Sotto la lente di ingrandimento della VI Commissione Finanze della Camera lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza.
Sono state svolte nella giornata odierna le audizioni di Fit (Federazione italiana tabaccai) e Sts (Sindacato totoricevitori sportivi); Acadi (Associazione concessionari di giochi pubblici), Agsi (Associazione gestori scommesse Italia), Astro-Assotrattenimento2007, Egp-ipe, Eurobet, Logico (Lega operatori di gioco su canali online) e Sapar (Associazione nazionale gestori gioco di Stato); Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura; l’avvocato Attilio Simeone.
Ecco il testo integrale delle memorie presentate dalle associazioni del gioco pubblico:
LOGICO
Ringrazio a nome dell’Associazione LOGICO – rappresentativa degli interessi dei concessionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per l’esercizio dei giochi pubblici a distanza1 , costituita da importanti società/gruppi internazionali presenti cumulativamente in tutti i mercati regolamentati attualmente esistenti e sul mercato italiano dalle prime assegnazioni delle concessioni nel 2007, il cui contributo è stato fondamentale nel corso della storia del gioco a distanza italiano – per la possibilità di fornire il punto di vista dell’Associazione2 in merito allo “schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi pubblici a partire da quelli a distanza ai sensi dell’art. 15 della Legge 9 agosto 2023 n. 111” (“Schema di Decreto”) approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 19 dicembre 2023. Intendo strutturare il mio intervento seguendo l’ordine logico dell’articolato dello Schema di Decreto, rappresentandone, dal punto di vista dell’industria coinvolta, i punti di forza e di debolezza, i possibili effetti distorsivi della libera concorrenza ed il rischio di incompatibilità con i principi costituzionali nazionali ed eurounitari. In primis, occorre una doverosa premessa: non siamo così ingenui da pensare di poter scalfire posizioni già consolidate e dettate, quantomeno in apparenza, da mere necessità di cassa. Ad esempio, è opportuno precisare che lo spirito dell’intervento non è solo manifestare contrarietà in merito al significativo e ingiustificato incremento del costo unitario della concessione a €7 milioni in sé, bensì evidenziare le principali mancate opportunità di innovazione del settore, che quantomeno ci si aspetterebbe a fronte di un aumento di 35 volte il costo di concessione. Invito gli Onorevoli componenti di codesta Commissione ad immaginare, per un momento di essere prossimi alla scadenza del proprio affitto “4+4” (“ottennale”, mutuando la terminologia dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli), quantificato per semplicità in€2.000 al mese: al rinnovo certamente non sarebbe una sorpresa la proposta di un aumento allineato all’inflazione, e magari alle nuove condizioni di mercato, oltre ad eventuali ammodernamenti nel frattempo intercorsi o promessi. Ma se il locatore al rinnovo vi proponesse €70.000 al mese, dopo aver appurato che non si tratti di un palese errore (sic!), quantomeno vi aspettereste importanti migliorie e lussuosi ammodernamenti degni di tale portata e ad essa commisurati. E in tal senso desideriamo porre l’enfasi sull’aspettativa di un necessario ammodernamento normativo, di cui non si vede traccia nel dettato di legge. Del resto, l’attenzione alla tutela della concorrenza è stata sottolineata anche in sede di intesa in Conferenza Unificata Stato/Regioni lo scorso 25 gennaio 20243 : “pur in assenza di specifiche competenze in materia di sistema concessorio, (…) Si invita a valutare con attenzione il rispetto del principio di libera concorrenza e nello specifico del divieto generale di accordi restrittivi della concorrenza (articolo 101 TFUE). Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ambisce a prevenire restrizioni e distorsioni della concorrenza, quali gli abusi di posizione dominante, gli accordi anticoncorrenziali, nonché le fusioni e acquisizioni, qualora limitino la concorrenza. Sono inoltre proibiti gli aiuti di Stato che provocano distorsioni della concorrenza.”
Premessa – il mercato dei giochi pubblici a distanza (online)
In via preliminare, occorre evidenziare come il mercato dei giochi pubblici online sia caratterizzato – almeno sino ad ora – da una forte dinamica concorrenziale. Questo dato emerge anche dall’Analisi tecnico-Normativa (c.d. “A.T.N.”) che sottolinea la presenza, ad oggi, di 93 concessionari per il solo gioco online e circa 60.000 punti vendita ricariche. In questa sede, appare utile richiamare quanto affermato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) nel valutare le recenti operazioni di concentrazione (Lottomatica/Beflag4 ; Sisal/Flutter Entertainment5 ), in merito al mercato dei giochi pubblici online, con la presenza di “altri numerosi, importanti e qualificati operatori attivi nella raccolta da giochi online con quote superiori o simili (agli operatori parti in questione, ndr)” nonché di “un’ampia gamma di operatori nazionali e multinazionali, con quote minori rispetto ai precedenti concorrenti menzionati, ma che eserciterà anch’essa un forte vincolo concorrenziale sulle Parti”. Ben si comprende, quindi, come, in caso di forte concentrazione del mercato, tale concorrenzialità verrebbe meno. In tale occasione, l’Autorità ha sottolineato che “il mercato del gioco online in Italia è caratterizzato da dinamiche concorrenziali anche per i seguenti motivi: i. passare da un operatore all’altro è facile e veloce. L’apertura di conti online con gli operatori di gioco online è gratuita e facile e i clienti sono incentivati ad aprire nuovi conti grazie ad un’ampia gamma di of erte disponibili sul mercato; ii. esistono alti livelli di “abbandono” della clientela a favore di operatori concorrenti. Gli operatori di gioco online sono vulnerabili agli alti tassi di abbandono della propria base clienti in favore di altri operatori concorrenti. La perdita del cliente a favore di concorrenti stimola una forte concorrenza tra operatori di gioco online per acquisire, mantenere e riacquistare clienti; iii. sussiste un’intensa rivalità sulla base di parametri di prezzo e non. Il prezzo è un fattore importante nel processo decisionale dei clienti: la concorrenza sui prezzi nel gioco online si verifica, tra l’altro, nel contesto delle promozioni. Le promozioni o le of erte risultano spesso tra i principali criteri considerati dai clienti nella scelta di un operatore, ma anche la qualità del prodotto è un fattore chiave per acquisire, riacquistare e mantenere i clienti. In effetti, la maggior parte degli operatori compete fortemente sul prodotto e le idee migliori vengono ampiamente replicate sul mercato.”
