Cardia (Acadi): “Gioco pubblico, partner dello Stato nella prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo”

Si è svolto a Chieti, presso il Campus dell’Università D’Annunzio il convegno dal titolo “Impatto sociale e sanitario del gioco d’azzardo”, prendendo spunto dal volume di Geronimo Cardia, edito da Giappichelli “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali”.

Hanno preso parte all’incontro l’Avv. Geronimo Cardia, Presidente ACADI; ed erano invitati la Dott.ssa Nicoletta Verì, Assessore alla Salute, Famiglia e Pari Opportunità della Regione Abruzzo nonché l’Avv. Valeria Toppetti, Assessore alla Pubblica Istruzione e Pari Opportunità del Comune di Pescara. Ha preso la parola da subito il Dott. Franco Caracciolo, Dirigente Servizio Prevenzione Sanitaria e Medicina Territoriale Regione Abruzzo Dipartimento Sanità ed ha concluso i lavori Giovanni Martinotti, psichiatra, psicoterapeuta, professore ordinario di psichiatria. Il convegno è stato organizzato e moderato dal Prof. Roberto Veraldi, Presidente Corso di Laurea in Servizio Sociale all’Università degli studi “Gabriele D’Annunzio” Chieti-Pescara.

Nel corso del convegno è stata posta l’attenzione sui seguenti temi: il contributo del gioco pubblico all’economia del Paese, oltre 11 miliardi annui, che genera risorse per il welfare e contrasta l’illegalità; la prioritaria tutela degli utenti, ponendo in essere misure di contrasto e prevenzione al disturbo da gioco d’azzardo (DGA), in cui il gioco pubblico deve essere partener dello Stato; gli strumenti che lo rendono più sicuro il gioco pubblico come il registro di autoesclusione, limiti di gioco e formazione degli operatori; la finalità di sistema distributivo e di prodotto che sia safe.

“Il gioco pubblico in Italia ha un impatto sociale rilevante, poiché contribuisce in modo significativo all’economia del Paese, generando risorse per il welfare e contrastando l’offerta illegale. Ma la priorità è e deve rimanere la tutela degli utenti a cui va assicurata una vera lotta disturbo da gioco d’azzardo (DGA), che può portare a problemi sociali come tensione familiare, indebitamento e isolamento.Avvocato Geronimo Cardia

Vanno superate le distanze e gli orari che non hanno funzionato, come confermano i dati della spesa degli utenti. Servono politiche mirate sul gioco pubblico, regolato e controllato, distinguendolo dall’illegalità, che amplificano i rischi senza offrire tutele. L’impatto sanitario del gioco pubblico è un aspetto cruciale, poiché il DGA può causare conseguenze significative come stress, ansia, depressione e, in alcuni casi ha origini nella co-morbilità con altre dipendenze. Tuttavia, il gioco pubblico offre strumenti di prevenzione, messo a disposizione dalla tecnologia come il registro di autoesclusione, limiti di gioco e formazione degli operatori, che lo rendono più sicuro rispetto all’offerta illegale. Anche un processo di qualificazione della domanda può essere sempre più valorizzato mettendo in evidenza che si tratta di una forma di intrattenimento anche partendo dalle scuole. Le risorse generate dal settore possono finanziare i servizi sanitari per la prevenzione e la cura delle dipendenze. Ma serve un equilibrio per evitare che le demonizzazioni penalizzino un’industria che sostiene il welfare, senza risolvere i problemi reali. Il gioco pubblico deve essere un partner dello Stato nella prevenzione del DGA, non un problema. Le sue risorse, che superano gli 11 miliardi di euro annui, possono finanziare servizi sanitari dei territori e campagne di sensibilizzazione. Serviamo ulteriormente qualificare domanda e offerta anche con la tecnologia, la formazione degli operatori e politiche di responsabilità sociale. Il tutto per un sistema distributivo e di prodotto che sia sicuro: il gioco pubblico deve rimanere un’attività sicura e ricreativa per le persone, contribuendo alla legalità e al benessere”, È quanto affermato dall’Avv. Geronimo Cardia, Presidente ACADI.

“Il genere di gioco è un aspetto cruciale: esistono molteplici tipologie di giochi. Affrontare l’argomento in maniera generica impedisce di fare le opportune distinzioni e di individuare soluzioni mirate. Inoltre, bisogna distinguere i giocatori: c’è quello abituale, quello con difficoltà e infine quello patologico, che struttura la propria esistenza attorno al gioco.
La storia delle dipendenze dimostra che il divieto assoluto non ha mai prodotto risultati efficaci, ma allo stesso tempo una deregolamentazione completa non è percorribile. È necessario trovare un equilibrio. Un’opzione potrebbe essere controllare l’offerta, elaborando strategie specifiche non per il giocatore comune, ma per quello problematico. Si è discusso molto della misura del distanziometro: questa restrizione certamente non ha effetti su quello patologico, poiché la distanza non rappresenta un ostacolo. Inoltre, il distanziometro non incide sul gioco digitale, che comporta l’ulteriore criticità da nascondere socialmente chi trascorre l’intera giornata a giocare. Ed e’ applicata solo alcuni giochi non a tutti. Stessi problemi pongono le limitazioni di orari che solo possono spostare la domanda.

Con gli strumenti tecnologici attuali, intervenire in questo ambito non è irrealizzabile. Pensiamo al registro di autoesclusione. Negli studi che abbiamo condotto sono gli stessi utenti che credono che le misure attuali non siano efficaci”, è quanto affermato da Giovanni Martinotti, psichiatra, psicoterapeuta, professore ordinario di psichiatria. cdn/AGIMEG