Nel corso del nuovo appuntamento di FutureS dal titolo “Connessioni globali e sfide digitali: reti, algoritmi e piattaforme nel mondo che cambia”, promosso da Sisal, è intervenuto Francesco Durante, Amministratore Delegato Sisal.
“L’innovazione digitale rappresenta in questo momento il fattore strategico più rilevante per garantire la competitività dell’azienda nel lungo termine e nel lungo termine vuol dire anche un modello di business sostenibile. Ma l’innovazione digitale non vuol dire soltanto la quantità di investimenti che le aziende fanno in tecnologia, ma è fondamentale un ecosistema, un framework strategico, perché è anche soprattutto un tema di visione, di cultura e di governance. E di visione perché le aziende devono essere in grado, in questo momento di grande incertezza, di grande trasformazione, in qualche modo di anticipare l’evoluzione del mercato. E per le aziende leader diventa ancora più importante essere in grado di guidare questo tipo di evoluzione”.
Continua Durante: “Visione vuol dire quindi avere chiaro quello che sta succedendo nel proprio mercato di riferimento, avere degli obiettivi e una mission ben definita e quindi avere una strategia di innovazione che sia funzionale al raggiungimento di questi obiettivi. Ma è un tema di cultura proprio perché, effettivamente, le competenze sono fondamentali e quindi la cultura dell’azienda fa una differenza enorme. L’innovazione deve essere parte integrante della cultura aziendale, deve permeare i comportamenti e deve ispirare tutte le persone che lavorano all’interno dell’azienda e devono soprattutto contribuire a creare un ambiente di lavoro dove la voglia di innovare sia almeno superiore alla paura di sbagliare, di fallire. Ed è anche un tema di governance, perché diventa fondamentale riuscire poi a definire in maniera chiara le priorità, allocare le risorse in maniera efficace. Governance e innovazione vuol dire anche essere in grado di allocare le risorse disponibili nei posti migliori.
Per fare questo è fondamentale avere un sistema di analisi, di monitoraggio delle idee che vengono suggerite, che vengono generate in azienda e poi riuscire in maniera flessibile ad allocare le risorse dove effettivamente riteniamo che sia più opportuno. Per fare questo in Sisal abbiamo lavorato innanzitutto sulla creazione di una governance dell’innovazione all’interno di una funzione strategy, ma poi abbiamo rafforzato sempre di più l’innovazione come valore fondamentale, cardine, nella nostra cultura e questo è un tratto che Sisal si porta dietro dalla fondazione, da 80 anni fa. Da questo punto di vista, quindi, è stato un fattore fondamentale per noi di crescita in questi anni. Ma poi abbiamo lavorato anche per costruire un Innovation Lab che possa in qualche modo contribuire a creare un ecosistema di open innovation. Perché l’innovazione non è soltanto all’interno dell’azienda, ma avviene anche dall’esterno, dal confronto con startup, con altre aziende, con università, con organizzazioni.
Ed è fondamentale poi essere in grado di accedere a questa innovazione per arrivare più velocemente sul mercato e anche per ridurre, in qualche caso, gli investimenti che sono richiesti per nuovi progetti. Ma l’azienda ha anche la possibilità poi di contribuire alla competitività del Paese, favorendo l’innovazione digitale non soltanto all’interno, ma anche all’esterno, creando un ecosistema vero e proprio come abbiamo cercato di fare noi con GoBeyond, che adesso è arrivato all’ottava edizione, che ogni anno vede la partecipazione di oltre 400 startup e che è una piattaforma per l’innovazione responsabile”.
Abbiamo l’obiettivo di aiutare, supportare le startup che hanno progetti di innovazione con impatto sociale ad arrivare sul mercato, mettendo a disposizione non solo infrastrutture e piattaforme, ma anche le competenze che abbiamo sviluppato all’interno dell’azienda. Lo stile di leadership che serve in questo momento è sicuramente di tipo inclusivo. Questo è un altro tema che ultimamente sta diventando divisivo, però credo che uno stile di leadership inclusivo e quindi che promuova la diversità all’interno dell’azienda e quindi favorisca anche l’acquisizione di determinate competenze, in questo momento sia ancora più fondamentale. E ci sono due dati che leggendo diversi studi mi hanno colpito perché sembrano in grande contraddizione tra di loro. Uno riguarda il fatto che l’Italia è agli ultimi posti in Europa per competenze digitali“.
Durante sposta il focus sull’intelligenza artificiale: “Questo è sicuramente un tema cruciale su cui ragionare. Ma ce n’è un altro che dice che le aziende in Italia sono ai primi posti in Europa per l’adozione dell’intelligenza artificiale. E’ evidente quindi che da parte soprattutto delle grandi aziende c’è una volontà di investire e di accelerare su questo tema, e questo rende la responsabilità delle aziende su un utilizzo sostenibile, responsabile dell’intelligenza artificiale ancora più importante. Noi siamo partiti con grande entusiasmo diversi anni fa e abbiamo iniziato a lavorare sull’intelligenza artificiale con un approccio legato ai singoli use cases, quindi lavorando implementazione per implementazione, e oggi siamo arrivati a oltre 100, un numero comunque diciamo che è importante che ci pone ai primi posti.
Però abbiamo capito che poi per poter garantire un utilizzo sostenibile, responsabile dell’intelligenza artificiale era fondamentale avere una governance centralizzata. E questo vuol dire innanzitutto creare un centro di strategia che definisce le priorità, stabilisce quali sono effettivamente i casi su cui andare ad investire, se c’è un’opportunità di sviluppo interno o di acquisto sul mercato. Vuol dire avere un centro di eccellenza che si occupa poi di sviluppare centralmente tutti questi algoritmi, questi modelli che sono fondamentali per l’adozione dell’intelligenza artificiale, ma vuol dire anche poi creare una piattaforma centralizzata che permetta, da un lato, di fare un assessment del rischio preventivo, quello che si chiama security by design, quindi prima di iniziare lo sviluppo, per poter valutare quali sono le misure da adottare per garantire la sicurezza e la responsabilità. Vuol dire avere competenze interne per sviluppare o allenare questi modelli, perché per poter essere garanti della responsabilità e risultato bisogna avere una comprensione di come funzionino”
Conclude così Durante: “Bisogna monitorare i dati che vengono dati in pasto ai modelli per essere allenati e comunque farsi responsabili del risultato finale con trasparenza e con la capacità di spiegare il funzionamento. Ma poi serve anche e soprattutto una governance che permetta di monitorare come vengono utilizzati, che lavori sulla formazione delle persone che appunto si occupano di questa area e che poi riesca a misurare effettivamente il livello di compliance dell’intelligenza artificiale utilizzata in azienda, non solo alle norme che sono in costante evoluzione come le AI Act, ma anche con le policy di sostenibilità e di responsabilità che l’azienda si è data. Perché chiaramente con uno sviluppo sempre maggiore, tutte le policy aziendali poi devono essere coerenti e implementate anche in tutti i casi di utilizzo dell’intelligenza artificiale”. sp/AGIMEG