TITOLO I – REGOLE GENERALI E PRINCIPI
L’Associazione, che riunisce diversi operatori esteri presenti sul mercato italiano del gioco online sin dalle prime assegnazioni di concessioni con il c.d. “Bando Bersani”6 , condivide tutti i principi alla base dello Schema di Decreto, con particolare riferimento a: – l’esigenza di tutela dei minori e del giocatore, attraverso la promozione del gioco legale sicuro, trasparente e responsabile; – lo sviluppo delle reti di gioco secondo modelli che assicurano competitività e solidità organizzativa, economica ed efficienza dei soggetti che compongono le relative filiere; e – la prevenzione, contrasto e repressione del gioco illegale o comunque non conforme a quello ammesso e regolato in Italia, nonché delle attività di riciclaggio eventualmente connesse alle attività di gioco. L’Associazione ha già realizzato importanti iniziative di comunicazione a difesa dell’online legale, attraverso campagne di informazione sul gioco legale e sicuro7 ed è attiva a livello europeo per sostenere insieme all’ente di normazione nazionale UNI, un progetto di standardizzazione europea in materia di indicatori di anomalia per promuovere l’offerta di gioco responsabile8 . Orbene, l’art. 15 della Delega Fiscale, nel delegare il riordino del comparto del gioco pubblico al Governo, ha evidentemente inteso prevedere una disciplina organica ed omogenea attraverso un riordino contestuale riferito a tutti i segmenti di offerta del gioco, sia online che su rete fisica. Si rileva come l’urgenza di un riordino del comparto risulta più che evidente per il segmento di offerta di gioco su rete fisica (sale scommesse, sale bingo, corner etc), per la mancata indizione, dal 2013 (per il bingo) e dal 2016 (per le scommesse sportive), delle procedure di gara ed il rischio di infrazione europea. Proprio per evitare possibili criticità a livello europeo ed in virtù delle richiamate finalità di garantire migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede e di prevenire il rischio di accesso ai minori di età, espressione della Conferenza Unificata del 2017, l’Associazione richiama la necessità di un riordino organico e contestuale del comparto.
TITOLO II – IL RAPPORTO CONCESSORIO PER I GIOCHI A DISTANZA
CAPO I – Art. 6 Giochi pubblici a distanza e sistema concessorio
La procedura di gara prevista all’art.6, co. 5 e seg. dello Schema di Decreto riguarda l’attribuzione ex novo dell’intero novero di concessioni per l’esercizio della raccolta di giochi pubblici online e andrà a definire l’assetto della predetta attività per tutto il periodo di vigenza delle nuove concessioni (nove anni). L’Associazione ritiene tuttavia che, per effetto di alcuni requisiti e caratteristiche previste, la procedura di gara potrebbe generare discriminazioni in materia di partecipazione con conseguente concentrazione dell’attività in mano ad un numero ristretto di concessionari che rischierebbero di essere indotti ad offrire servizi meno efficienti ovvero ad erogarli a condizioni meno vantaggiose, a danno degli utenti. Lo Schema di Decreto prevede, all’art. 6, co. 5 lett. p) dello Schema di Decreto, un costo una tantum di sette (7) milioni di euro per singola concessione (e per singolo sito internet di offerta di gioco) per l’esercizio della raccolta di giochi online. Il costo è ben 35 volte superiore rispetto a quello del bando precedente del 2018. La Relazione Tecnica di accompagnamento allo Schema di Decreto illustra come le ragioni poste a fondamento di tale incremento così significativo si basano sull’aumento della raccolta del gioco a distanza (dapprima identificato nell’ordine del 100% fra il 2019 e il 2022, salvo poi essere identificato nell’ordine del 30% fra il 2019 e il 2023). A tal proposito, non mi dilungherò nel ricordare l’irrilevanza della raccolta in alcun contesto economico secondo i più recenti e ormai consolidati (dal 2016) principi contabili, che imporrebbero l’uso della differenza fra raccolta e vincite (c.d. “margine lordo”), poiché è evidente che tale misura sia stata artatamente selezionata a posteriori, per giustificare l’importo, che da intenzioni e bozze trapelate ed interlocuzioni nel frattempo intercorse era in principio di 10 e poi 8 milioni, prima del consolidamento in 7 milioni. Sul punto, è degno di menzione il calcolo sottostante svolto nell’ambito dell’Analisi di impatto della regolamentazione (“A.I.R.”): “l’incidenza sul margine al netto degli investimenti va dal 3,22% annuo del concessionario più grande e raggiunge il 20% per i concessionari molto più piccoli. In questa forbice ci sono 46 concessionari che diventano 52 se l’incidenza arriva al 30%”. Con il successivo passaggio che si sviluppa la contraddizione più evidente: “Considerato che l’80% della raccolta fa capo a 20 concessionari e che tutti gli altri sono concessionari di medie dimensioni si ritiene che siamo almeno 30 le medie imprese già operanti che possono trovare remunerativa la partecipazione alla gara” (p.7), nel concludere che “il provvedimento non genera impatti negativi sulla concorrenza”. Ovvero, l’insoddisfazione dei criteri economici di remunerazione (ovvero esclusione de facto) di circa 43 concessionari, secondo le premesse, come può non esser considerata “impatto negativo sulla concorrenza”? In ogni caso, confrontando la spesa per il gioco online fra il 2019 e il 2022, si evidenzia pressoché un raddoppio dei valori (da €1,8 a €3,8 miliardi) che comunque non giustifica un incremento così drastico del costo una tantum della concessione, specialmente se rapportato a: – il corrispondente requisito economico degli ultimi bandi per l’esercizio del gioco a distanza indetti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ai sensi dell’art. 24, co. 13, lett. a) della Legge 7 luglio 2009 n. 88 nonché ai sensi dell’art. 1, co. 935, della Legge 28 dicembre 2015 n. 208. In particolare, si ricorda come l’ultima procedura di aggiudicazione, risalente al gennaio 2018, ha previsto un costo una tantum di €200.000,00 (duecentomila) per concessione (senza alcun limite numerico di sito di offerta di gioco) per una durata – secondo i calcoli dell’Amministrazione dell’8 giugno 2023 – di 7 anni ed un canone di concessione annuo di importo calcolato sia su base fissa (€50.000) che variabile. Questo suggerirebbe – anche volendo applicare un incremento correlato al volume di affari, circostanza mai verificatasi in passato di applicare oggi un costo una tantum non superiore a €400.000 per la medesima durata; e – la previsione legislativa che innalzava significativamente l’importo del costo una tantum della concessione ad €2.500.000 (due milioni e cinquecentomila/00) come valore a base d’asta per soli 40 concessionari, ai sensi dell’art. 1, commi 727- 730 della Legge 27 dicembre 2019 n. 160, era ancorata come “diritto” e non come singola “concessione” nell’ambito della procedura di assegnazione dei giochi praticati mediante apparecchi da gioco. La stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non vi ha dato attuazione ed, essendo rimasta inattuata tale disposizione di legge, si ritiene a maggior ragione artificioso identificarla come base di calcolo per determinare un qualsivoglia incremento. In secondo luogo, tale incremento drastico del costo della concessione non trova alcun riscontro nel panorama legislativo e regolatorio applicabile al costo delle licenze negli altri Stati europei (Stati Membri e Regno Unito)9 , ponendo l’Italia inequivocabilmente ai vertici per quanto concerne l’incidenza dei costi di concessione (cfr. allegato “Ricognizione Costi Licenze Online in Ambito UE”). Piuttosto, dalla ricognizione occorre evidenziare come l’applicazione del costo di licenza parametrato al volume d’affari netto dell’operatore licenziatario sia l’opzione certamente più rispettosa del principio di proporzionalità e di non discriminazione. Non ultimo, va considerata anche le modalità di pagamento del corrispettivo una tantum che comporta, per gli operatori già attivi sul mercato, il versamento contestuale dei €7 milioni per la contestualità della sottoscrizione dell’atto di aggiudicazione con l’avvio della raccolta di gioco, in violazione dei principi europei di non discriminazione, di parità di trattamento, di mutuo riconoscimento e di proporzionalità nelle condizioni di accesso al mercato. Qualora il suddetto requisito economico fosse confermato, con tutta evidenza una barriera all’ingresso, stimiamo una partecipazione al bando non superiore a 20 concessionari rispetto ai 93 attualmente esistenti, al netto di nuove forme di aggregazione (rese peraltro alquanto complicate dal limite di un solo sito per concessione), con un inevitabile e ingiustificato effetto espulsivo di due terzi del mercato legale. Contrariamente a quanto sostenuto dalla citata A.I.R., verrebbe così vanificato l’espletamento della procedura ad evidenza pubblica, in palese violazione del rispetto del principio del favor partecipationis e il corretto dispiegarsi delle dinamiche competitive favorendo la concentrazione del mercato: Infine, la relazione tecnica che accompagna lo Schema di Decreto precisa le attese in termini di gettito erariale “immediato e diretto”, pari a 350 milioni di euro. Non vengono rappresentati, prima di tutto ed in associazione con il considerevole aumento del costo della concessione una tantum quale requisito di accesso al mercato, alcuni obiettivi attinenti a motivi imperativi di interesse generale. Ora, è bene ricordare come, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale nazionale ed europeo, l’esigenza economica di aumentare gli introiti dello Stato, di “fare cassa”, non può mai giustificare una restrizione del mercato: “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che, laddove sia dimostrato che una normativa nazionale, la quale impone un prelievo avente per effetto una riduzione dei compensi dei concessionari incaricati della gestione dei giochi praticati mediante apparecchi da gioco, comporta una restrizione della libertà garantita da questo stesso articolo, tale disposizione del Trattato FUE osta a che una restrizione siffatta possa essere giustificata sulla scorta di obiettivi fondati esclusivamente su considerazioni attinenti al miglioramento delle finanze pubbliche” 10 .
