In questo momento lei investirebbe in questo settore?
L’attuale situazione del gaming italiano non premia tutti. In un contesto normativo stabile gli investimenti sono più sicuri, ma meno remunerativi. Al contrario il caos e i grandi cambiamenti offrono grosse opportunità ma solo per le persone, “smart”, capaci di rischiare, intelligenti e flessibili.
E’ stato tra i primi a intuire le potenzialità del poker online, su quale gioco punterebbe in questo momento?
Oggi è evidente che i giochi da casinò vanno per la maggiore: riscuotono una grande popolarità tra i giocatori perché ripercorrono temi consolidati negli anni nel gioco terrestre. Il problema è che se tutti propongono gli stessi prodotti non è facile ottenere una forte crescita rispetto ai concorrenti.
Quindi chi emerge?
Chi è bravo a puntare sul marketing e a fornire servizi sul gioco. La sfida quindi non è più sul prodotto ma sul servizio, sul marchio e sulla flessibilità delle offerte. In Italia l’offerta di gioco spesso è riciclata, perché inventare qualcosa di nuovo è difficile.
Il poker online ha vissuto una forte crisi. Come si spiega questa flessione?
Alla migrazione degli utenti. Chi ha operato con successo ha investito molto per far conoscere e rendere sempre più popolare il gioco. Ai tempi People’s Poker puntò molto su radio, tv e altri media e soprattutto legando molto l’esperienza live all’on line. Poi i giocatori hanno trovato un’offerta alla pari e spesso più vantaggiosa sui circuiti esteri. La crisi la sta vivendo solo il poker italiano, mentre il circuito internazionale non ha registrato flessioni altrettanto significative.
Ad aprile termineranno i vincoli contrattuali, con la sua precedente società, che di fatto l’hanno tenuta lontana dal settore del gaming in questi anni. E’ sua intenzione tornare a lavorare in questo settore?
Quello che avevo da dare al mercato l’ho portato avanti, con grande soddisfazione a livello imprenditoriale. Mi sono state sottoposte offerte e progetti interessanti, ma nel caso ci dovesse essere un mio rientro, sarebbe in una veste diversa. Ho affrontato l’avventura di Microgame con l’intenzione di applicare al gioco online i miei principi, le mie competenze nel mercato dei servizi e le mie conoscenze tecnologiche: ora è mia intenzione tornare al mio mondo d’origine. A breve sarò più preciso sul mio futuro professionale.
Quali sono le differenza tra la “sua” Microgame e quella attuale?
In comune c’è solo il nome. Stiamo parlando di aziende e di due stili di management completamente diversi. Quello attuale non ha voluto mantenere la continuità con un passato glorioso scegliendo una strategia in totale discontinuità con quella che ha portato Microgame a diventare leader di settore partendo dal nulla. Non sta a me giudicare su chi abbia scelto la strada vincente, ma sono i risultati che parlano.
Oggi Microgame è una frazione di quella che ho lasciato, con un posizionamento di mercato completamente differente.