dai nostri inviati – Nella seconda giornata della FEEXPO, che si sta svolgendo alla Fiera di Bergamo, lo spazio convegni ha ospitato un talk con il magistrato Donato Ceglie, conoscitore degli aspetti giuridici e sociali del mondo del gaming e noto per essere stato spesso protagonista di processi al mondo dell’ecomafia e dell’abusivismo. A intervistarlo, sul palco, il direttore di Agimeg, Fabio Felici.
Il titolo dell’appuntamento di oggi è “Il grande rischio”. Si tratta di un rischio legale, economico, sociale derivante dalla confluenza del settore degli apparecchi con vincite in denaro con quello dell’amusement. Ne parliamo con il dottor Donato Ceglie, magistrato che già lo scorso anno, nella seconda edizione della Feexpo, aveva portato un contributo importante. A distanza di 12 mesi, crede che sia cambiato qualcosa in merito all’accostamento dei due mondi, quello dell’amusement e quello delle vincite in denaro?
Questi sono temi delicatissimi, sia dal punto di vista giuridico normativo interpretativo, dal punto di vista imprenditoriale e esistenziale. Dopo 12 mesi non è cambiato niente. Non mi sembra ci siano state novità normative, legislative o giurisprudenziali. Viviamo da anni in un grande rischio esistenziale di confusione mentale, però questo è un altro argomento. Veniamo al rischio che ci riguarda qui oggi. Certo che c’è un rischio, laddove non c’è chiarezza legislativa e non solo legislazione primaria.
Ma perché non si dice con chiarezza la differenza tra gli apparecchi che prevedono vincite con denaro e quelli invece da mero intrattenimento?
Per i cittadini è evidente che il mero intrattenimento è qualcosa di profondamente differente rispetto al gioco che prevede vincite in denaro. Il tema è quello. E’ là che ci dovremmo confrontare sui rischi.
Per fare un paragone: non tutti gli italiani sanno che il maggior numero di morti che statisticamente si verificano nel nostro Paese sono da infortuni domestici. Il tema del rischio dovrebbe essere un argomento da studiare in tutte le scuole e in tutte le università.
Non esiste aspetto della vita degli esseri umani che non abbia rischi. Pensare che il rischio non esista, significa creare le premesse perché quel rischio crei danni. Quindi il tema dell’analisi del rischio è fondamentale.
Questi di cui parliamo oggi sono due mondi completamente distanti. C’è una differenza abissale tra questi due mondi, comma 7 e comma 6. Ma se non si fa un’analisi puntuale dell’uno e dell’altro rischio, si parte con il piede sbagliato. Conseguentemente viene il risk management, lo devi gestire il rischio per evitare che ti procuri danni.
Parlando del rischio, qualcuno avrebbe dato risposte diverse da quella che è la realtà. Più volte hai detto che manca al settore una comunicazione positiva, più di dettaglio di quello che è realmente il comparto. E questo è uno dei mali che si portano dietro.
Questa era la mia convinzione fino all’altro ieri. In questa fiera però ho visto che molto opportunamente avete richiamato non soltanto il tema della famiglia, ma avete chiamato in campo questo soggetto che io stimo molto, il Moige. Il movimento dei genitori può diventare un attore, un protagonista che può procedere al vostro fianco in un’attività di verifica, arrivando addirittura alla possibilità di applicare una sorta di bollino verde, che equivale a no risk.
Siamo partiti dal rischio, ma facendo un’analisi più approfondita e pensando a quali possono essere i protagonisti che studiano il rischio e che tendo a ridurlo il più possibile, rettifico la mia affermazione dell’anno scorso in tema di comunicazione. Questa è buona comunicazione. Questa è comunicazione positiva.
Hai sottolineato questo accordo di collaborazione con il Moige che è un punto di riferimento per portare il messaggio contro il bullismo e per far crescere la socializzazione. E, secondo il direttore del Moige, Affinita, l’amusement può diventare un punto di riferimento per l’educazione e la socializzazione dei ragazzi.
Ben venga chiunque voglia dare una mano verso questo tipo di direttrice, però in questo caso i protagonisti sono gli imprenditori.