CAPO II – Art. 13 Punti vendita ricariche
L’attuale previsione dell’art. 13 dello Schema di Decreto prevede una “regolarizzazione” degli esercenti dei servizi di apertura e ricarica dei conti di gioco, c.d. punti vendita e ricarica (o “P.V.R.”), previa iscrizione ad un albo, tenuto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a fronte del pagamento di un importo annuo di €200, importo decrescente per gli anni successivi. In considerazione delle derive penalmente rilevanti (di intermediazione nell’offerta di gioco) che sono state riscontrate nell’attività dei P.V.R., si ritiene utile sottolineare come già nel maggio del 2022, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha instaurato un registro dei PVR contrattualizzati dagli attuali concessionari11 . Senza una procedura di aggiudicazione dei relativi diritti ed una definizione di un sistema di regole relative alla distribuzione territoriale e temporale dei P.V.R., non appare netta la distinzione con i punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico. Anzi, l’A.IR. indica che “i PVR possono essere presenti solo in punti di raccolta gioco già esistenti” (p. 5). Ma soprattutto, senza una procedura di aggiudicazione ex novo dei relativi diritti, viene così conferito un vantaggio competitivo al partecipante alla procedura di gara che già dispone di una rete di P.V.R. Sono pienamente mutuabili le osservazioni rese dall’AGCM con parere AS 1597 del 5 agosto 2016 in relazione alla gara per l’attribuzione delle concessioni per la raccolta di scommesse e segnatamente ai gestori dei negozi, in cui veniva rappresentato come: “Al fine di favorire la più ampia partecipazione in sede di gara, l’Autorità invita inoltre codesta Agenzia a intervenire, in forza dei poteri di vigilanza e controllo a lei attribuiti, affinché siano risolte le criticità delle previsioni contrattuali in materia di durata e rinnovo presenti nei vigenti contratti tra i concessionari e i gestori dei negozi dei giochi a base sport, che non risultino conformi alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1, lettera b), delle attuali convenzioni; nonché ad attivarsi al fine di evitare che tali criticità siano replicate a seguito della futura gara. Tali previsioni contrattuali, infatti, estendendo la durata del rapporto contrattuale tra concessionario e gestore oltre il periodo di vigenza della attuale concessione, rischiano sia di impedire la partecipazione alla procedura concorsuale di un elevato numero di gestori in grado potenzialmente di esercitare, al margine, una concorrenza anche sensibile in sede di gara, sia di ostacolare la mobilità dei gestori a valle della gara.”
CAPO II – Artt. 14 e 15 Tutela della salute del giocatore –
Misure di tutela e protezione del giocatore L’Associazione condivide l’inserimento nell’ambito dello Schema di Decreto, di misure e strumenti idonei a consentire al concessionario un maggiore controllo sul grado di partecipazione al gioco dei giocatori più esposti al rischio di gioco patologico, purché queste misure vengano attuate: ▪ tenendo conto delle misure e strumenti già esistenti in Italia (e.g. il Registro dei giocatori online autoesclusi, immediato e contestuale su tutti i siti degli operatori concessionari) e come già sviluppati sui diversi mercati europei ed internazionali; ▪ in maniera coordinata con l’adozione di misure relative all’offerta di gioco su rete fisica (e.g. in cui il Registro unico degli autoesclusi è assente). L’Associazione ha ben presente le considerazioni dello studio epidemiologico compiuto dall’istituto superiore della sanità a fine 2017 richiamata dall’A.I.R.in cui il profilo del giocatore problematico è stato individuato in coloro “che praticano più le Slot e le videolotterie e presentano stili di vita meno salutari”. L’Associazione ha messo a disposizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la propria esperienza ed auspica la creazione di un tavolo di lavoro ad hoc, essendo l’unica associazione a partecipare insieme all’ente di normazione nazionale UNI ai lavori di standardizzazione europea per l’individuazione di standard in materia di indicatori di rischio di gioco patologico, c.d. markers of harms, in via di definizione ed adozione dall’ente di normazione europeo (CEN). Riguardo all’investimento della somma pari allo 0,2% dei ricavi netti del concessionario fino ad un tetto massimo annuo, si rappresenta come, già nel 2018, l’Associazione aveva proposto piuttosto di destinare annualmente una parte del valore dell’attività di pubblicità dei concessionari al fondo per il contrasto d’azzardo patologico di cui all’articolo 1 co. 946 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
CAPO II – Art. 15 co. 2 Investimenti pubblicitari e promozionali
Anche nell’ottica di poter comunicare le misure di tutela e di protezione del giocatore, l’Associazione propone di superare il divieto di pubblicità, sponsorizzazioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale per le attività di gioco con vincita in denaro, previsto all’art. 9 c.1. del Decreto-legge n. 87 del 12.7.2018 (convertito in Legge n. 96 del 9.8.2018). Ad oggi, l’articolo 3, co. 1, lett l) dello Schema di Decreto prevede, tra i principi generali, l’utilizzo della pubblicità del gioco pubblico in funzione della diffusione del gioco sicuro e responsabile. L’art. 15, co. 2 dello Schema di Decreto reintroduce la possibilità, per il concessionario per il gioco online, “di investimenti pubblicitari e promozionali” nell’imporre un importo annuo da destinarsi a campagne informative o di iniziative di comunicazione responsabile. La pubblicità è uno strumento essenziale per rendere nota l’offerta legale, l’esistenza dei prodotti/servizi di gioco, le modalità di accesso e tutele presenti per i giocatori. Un giocatore che conosce e riconosce un determinato marchio è un giocatore che permetterà a quella determinata società concessionaria di svolgere il proprio ruolo di baluardo della legalità per conto dello Stato stesso che rappresenta. Questa esigenza di distinzione tra gioco legale e illegale ha costituito il pilastro