel gioco online. La mobilitazione del Consejo Empresarial del Juego (CEJUEGO), evento senza precedenti nella storia del settore in Spagna, è avvenuta dopo l’annuncio della Dirección General de Ordenación del Juego di procedere alla legalizzazione delle slot machine online nei prossimi mesi attraverso un’ordinanza del Ministero de Hacienda, il corrispondente del Ministero dell’Economia in Italia.
La decisione ministeriale di autorizzare le slots risiede nel fatto che le ‘macchinette’ rappresentano un gioco di casinò complementare a quelli classici della roulette, blackjack e poker, già autorizzate dal governo spagnolo.
Adesso, Cejuego ricorda come il mondo delle slot machine su internet copre uno spettro molto più ampio di scommesse e jackpot, che ammonta ad un tetto complessivo di centinaia di milioni di euro, anche se con una probabilità bassissima di vincite rispetto alla frequenza delle giocate. Per questa ragione, secondo la loro opinione, avrebbero provocato in molti paesi problemi di ludopatia molto superiori rispetto a qualsiasi altro gioco, specialmente se non vengono posti dei limiti di puntata e premi, elementi che non rientrano nella proposta di legge ministeriale.
L’Associazione imprenditoriale del gioco evidenzia, nell’informativa che ha inviato al ministero, che le macchine nei bar, saloni da gioco, bingo e casino – che a differenza dell’Italia godono di un’ampia legalizzazione in tutte le comunità della Spagna – rappresenta la modalità di gioco più popolare e uno dei maggiori contribuiti all’economia nazionale, oltre ad avere un’ampia accettazione sociale. Nel 2013 gli ingressi stimati per questo tipo di apparecchiature hanno raggiunto la cifra astronomica di 3.235 milioni, apportando alle aziende autonome più di 700 milioni, come riporta il noto portale dedicato alle slot machine Giochidislots.com. Un’ottanta percento degli ingressi corrisponde a le 165.000 mila ‘macchine ricreative con premio’ installate in bar e caffetterie, la cui puntata massima per partita è di un euro e il cui premio non supera i 500. Un fattore che dovrebbe far riflettere anche il governo italiano è l’impressionante forza lavoro che questa industria sostiene in Spagna: 80.000 mila posti di lavoro tra operatori diretti e indiretti, un indotto da capogiro.
Cejuego sostiene inoltre che “l’iniziativa di Hacienda produrrà un’inevitabile migrazione dei giocatore dal canale presenziale – macchine fisiche – al canale virtuale di internet, fattore che pregiudicherà l’economia del Paese e favorirà le imprese che operano al di fuori della Spagna senza creare impiego in loco. L’unico tributo che verseranno al Paese sarà l’imposta sul gioco, tuttavia senza iva, mposte societarie, IAE e senza le altre tasse alle quali sono soggette tutte le imprese spagnole. La perdita di posti di lavoro e la chiusura di numerosi bar e saloni da gioco sarebbe inevitabile”.
A rendere il panorama ancora più tetro, sarebbe uno dei punti della proposta ministeriale che consentirebbe l’installazione di ‘macchine da gioco via internet’ in attività pubbliche, attività che non è autorizzata in nessun altro paese del mondo per questioni di sicurezza e protezione dei diritti del cittadino, la quale aggraverebbe ulteriormente il problema di concorrenza sleale di cui già soffre il gioco fisico in rapporto alla Rete, che ha la possibilità di promuoversi e pubblicizzarsi liberamente, a differenza del gioco fisico.
Il .Consejo Empresarial del Juego chiede a gran voce che, se finalmente venisse effettuata la regolazione delle slot machine ad opera del Ministero, si faccia con dei limiti ragionevoli ai premi, alle promozioni e alla pubblicità del gioco su internet, e dovrà essere esercitata in forma responsabile e controllata, con il medesimo livello di regolazione del gioco fisico, però mai in luoghi e attività pubbliche. Tutto questo in linea con quanto previsto dalla Legge 13/2011 sulla regolazione del gioco, che mira a promuovere l’armonizzazione del canale fisico-presenziale con quello di internet, mentre la proposta di legge ministeriale creerebbe ancora maggiore divergenza regolamentare tra i due settori.