“Le scienze comportamentali partono dall’antropologa, analizziamo i giocatori mentre giocano. La domanda di gioco esiste e tutti i giocatori chiedono che non ci sia più uno stigma verso di loro. Con le scienze comportamentali possiamo seguire queste persone nel momento in cui stanno per cadere nella ludopatia e offrire loro attraverso dei nudges delle vie d’uscita e invitare la persona a fermarsi. Uno dei nudges più importanti può essere l’autoregolazione: molti intervistati hanno espresso il desiderio di avere un’app che li avvisino se stanno giocando troppo”. È quanto ha dichiarato la ricercatrice di Bva Doxa, Sonia Biondi, durante il suo intervento agli Stati Generali di ADM.
“La scienza comportamentale si colloca nella call to action e aiuta il giocatore ad identificarsi senza colpevolizzarsi. Ci sono varie tipologie di gioco e quindi in alcuni c’è una sfida contro sé stessi, l’adrenalina, mentre in altri c’è semplicemente la voglia di socialità. Il gioco è un divertimento e quindi ha anche effetti positivi”.
“Abbiamo visto che il proibizionismo non ha mai funzionato, anche perché abbiamo visto che la domanda di gioco esiste e quindi una soluzione alternativa si può sempre trovare. I giocatori si sentono stigmatizzati, quindi serve comunicare in maniera differente per cominciare a parlare della parte positiva, così da invogliare tutti ad avere un comportamento responsabile. Faccio un accenno ad una ricerca svolta di recente in cui il 65% di giocatori si sono dichiarati favorevoli all’utilizzo dell’app, ma essa deve essere aperta su tutti i giochi. Quindi torno a dire che l’autoregolazione può essere uno strumento efficace. Questo ovviamente vale per la grande fascia che ha la sola propensione di giocare e divertirsi, ma non ha la propensione a diventare problematico”.
Conclude Biondi: “In tutte le ricerche, non si evidenzia il lato economico ma la principale motivazione a giocare è il semplice e solo divertimento e l’adrenalina che ne comporta. I nudges sono cose molto semplici, ma possono essere fondamentali per raggiungere il proprio obiettivo. Vanno dunque studiati i giocatori molto bene per trovare le soluzioni più efficaci”.
“La nostra Fondazione lavora da più di un anno con l’obiettivo di fornire analisi robuste sulle tematiche del gioco. Credo che sia importante fare capire che il gioco è un fattore positivo. Infatti, i dati evidenziano che le persone che hanno problemi consistenti sono veramente pochissime. Tuttavia, è chiaro che bisogna lavorare per rendere sano per tutti il gioco e quindi come prendersi cura di quella percentuale modestissima che è a rischio, senza penalizzare tutti gli altri. In questo ambito una grande mano la può dare la tecnologia, di cui i concessionari fanno già amplissimo utilizzo. Credo che ci si debba concentrare sugli strumenti di prevenzione per evitare che queste persone si mettano a rischio. Per fare ciò è necessario agire su diversi aspetti, innanzitutto quello normativo poiché c’è la necessità di contrastare il gioco illegale, poiché quanto più i concessionari legali si volteranno al gioco responsabile limitando l’offerta c’è il rischio che alcune persone si rivolgano all’illegalità”. È quanto ha dichiarato Paolo Caroli della Fondazione Fair durante il suo intervento agli Stati Generali di ADM”.
“Bisogna comprendere quali sono le tipologie di giocatori che possono passare da una situazione normale ad una situazione di rischio. Stiamo conducendo una ricerca con l’università di Milano sull’educazione finanziaria, questo è un tema importante anche in riferimento al gioco poiché alcuni giocano per cambiare la vita. Dunque, l’educazione finanziaria può essere un elemento importante per fare capire alcuni rischi.
La formazione è un altro elemento fondamentale, poiché attraverso l’autoregolazione si può conoscere meglio sé stessi. Dunque, è importante avere degli anticorpi per evitare di arrivare ad avere comportamenti problematici”.
In chiusura Cairoli: “A mio avviso, uno degli strumenti più importanti è un tetto alla spesa, ma esso deve essere correlato al proprio reddito. Dunque, questi tetti vanno costruito non su redditi assoluti, ma si percentuali. Visto che i dati sono in mano alle istituzioni, non credo sia un’azione molto complicata da mettere a terra”. sp/AGIMEG