fondante dell’intero impianto normativo del comparto di gioco nell’ultimo decennio. Lo afferma anche la Raccomandazione della Commissione europea del 14 luglio 2014 “sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo on line”, secondo la quale “le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d’azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell’orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate”. I principi e limiti posti dalla Raccomandazione non sono mai stati recepiti dal legislatore nazionale che pur si era prefissato di farlo, entro tre mesi dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 (art. 1 par 937). L’Associazione ritiene che il divieto di pubblicità per il gioco pubblico nasca da una confusione ab origine tra la quantità e la qualità di un determinato spot pubblicitario. Tuttavia, l’azzeramento totale della comunicazione pubblicitaria non è una soluzione coerente con l’impianto normativo nazionale ed europeo: prima dell’introduzione del divieto ed anche successivamente, non è stata fatta alcuna indagine sull’impatto della pubblicità del gioco a distanza né sulle problematiche relative al gioco patologico, tale da supportare un divieto. Le indagini attualmente a disposizione, svolte dall’ISS, presentano elementi utili a non confermare l’opportunità del divieto introdotto. Lo Schema di Decreto potrebbe essere l’occasione per sostituire il divieto di pubblicità e di comunicazioni commerciali con una rigida disciplina delle stesse, dando attuazione ai principi posti dalla citata Raccomandazione della Commissione europea del 14 luglio 2014 “sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo on line”, rimasta inattuata. Inoltre, in considerazione delle aspettative di incasso, già citate, di 350 milioni, ovvero un’attesa di 50 concessioni acquisite rispetto al soddisfacimento dei requisiti di profittabilità per 30 dei concessionari esistenti, secondo le premesse già citate, non è dato sapere come il Governo intende anche solo immaginare (per differenza) la partecipazione di 20 nuovi soggetti, i quali non avranno alcuna possibilità di pubblicizzare i propri marchi, men che meno i servizi oggetto di Concessione.
CAPO II – Art. 22 Contrasto all’offerta di gioco a distanza in difetto di concessione
L’Associazione plaude all’introduzione del contrasto all’offerta di gioco a distanza in difetto di concessione attraverso l’impedimento “ai prestatori di servizi di pagamento (de, ndr) la gestione di operazioni di raccolta e di versamento delle somme relative ad operazioni di gioco in favore e per conto di soggetti privi della predetta concessione.” Trattasi di una iniziativa estremamente significativa che risponde ai molteplici appelli di LOGiCO che sin dalla sua costituzione ha sollecitato l’istituzione di un tavolo di lavoro congiunto tra Ministero, ADM, e l’associazione bancaria italiana ABI e l’associazione per analizzare e superare le difficoltà attuative dell’art. 24 co. 29 a 31 Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria [Manovra d’estate 2011] convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1 Legge del 15 luglio 2011, n.111 che obbligava gli istituti di credito e di pagamento a segnalare all’ADM i trasferimenti di denaro a favore di operatori non concessionari in Italia. Tra i successivi tentativi in materia, vale la pena menzionare anche l’art. 28 del Decreto fiscale per il 2019 aveva introdotto il blocco dei pagamenti in favore di operatori di gioco online privi di concessione al fine di rendere maggiormente tracciabili i flussi di pagamento, di contrastare l’evasione fiscale e le infiltrazioni della criminalità organizzata, a carico delle società emittenti carte di credito, degli operatori bancari, finanziari e postali. Tale previsione non ha mai ricevuto i provvedimenti interdirigenziali del Ministero dell’economia e delle finanze attuativi. A tal proposito, appare quantomeno curioso che tale “barriera” venga nuovamente riproposta in concomitanza con la preannunciata espulsione di una folta schiera di concessionari, i quali hanno dovuto combattere con gli operatori illegali, in assenza di tale barriera. Quasi ad assicurarsi che, una volta espulsi, grazie alla barriera stessa, costoro non possano più nuocere, in assenza della concessione che pur legittimamente avrebbero voluto rinnovare.
ALTRE OPPORTUNITA’ PER IL COMPARTO DEL GIOCO ONLINE L’accordo di liquidità condivisa
L’accordo sulla liquidità condivisa nel poker siglato a Roma nel 2017 dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con i regolatori di Francia, Spagna e Portogallo, è tuttora in attesa del decreto direttoriale attuativo, ovvero si può considerare sia stato definitivamente archiviato, nonostante i principali operatori nazionali, in prima battuta contrari all’iniziativa, siano stati nel frattempo curiosamente acquisiti dai medesimi Gruppi internazionali primariamente interessati a tale progetto. Gli altri Paesi hanno dato corso all’accordo a partire del primo trimestre 2018 per Spagna e Francia, a cui si è aggiunto il Portogallo nel secondo trimestre. I regolatori non hanno rilevato alcun tipo di problematica o rischio nell’offerta in liquidità tra Stati membri in cui operano solo operatori licenziatari, men che meno le presunte problematiche di riciclaggio identificate dall’Italia (v. interrogazione parlamentare del Sen. Mirabelli 4/08165 del 3.10.2017). I benefici per gli altri Paesi sono stati evidenti. Grazie soprattutto alla liquidità condivisa le entrate fiscali derivanti dal poker sia in Francia sia in Spagna sono aumentate di circa €4 milioni l’anno. Secondo alcune stime interne all’Associazione, anche l’introduzione in Italia potrebbe comportare un incremento di gettito stimato in almeno €3 milioni l’anno. In Italia, rimasta fuori dalla liquidità condivisa, il poker ha continuato a perdere quote di mercato nonostante gli investimenti degli operatori concessionari. La liquidità condivisa è sostenuta da tutti gli operatori aderenti a LOGiCO come urgente misura per mantenere la competitività dell’offerta legale nell’ambito del poker.
