Cassazione conferma condanna per Ctd: non faceva semplice intermediazione, ma raccoglieva scommesse

La Corte di Cassazione conferma la condanna disposta – sia dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che dalla Corte d’Appello di Napoli – nei confronti del titolare di un centro trasmissione dati per raccolta illegale di scommesse, spiegando che nel caso in questione non si possono invocare le eventuali discriminazioni subite nell’accesso al mercato. Per la Suprema Corte il giudice di merito ha giustamente rilevato che il centro non svolgeva la mera attività di ausilio tecnico, trasmissione dati all’operatore straniero, ma esercitava in prima persona una vera e propria attività di intermediazione e raccolta delle scommesse”. In sostanza il Centro non si limitava a mettere a disposizione dei clienti i terminali da cui piazzare le scommesse, come dimostra il fatto che vi fossero diverse casse per accettare le giocate, “la lista di transazioni riferite ai suddetti identificativi per importi rilevanti, la presenza di postazioni di p.c. rivolte verso il banco e non verso i clienti con apposta la dicitura “riservato agli addetti” e dall’annotazione riportata circa le modalità di pagamento delle vincite”. E questa “pluralità di elementi”, sottolinea la Cassazione, “non è sminuita dall’assenza di sequestro di denaro”. E quindi, sull’impossibilità di far valere le discriminazioni nell’accesso al mercato: ” In presenza di svolgimento di un’attività di intermediazione come tale punibile ex art. 4 cit., non assume alcun rilievo l’indagine sulla discriminazione perpetrata, che richiede la dimostrazione che vi sia una mera attività di raccolta e trasmissione di dati, situazione esclusa dai giudici del merito”. lp/AGIMEG