L’articolo 41 della Costituzione parla di attività imprenditoriale libera che però deve svolgersi ed esercitare nel rispetto della salute, della dignità umana e dell’interesse sociale.
Il senso di responsabilità deve caratterizzare l’operato di tutti, ma soprattutto di chi si rivolge al pubblico. Qui si fa un’operazione dalla portata sociale e istituzionale, perché quando ci si rivolge a migliaia di persone giovani, meno giovani, famiglie, genitori, si fa un’operazione sociale, politica ed istituzionale. Il senso di responsabilità deve caratterizzare l’operato di tutti, di tutti cittadini, imprenditori, rappresentanti dello Stato, ognuno nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze.
In un quadro di sinergia sarebbe importante fare tavoli di confronto, affrontare i temi, confrontarsi anche in maniera accesa, se c’è bisogno. Ma guai se ognuno se ne va per i fatti propri come se si fosse depositari dellla verità assoluta, lasciando zone buie.
Tu hai detto che “il settore dell’amusement è una Ferrari che viene però trattata come un trattore”.
Sì, l’ho detto l’anno scorso, perché mi sembrava proprio un freno a mano tirato all’inverosimile rispetto alle potenzialità del vostro lavoro.
Ma quest’anno questo freno a mano mi sembra un po’ meno tirato. E’ come se piano piano ci si stesse scrollando di dosso una sorta di difficoltà relazionale.
Mi ha fatto molto piacere una qualificata presenza istituzionale. A me fa piacere quando le istituzioni sono presenti con il mondo della produzione, dell’accoglienza. Ben venga questo dialogo permanente con le istituzioni.
Ho ascoltato anche io ieri l’intervento della dirigente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e mi è piaciuto in particolare l’approccio di grande serietà e disponibilità all’ascolto e al dialogo. Il cittadino deve vedere nelle pubbliche amministrazioni un amico, non un nemico, come a volte purtroppo in qualche caso succede.
“La cultura del gioco”, di Francesco Toniolo e “Governare le fragilità”, di Bernardo Giorgio Mattarella sono due libri importanti che hanno suscitato in me grande curiosità. Ci sono dei passaggi che vuoi sottolineare.
Nel libro del professor Toniolo, Game Culture: i luoghi non comuni del videogioco, ci sono due aspetti che mi hanno colpito. Prima di tutto i numeri.
Il tema del game riguarda 2 miliardi di persone al mondo che dedicano parte della loro vita al tema del game. Un passaggio mi ha fatto riflettere moltissimo, vale a dire quello nel quale il professore sottolinea un aspetto: “I videogiochi possono salvare la vita”.
Pensate, si parla di salvare vite umane. E poi provando a collegare quello che sto dicendo al mondo dei giochi, al mondo dell’intrattenimento, vediamo se questa analogia può davvero può salvare delle vite.
L’ha sperimentato personalmente John Donley, un giovane giornalista scozzese che qualche anno fa ha attraversato un periodo molto cupo della sua vita. I videogiochi che amava lo hanno aiutato a guardare al futuro perché al loro interno ha trovato storie che rispecchiavano le sue emozioni.
Ciò significa che questo mondo, se ben gestito, può avere una fortissima valenza sociale. Può avere un grandissimo significato, oltre che di crescita culturale proprio di prevenzione sociale, oltre che di miglioramento della qualità della vita.
Bisogna anche dire che una volta si era un po’ più temprati. Oggi, anche se apparentemente si ha tutto, c’è in realtà una forte fragilità esistenziale. Bene, governiamole queste fragilità. E torno al risk assessment e al risk management. Quali sono le fragilità?
Ad esempio, il cellulare. Bisognerebbe passare meno tempo con gli occhi puntati sullo smartphone e uscire di più. Questa è una fragilità tremenda. Parliamo della sindrome di “Hikikomori”. Il cellulare in questo caso aliena le persone, le chiude in casa e diventa primaria fonte di vita, tutto il mondo ruota intorno ad esso. Allora, la scommessa qua è tra vita e non vita. Il libro “Governare le fragilità” aiuta molto perché ci fa capire quanto siamo importanti da questo punto di vista per prevenire e per curare. gpm/AGIMEG