“Il Consiglio di Stato non fa altro che affermare che lo Stato Italiano non ha la proprietà del territorio e quindi non può far atterrare i punti vendita sul territorio perché non si sa dove collocarli. Fino al momento che non si sa dove metterli, la gara non può essere emanata”. Così Maurizio Ughi, presidente di Obiettivo 2016, commenta il parere con cui il Consiglio di Stato ha sollevato una serie di dubbi sulla gara delle scommesse. In sostanza il parere congela la situazione attuale con i concessionari uscenti che operano in regime di proroga dal 2016, e i nuovi operatori che non hanno modo di entrare nel mercato. “Non potrebbe essere altrimenti” spiega Ughi a Agimeg. “Con le attuali normative locali, se lo Stato indicesse la gara nei termini che ha esaminato il Consiglio di Stato, perderebbe buona parte dell’avviamento del settore. Dovrebbe rinunciare a una serie di agenzie che assicurano ogni anno fette importanti di preu e di imposta unica. E se spostasse i locali in altre zone – come chiedono le Regioni e i Comuni – avrebbe bisogno di 4 o 5 anni per ricostruire quell’avviamento. In sostanza deve agire così, per non distruggere quello che ha creato in tutti questi anni”. Il Consiglio di Stato in tutti questo sta giocando una doppia partita: in sede giurisdizionale difende il potere delle Regioni, in sede consultiva invece censura il comportamento dello Stato: “E’ estremamente coerente: in questo momento le Regioni – vista l’inerzia dello Stato – si sono sentite autorizzate a adottare le proprie leggi di salvaguardia. E per il Consiglio di Stato quelle leggi sono valide e sono più forti della legge centrale che prevede la gara. La soluzione doveva arrivare con l’accordo raggiunto in Conferenza Unificata nel 2017, ma poi quell’accordo non è stato trasposto in un decreto, a mio avviso a causa di quell’emendamento che restituiva pieni poteri alle Regioni e ribaltava quindi tutta l’intesa. Ma tornando al Consiglio di Stato, non fa altro che certificare la confusione che c’è al momento, e dire al Mef che non può indire una gara, non può chiedere investimenti agli operatori, fino a quando non ha risolto il problema”. Ma Ughi evidenzia anche un altro dubbio sollevato dal Consiglio di Stato: “Sembra che alla gara si possa partecipare solo per blocchi di 50 concessioni, è una condizione che l’ADM ha introdotto senza interpellare le associazioni di categoria. Ma questo vuol dire che i piccoli concessionari vengono sostanzialmente estromessi dal mercato, e confinati al mero ruolo di gestore. Anche se i piccoli operatori si riunissero per presentare un’offerta, perderebbero la propria individualità e diventerebbero titolari tutti insieme di un pacchetto di concessioni. Non si capisce nemmeno quale sia la ratio, visto che questa previsione non riduce il numero dei concessionari: ammesso che i big del settore acquistino la metà dei diritti in gara, l’altra metà verrebbe comunque frammentata a pacchetti di 50 tra una moltitudine di soggetti”. es/AGIMEG