Il riconoscimento dell’utilizzo del Cloud
Lo Schema di Decreto impone la presenza dei “server” degli operatori concessionari nell’ambito dello Spazio Economico Europeo. Rispetto all’attuale norma primaria sul gioco online del 2009, che faceva riferimento alla localizzazione delle “infrastrutture hardware e software del concessionario”, l’attuale previsione riferita ai server appare superata . Sarebbe corretto far riferimento all’utilizzo delle “infrastrutture” ed includervi anche il riferimento all’utilizzo del Cloud quale struttura ospitante il sistema informatico del gioco del concessionario – fermo restando l’obbligo di ubicazione in ambito SEE – come già avviene da parte della Pubblica Amministrazione in Italia secondo le linee guida per una digitalizzazione competitiva dell’AGID (e già in uso da SOGEI, il partner tecnologico per il gioco pubblico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli). La soluzione del Cloud consente all’ADM di conservare il controllo sul possesso di tutti i requisiti tecnologici previsti per i sistemi del concessionario ed è già stata adottata in altre giurisdizioni europee proprio con riferimento al gioco (v. Francia, Portogallo; Svezia; etc.)
Considerazioni conclusive
L’Associazione auspica che si possano trovare soluzioni che consentano da un lato l’attuazione delle innovazioni richieste e allo stesso tempo permettano ad operatori concessionari di continuare ad operare in un settore sicuramente importante, anche per l’economia. Ribadisco in questa sede la disponibilità dell’Associazione a proseguire nel confronto con tutti i soggetti interessati, con l’obiettivo di individuare soluzioni condivise.
ACADI, AS.TRO ASSOTRATTENIMENTO, EGP-FIPE E SAPAR
Attuazione della delega parlamentare
La Delega fiscale (L. 111\2023, art. 15) prevede un riordino normativo del mercato dei giochi in denaro: riordino prioritario in quanto materia da anni al centro di differenti visioni tra Stato, Regioni e Comuni, al punto tale da impedire le procedure di riattribuzione delle concessioni statali del bingo, delle scommesse e delle reti di gestione degli apparecchi da gioco (oggi tutte in scadenza, prorogata, a fine 2024, come pure i giochi online) e da lasciare incertezza sull’efficacia delle politiche di prevenzione delle dipendenze patologiche. La regolamentazione dei giochi in denaro (“pubblici”) ha garantito, da oltre 20 anni, controllo dell’ampia parte dell’offerta da parte dello Stato, preservando la legalità, sperimentando politiche di prevenzione delle dipendenze e del gioco minorile e sviluppando un’economia emersa ed osservata nel 2023 delle dimensioni di circa 20 miliardi di euro annui (oltre 12 all’erario). Sarebbe stato auspicabile che il riordino riguardasse contemporaneamente l’intero comparto nella sua interezza: on line, fisico e fiscalità, in modo da poter avere un quadro unico di riferimento che consentisse ad ogni verticale di gioco di avere pari dignità e spazio competitivo, contemperando gli interessi dei concessionari e delle filiere affidatari dei vari giochi e quello dell’Erario. Allo stato attuale si è ritenuto di dare priorità al gioco on line.
Anticipazione della regolamentazione del gioco online
Lo schema inizialmente approvato dal Consiglio dei Ministri pone primaria attenzione al gioco online, equivalente tuttavia solo al 20% del valore del mercato legale (spesa del giocatore) ed al 10% delle entrate erariali ma almeno al 50% del valore del mercato “nero”, sommerso e sottoposto alla concorrenza mondiale nel web (ma anche di device digitali illegali presso esercenti sprovveduti, conniventi o ricattati dalla criminalità). Questo schema: 1) eleva molto il livello finanziario richiesto per l’esercizio delle concessioni online di futura assegnazione (alzando inevitabilmente barriere all’ingresso di PMI e espellendo dal mercato decine di operatori Italiani) 2) regolamenta severamente le ricariche in contanti dei conti di gioco online presso i punti vendita nel territorio, favorendo l’utilizzo di strumenti tracciabili; 3) in particolare, richiede il divieto per i prestatori di servizi di pagamento della gestione di operazioni a favore o per conto di soggetti privi delle concessioni per i giochi. Sui punti 1) e 2) devono segnalarsi le possibili ripercussioni su PMI italiane, di cui molti concessionari di gioco fanno parte, e sulle abitudini di consumo dei giochi pubblici, nei quali i giocatori sono abituati all’uso del contante. Va altresì segnalato il rischio di rapidi e massivi riversamenti delle giocate nel gioco illegale (mediato con strumenti online nei punti vendita non regolari) che, presumibilmente, solo in minima parte verrebbe interessato dalla pur necessaria attuazione del divieto di pagamenti per attività di gioco “cross border” .
