Ivrea, titolare sala Vlt: “Mi stanno salvando dal fallimento venditore e proprietario del locale che hanno sospeso pagamenti e rate. Ma dobbiamo riaprire subito. I sussidi valgono solo per ora, ma il lavoro è per sempre”

Da Nord a Sud, le difficoltà degli imprenditori del settore del gioco pubblico non hanno confini regionali. Dopo il caso raccontato da Agimeg del giovane imprenditore di una sala scommesse di Napoli, costretto a chiudere l’attività, un’altra denuncia della situazione insostenibile che si trova ad affrontare la categoria arriva da Ivrea, in Piemonte. “Lo scorso mese di gennaio ho acquistato, da una precedente gestione, una sala VLT. Già con l’introduzione a inizio anno della tessera sanitaria obbligatoria per le videolotteries ho avuto un calo della clientela e del fatturato del 30% nel solo mese di gennaio”, ha raccontato ad Agimeg Marina Samsara, titolare della sala piemontese. Ma il peggio doveva ancora arrivare. “A febbraio, dalle voci che giravano sul possibile arrivo dell’epidemia di coronavirus, mi sono subito attrezzata prendendo le precauzioni per me e per i clienti come mascherine, disinfettanti e gel mani. Ma non è servito. L’8 marzo è scattato il lockdown e mi sono trovata di fatto a non poter lavorare. Nella mia sala lavorano tre persone fisse più un addetto alle pulizie, ho costi fissi mensili per i dipendenti di circa 10mila euro più le spese per la sala e le utenze, un totale di quasi 15 mila euro al mese, senza contare che per acquistare l’attività mi sono indebitata per 5 anni. Una situazione insostenibile per chiunque, ma fortunatamente il proprietario del locale mi è venuto incontro non facendomi pagare il mese di marzo – ha proseguito la titolare – mentre il venditore mi ha sospeso le cambiali finché non riprenderò a lavorare, in seguito mi faranno una rateizzazione perché non ho liquidità in questo momento. Per questo dico che sono stata anche fortunata rispetto a tanti altri colleghi del settore che invece sono costretti a chiudere dopo aver investito denaro e tempo in un’attività come la mia. Purtroppo – è lo sfogo di Marina – lo Stato non capisce che noi siamo lavoratori in regola come gli altri, paghiamo le tasse ma veniamo sempre considerati lavoratori di Serie C. Il nostro settore è sempre sotto la lente perché ci sono episodi di illegalità, ma noi siamo legali, raccogliamo gioco per conto dello Stato, non possiamo essere trattati come delinquenti”. Nonostante tutto, la ripartenza ad oggi appare ancora lontana. “Non sappiamo quando potremo riaprire e non abbiamo la liquidità necessaria per andare avanti – ha proseguito Samsara – le banche non ci fanno credito o, se lo concedono, non ci danno tempi certi per incassare i finanziamenti. Come possiamo ripartire in sicurezza? Lo Stato dimentica che nel settore del gioco lavorano decine di migliaia di persone, ad esempio noi in famiglia siamo in sei e senza lavoro non possiamo andare avanti. Al Governo non chiediamo aiuti, che hanno una durata limitata nel tempo, bensì chiediamo di poter riaprire e di poter riprendere a lavorare quanto prima, in modo da poterci mantenere da soli, senza chiedere nulla allo Stato. I sussidi valgono solo per ora, mentre il lavoro è per sempre”. cr/AGIMEG