“I danni economici che derivano dal gioco d’azzardo sono molti più dei soldi necessari a curare la patologia derivante. Se i 20 miliardi di euro di spesa privata andassero all’economia tradizionale dei negozi e artigiani avremmo qualche vestito in più o vacanza in più. Invece le famiglie si impoveriscono, anche a causa della pandemia, e hanno una maggior spinta a giocare d’azzardo con la conseguenza di impoverire alcune filiere che sono in difficoltà”. E’ quanto ha affermato il Senatore del MoVimento 5 Stelle, Giovanni Endrizzi, durante la trasmissione ‘Pulsar’ in onda su Telecittà.
“Già dal 2012 il decreto Balduzzi aveva preso atto che c’era un problema con il gioco d’azzardo e che quindi andava ipotizzata la possibilità di redistribuire l’offerta allontanandola dai luoghi sensibili, ma non si è fatto più nulla. Successivamente sono intervenuti i Comuni e le Regioni con proprie disposizioni che hanno superato qualsiasi ricorso e vaglio di costituzionalità. Sono misure legittime, appropriate e ben dimensionate che tutelano la salute. Questo ha creato dei problemi alle filiere produttive che offrono questi servizi, ma noi non possiamo mettere la salute sotto la presunta libertà d’impresa. Lo stesso art. 41 della Costituzione recita che l’impresa economica è libera, ma non può svolgersi in danno alla società”.
“Non c’è solo il problema della malattia legata all’azzardo. Una università svizzera ha fatto una ricerca che stima i danni sociali del gioco. Ha messo in evidenza che un giocatore problematico o patologico rende meno a lavoro e molto spesso lo perde. Inoltre, soffre di più malattie e fa maggiormente uso di farmaci. Tutte le persone toccate da dipendenze molto spesso ne hanno anche altre. In Italia, in questa categoria, ci sono 1,5 milioni di persone. Calcolando questi dati, l’Università svizzera stima che ci sono circa 5,5-6 miliardi di euro di costi. A questo aggiungiamo anche i costi dei controlli e repressione dell’illegalità. Inoltre, va considerato che il figlio di un giocatore patologico avrà molte più difficoltà e dunque sappiamo che l’onda lunga dei danni arriverà alle generazioni future. Da questo punto di vista ho dei dubbi che lo Stato ci guadagni. Io credo che sia una cassa fatta subito a scapito del domani. In questo senso tutte le forze politiche dicono che si è esagerato e si debba tornare indietro, ma nessuno dice come”.
“Tutti i Governi hanno ampliato il gioco per contrastare le mafie, ma ciò che ci dicono le forze dell’ordine è che il gioco legale si trascina una serie di infiltrazioni mafiose. Dunque, le mafie ricavano denaro anche dal gioco legale attraverso prestanome e riciclaggio di denaro. Noi dobbiamo rendere i controlli più efficaci. La strategia che io vedo per tornare a livelli di sostenibilità va su diversi fronti: agire sulla domanda e smettere di incentivare al gioco, agire sulla prevenzione e ridurre l’offerta. Inoltre, una volta abbassata la domanda bisogna migliorare i controlli. Se non riduciamo il gioco non ridurremo mai i problemi conseguenti.
“Il divieto di pubblicità ha soltanto ridotto l’impennata del gioco e se non ci fosse stata la pandemia non so che tetti avremmo toccato. I lavoratori del gioco non rubano nulla, fanno un’attività in concessione con lo Stato ma vanno repressi quelli che danno sponda ai mafiosi. Tolti questi fenomeni, la gran parte dei lavoratori e imprenditori del settore sono persone oneste e meritevoli di tutela, ma non possiamo mettere la salute contro il reddito. Deve essere lo Stato che deve programmare una riconversione”.
“L’ultima app promossa dai Monopoli denominata ‘Gioco Sicuro’ non va bene. In nessun pacchetto di sigarette c’è scritto ‘fumo sicuro’. Non va bene minimizzare. Io in questo periodo ho svolto anche un’attività di divulgazione su questo tema. Ho scritto anche un romanzo che è un appello ai giovani di non lasciarsi andare a questi fenomeni. Dobbiamo capire che differenza c’è tra azzardo e rischio: il primo è quando l’esito di una situazione è affidata alla sorte; il secondo è quando non ho la certezza di farcela ma ci sono io in gioco e non delego alla fortuna”.
“Sono vicepresidente della Commissione sul gioco d’azzardo illegale e sulle disfunzioni di quello legale. Trovo veramente faticoso rispondere punto per punto a una serie di teoremi che non sono scientifici. Si vorrebbe far passare i regolamenti comunali come proibizionisti. Ad esempio, in Piemonte c’era la miglior legge regionale d’Italia sul gioco che ha lasciato alcuni anni per adeguarsi alla nuova norma. Di questa norma è stato detto che facilitava le mafie, ma i dati dicono che c’è stata una riduzione delle perdite dei giocatori. Quei soldi sono rimasti alle famiglie. Inoltre, dicevano che si sarebbe spostato tutto sull’online ma in Piemonte questo settore è cresciuto meno rispetto alle altre parti d’Italia”. lp/AGIMEG