Evoluzione del mercato dall’Intesa raggiunta (e non attuata) nel 2017
Il mercato oggetto dell’Intesa in Conferenza Unificata del 2017 è profondamente mutato (nella tabella allegata “Evoluzione mercato regolamentato dei giochi con denaro 2017 – 2023” sono dettagliati i dati): ► nel 2017 le giocate sull’online erano 25,8 mld su 100,4 (25%) mentre nel 2023 hanno raggiunto 81 mld su 145 (56%); per le differenti regole di prodotto e di restituzione in vincita tra canali, la spesa (giocato –vinto) dei giocatori sull’online è passata da 1,4 mld su 19,1 (7%) del 2017 a 4,4 mld su 20,8 (21%) del 2023. Il contributo fiscale è salito solamente dal 3% all’11% del totale (1,1 miliardi su 10,5) per le percentuali di prelievo minori applicate all’on line anche in considerazione della competizione internazionale, anche illegale; ► la rete di punti vendita delle diverse concessioni ha subito una contrazione quantitativa: in particolare, la rete degli apparecchi da gioco (oggetto dell’Intesa 2017 e della maggior parte delle misure restrittive in termini di distanze ed orari, regionali e comunali) si è ridotta da oltre 89.000 punti vendita del 2017 (con oltre 510.000 apparecchi) a circa 53.000 punti del 2023 (con 283.500 apparecchi), esattamente il punto di arrivo della riduzione prevista dall’Intesa in Conferenza Unificata del 2017; nel periodo dal 2017 al 2021 vi sono stati ben sei progressivi aumenti di aliquota fiscale sugli apparecchi (PREU) con conseguente riduzione del margine di filiera di ben oltre il 30%, senza considerare i quasi 12 mesi di annullamento dei ricavi per l’emergenza pandemica; ► contestualmente alla progressiva crescita del gioco online si sono ridotte anche le altre reti in concessione, nonostante siano sostanzialmente prive di vincoli territoriali ed orari posti dalle disposizioni regionali e comunali.
Andamento dei consumi e delle dipendenze patologiche
Pur nell’assenza da anni di indagini epidemiologiche delle dimensioni di quella dell’Istituto Superiore di Sanità (2018), le analisi multiscopo del CNR-IFC (ESPAD – IPSAD) offrono dati* al 2022, dai quali si può riportare che: ► 20,5 milioni di persone hanno giocato nel corso del 2022, dei quali 10 milioni mensilmente; ► la maggior parte di chi ha giocato nell’anno è risultata avere un comportamento di gioco esente da rischi (87%), il 9,1% dei giocatori presenta un rischio “minimo” e il 4% un rischio “moderato” o “severo”; ► i giocatori con profilo di rischio moderato o severo praticano tutte le tipologie di gioco analizzate; non è quindi la tipologia di gioco ad incidere sul fattore vulnerabilità: una slot è al pari di un gratta&vinci. L’analisi approfondita dei comportamenti di gioco sui differenti prodotti risulta essenziale per decisioni regolatorie consapevoli e tali da minimizzare i rischi di ritorno all’illegalità ed all’economia sommersa oltre che di inefficacia sui soggetti a rischio.
Obiettivi auspicabili di regolamentazione ed Intesa Stato – Autonomie
Circa 140.000 dei 150.000 occupati nel gioco regolamentato operano a presidio del territorio nei punti vendita (circa 70.000 esercenti ed imprenditori e 70.000 lavoratori dipendenti delle sale specializzate e dell’indotto), generando l’economia osservata di settore oltre che la più consistente parte del gettito erariale statale (a legislazione vigente, il 90% dei prelievi – sulle somme giocate, sui margini degli operatori o sulle vincite dei giocatori, ove previsto- deriva dai giochi offerti nei punti vendita). Un equo contemperamento di tutti gli interessi costituzionali incidenti sull’offerta di gioco (premessa esplicita della delega parlamentare per il riordino dei giochi) richiede, per quanto sopra, che la imminente ulteriore decretazione delegata sui giochi offerti nei punti vendita e sulla fiscalità: ► preveda una distribuzione del gioco fisico equilibrata, che tenga ugualmente conto della potenziale rischiosità di tutti i giochi in denaro, anche se offerti in uno dei circuiti legali; o per tipologie di esercizi (specializzati, ad accesso controllato o non specializzati, ad accesso libero); o per tutti i prodotti (Lotto, Superenalotto, Lotterie, Scommesse, Bingo, Apparecchi da gioco) in concessione), ricercando anche armonizzazione di percentuali di montepremi e prelievi erariali; o con chiara delimitazione tra canale fisico e canale online, ferme le esigenze di ricarica dei conti di gioco online anche nei punti vendita, per rispondere alla domanda di multicanalità. ► siano valutate le migliori soluzioni di prevenzione guardando alle dimensioni effettive di consumo di gioco del 2023 (con la crescente dimensione del gioco online, da un lato, e la contrazione raggiunta dell’offerta di apparecchi, dall’altro); ► siano maggiormente valorizzate le responsabilità e le azioni degli esercenti e delle reti telematiche di controllo, regolamentando uniformemente a livello nazionale la formazione certificata degli operatori di gioco per la prevenzione del DGA, sviluppando la razionalizzazione degli spazi di gioco e l’utilizzo delle reti per i controlli di accesso, implementando così i registri nazionali di autoesclusione in tutti gli esercizi che offrono giochi pubblici; ► siano riconosciuti a livello legislativo tutti i ruoli delle verticali distributiva delle filiere, incluso quello delle aziende di gestione degli apparecchi di cui all’art.110 comma 6, lett. a) TULPS (AWP) che garantiscono la maggior parte degli introiti erariali afferenti al gioco pubblico (4 mld nel 2023 sui 5.5 complessivi derivanti dagli apparecchi). Tali scelte dovrebbero essere validate anche negli Osservatori sul fenomeno, nazionale e regionali, nei quali – ad eccezione della Regione Campania – gli operatori di settore non sono ammessi nonostante rappresentino il punto di contatto con i consumatori. Infine, è auspicabile nel quadro di un’Intesa in Conferenza unificata la definizione di forme di compartecipazione delle Regioni e Province autonome (ed all’interno di esse, dei Comuni) al gettito di tutti i prodotti di gioco regolamentati, compresi quelli a distanza (sulla base dei dati di residenza dei giocatori iscritti presso i siti in concessione statale).
