Giochi, Astro: quando il gestore “onesto” paga per quello “disonesto”

Il Pubblico Ministero della D.D.A. di Bologna, protagonista delle indagini preliminari e attuale rappresentante della pubblica accusa nel dibattimento in celebrazione a Bologna denominato “Black Monkey”, ha dedicato una parte della sua discussione ai “gestori” che sono risultati acquirenti delle “schede” commercializzate dalle imprese finite sotto accusa. “Il loro elevato numero ha impedito all’Ufficio di perseguirli”, ha dichiarato il dott. Caleca all’udienza del 12 maggio u.s.. Il processo avrebbe assunto una tale dimensione “soggettiva” da rischiare seriamente problemi tecnici di impraticabilità”. Nessun dubbio, tuttavia, per l’Ufficio del P.M., potrebbe essere sollevato, circa il livello di piena consapevolezza e complicità caratterizzanti quei gestori acquirenti le schede che “pagavano il 67%”. Dalle sole intercettazioni emergono infatti frasi del tipo: “quel coso lì si può togliere ? il barista è sospettoso dopo che un concorrente lo ha messo in guardia” , oppure  “signorina mi ordina due schede di quelle “belle” si insomma le plus, si no non quelle normali”, oppure “me ne hanno sequestrata una per incongruenza dati, quel sistema si toglie o si azzera da solo, non è che lo scoprono, vero ? oppure “scusi volevo sapere se una scheda di quelle normali si può aggiornare con quell’affare che le rende belle”, mi fa sapere ? “ Se a ciò si aggiunge che il pagamento delle schede “belle” avveniva rigorosamente attraverso la dazione di contanti non fatturati (per almeno il 50% dell’importo), il “quadro indiziario” circa la consapevolezza di usare prodotti idonei al solo gioco illegale si chiude. Un triste spaccato del settore che testimonia quale sia la prima delle riforme che “il nuovo sistema gioco” dovrà allestire: la tutela dell’operatore che non si piega all’illegalità ma che quotidianamente paga i costi e le colpe di chi, invece, si rende complice e agevolatore dell’aggressione al circuito legale.  Per oltre 2 anni, infatti, migliaia di schede illegali al 67% sono state distribuite sul mercato, generando, oltre alla truffa ai danni dei giocatori (e alla lesione di immagine per il “prodotto legale”), una profonda alterazione delle regole del mercato.  L’8% del coin in “così risparmiato”, infatti, ha generato una disponibilità di risorse extra-bilancio utilizzata per contaminare le pratiche commerciali di “prossimità”, abbattere la cultura della qualità del servizio di gestione, pregiudicando la “percezione di indispensabilità” del gestore per la ottimizzazione di resa della postazione di gioco. Nessuno, prima dell’inizio di questo processo, ha mai potuto beneficiare di validi argomenti per “auspicarsi” la fine del gestore, in quanto anche i casi di ravvisata disonestà individuale sono sempre stati circoscritti a fenomeni insuscettibili di “alterare” la funzione dell’operatore, sempre al centro di ogni progetto che si proponesse di allestire reti distributive performanti e non solo mere “installazioni”. Oggi, la più grande delle “penalizzazioni” che il gestore abbia mai pensato di dover subire (il “non essere più” l’elemento di punta della gestione di un apparecchio) è diventata “ da ipotesi remota” a “concreto pericolo”. Come ogni “rivoluzione”, quella che ci attende deve iniziare da un “robusto ritorno” ad alcune basilari fondamenta: il gestore “può ambire a restare sul mercato”, non per grazia ricevuta, o per il frastuono delle proteste allestite, ma solo se impone “al mercato – sul mercato – e quindi al sistema intero, la percezione della sua “indispensabilità”: come agente di controllo sul territorio; come fattore di valore aggiunto economico per il territorio, come realtà di impresa “espressa e condivisa” dal territorio, come primo fattore di “prevenzione” alla evoluzione tecnologica utilizzabile dal mondo dell’illegalità. Molti gestori hanno le carte in regole per imporsi con queste credenziali, mentre quelli che non hanno avuto nessuna remora ad entrare nell’elenco clienti di certi “fornitori” non solo non le hanno, ma vanno considerati come gli artefici della messa a rischio di tutta la categoria di cui “asseritamente” farebbero parte. cdn/AGIMEG