Maxi-udienza domani di fronte alla Corte Costituzionale per discutere della tassa dei 500 milioni, il prelievo straordinario – introdotto con la Stabilità del 2015, e poi abrogato l’anno successivo – che il Governo addossò ai concessionari e alla filiera degli apparecchi da intrattenimento. Il Tar Lazio ricevette una pioggia di ricorsi – ben 22, tra quelli dei concessionari, dei gestori, degli esercenti e delle associazioni di categoria – e alla fine, nel novembre del 2015, sollevò la questione di legittimità costituzionale.
La tassa dei 500 milioni era formalmente addossata ai soli concessionari degli apparecchi sulla base degli apparecchi (slot e vlt) che ciascun operatore controllava: le 13 compagnie avrebbero dovuto pagarla in due tranche, ripartendone poi il peso con gli altri soggetti della filiera. Il tutto venne lasciato alla contrattazione tra le parti, e nonostante i reciproci appelli alla responsabilità, fu praticamente impossibile trovare un accordo. A complicare la situazione, il fatto che la Stabilità non chiarisse come la tassa doveva essere divisa tra newslot e vlt: queste ultime hanno una filiera molto più corta, la gran parte del peso sarebbe quindi ricaduta sui concessionari. Le 13 compagnie, poi, scoprirono di non avere alcun potere di rinegoziare gli accordi con gli altri soggetti della filiera delle newslot: storicamente infatti sono i gestori a controllare i flussi di cassa, ovvero prelevano i soldi dalle macchine e dividono i proventi con concessionari e esercenti. In sostanza le 13 compagnie, pur essendo obbligate a pagare la tassa, non avevano alcun potere di raccogliere i soldi necessari. Il risultato fu che la tassa venne pagata con enorme ritardo, e solo una volta ottenute le prime vittorie: il Tar aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale e il Governo – con la Stabilità del 2016 – aveva abrogato la tassa per rimpiazzarla con un più sicuro aumento del prelievo sulle giocate.
Il Tar – sebbene non abbia mai sospeso il pagamento della tassa – in particolare sollevò diversi dubbi. Alcuni erano legati al fatto che la tassa avesse un importo fisso, non legato all’andamento delle giocate: “ove i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosità degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera”. Altri riguardavano invece la struttura del mercato: “La profonda modifica dell’assetto della concessione, non risulta invero controbilanciata dal mero obbligo di rinegoziazione dei contratti imposto, a cascata, nei rapporti con gli operatori interni alla filiera, sia in quanto la concreta modifica di tali rapporti è rimessa (né potrebbe essere diversamente) alla libera volontà delle parti, sia perché i concessionari non sono stati dotati di strumenti diversi dagli ordinari rimedi contrattuali per conseguire l’adempimento delle obbligazioni dei gestori, così come, almeno in parte, direttamente e innovativamente conformate dallo stesso legislatore”.
Al termine dell’udienza di domani la Corte Costituzionale manderà la causa in decisione. La sentenza è attesa nel giro di due mesi, ma potrebbe arrivare anche nell’arco di due o tre settimane. rg/AGIMEG