De Servio (a.d. Lega Serie A): “Il divieto di pubblicità previsto dal Decreto Dignità ci danneggia per almeno un centinaio di milioni. Speriamo si possa continuare ad avere pubblicità di maglia e a bordo campo”

“Il nostro è un sistema industriale che deve avere pari dignità come tutti gli altri, perchè paghiamo tasse per oltre un miliardo. Deve essere governato come tale. Al momento pesiamo all’interno del nostro mondo per il solo 12%, questo ci penalizza. La delega che avete sul tavolo è una sfida importantissima. Non si può continuare a pensare che il calcio di Serie A sia il bancomat di tutto il movimento. Paghiamo al sistema il 10%, circa 150 milioni di euro all’anno. Abbiamo un limite che è legato al tema del betting. Il divieto di betting ci penalizza per circa un centinaio di milioni. Tutti conosciamo quali possono essere le problematiche legate il gioco compulsivo. Con il Decreto Dignità danneggerete le nostre squadre in un contesto internazionale. Le nostre squadre infatti non potranno competere per comprare un giocatore perchè gli verrà precluso l’accesso a dei fondi che oggi sono a disposizione delle altre squadre internazionale. E’ un danno evidente, stiamo discutendo di questi meccanismi con il Governo. Vorremmo che le squadre possano almeno sulla maglia e a bordo campo avere la possibilità di continuare ad effettuare la pubblicità di scommesse. Non dobbiamo essere ipocriti questo è un sistema in cui lo Stato ha ricavi significativi. Nel sistema francese riescono a fare un prelievo dalla cifra investita a vantaggio di tutto il sistema, lì si possono recuperare le risorse necessarie, non penalizzando le nostre squadre. Posso capire il divieto di pubblicità in televisione usando testimonial che abbassano delle difese. Ma se io vi dicessi che in Italia esistono 14 marchi di scommesse non sapreste individuarli. Altro esempio il prelievo imposto per i servizi di sicurezza negli stadi”. E’ quanto ha detto Luigi De Siervo, amministratore delegato per la Lega nazionale professionisti Serie A, in audizione in Commissione Cultura alla Camera. cdn/AGIMEG