AS.TRO
Innanzitutto, grazie per l’opportunità che ci viene offerta di sottoporre alla Vostra attenzione le considerazioni di questa Associazione sul cosiddetto riordino degli assetti regolamentari del gioco pubblico da remoto. Il decreto attuativo della Delega fiscale che siamo a commentare è già stato oggetto di valutazione nelle precedenti sedi di confronto. Per economia di tempo si tralasciano le pur importanti considerazioni relative alla particolare onerosità dei costi di partecipazione alla gara per l’affidamento in concessione del gioco pubblico da remoto, senza pari in Europa, ed agli impatti sulle aziende italiane, piccole e medie, presenti nel settore, destinate a concludere la loro esperienza con conseguente riduzione degli occupati e dei redditi delle rispettive famiglie. C’è evidentemente un problema di sostenibilità economica legato all’insieme degli oneri derivanti dalle nuove regole di gara, relativi non solo al costo della licenza ma anche, ad esempio, del canone di concessione, all’adeguamento dei sistemi alle innovazioni tecniche introdotte e ai costi di comunicazione. Tale eccessiva onerosità non può giustificarsi con le esigenze di gettito che, come abbiamo più volte dimostrato, possano essere soddisfatte con soluzioni alternative, meno incidenti sull’investimento iniziale. È stata fatta una scelta orientata verso un mercato concentrato e tendenzialmente costituito da aziende di dimensioni più importanti, che determinerà inevitabilmente dei contraccolpi a livello occupazionale a causa dell’espulsione da questo mercato delle aziende di piccole e medie dimensioni, prevalentemente italiane, entrate nel settore negli ultimi anni con investimenti anche importanti ed in via di consolidamento della propria posizione. Il decreto, peraltro, interviene anche sui modelli distributivi consolidatisi in questi anni e sinora riconosciuti dalla vigente regolazione. Nel tempo, infatti, si sono affermati un modello basato sulla diffusione dell’offerta di gioco mediante strumenti collegati e derivati dalle tecnologie dei concessionari, le cosiddette skin ed un altro basato sulla convergenza tra canale fisico ed online attraverso le attività consentite ai cosiddetti “punti vendita ricariche” in materie accessorie all’offerta di gioco, vietata in tali sedi, come la ricarica dei conti di gioco, l’assistenza per la sottoscrizione dei contratti e la movimentazione dei conti. Entrambi questi modelli, che hanno favorito negli ultimi anni una notevole riduzione del gioco illegale, nonché garantito redditività a soggetti appositamente costituiti o impegnati prioritariamente in altre attività, escono cancellati (il modello skin) o fortemente ridimensionati (il modello pvr) dalle nuove regole. La riflessione fondamentale su queste scelte non può che riguardare le ragioni che ne sono alla base. La forte preoccupazione, cioè, che attraverso questi canali ritrovino spazio fertile fenomeni di illegalità nell’ intermediazione dell’offerta di gioco e/o nel riciclaggio di capitali. Non vorremmo che un approccio del genere dimenticasse quali e quanti strumenti di controllo la tecnologia dei concessionari e di SOGEI mette a disposizione per intercettare comportamenti anomali in un settore in cui le transazioni sono tutte tracciate, per cui l’operatore illegale ha più facilità ad esercitare la propria attività al di fuori dei circuiti controllati, come fanno i soggetti che offrono gioco per conto di bookmakers privi di concessione ovvero costituendosi in centri trasmissione dati. E sono proprio queste le realtà su cui più frequentemente le forze dell’ordine ed i dipendenti di ADM sono chiamati ad intervenire, con alterne fortune, ma nell’evidenza che i comportamenti opachi si collocano laddove è assente o meno presente la tracciabilità’ delle transazioni finanziarie. Non si vuole negare la necessità di controlli stringenti sui modelli distributivi descritti, ma si ritiene che un modello che preveda un numero limitato di skin per ogni concessione, anche a titolo oneroso, non avrebbe sollevato quei rischi che l’eccessivo ricorso allo strumento nel passato ha fatto presupporre, evitando il possibile riversamento sul gioco illegale e senza effetti negativi sul gettito previsto dalla futura gara. Analogamente, per il modello distributivo basato sui cosiddetti pvr, appare di tutta evidenza che i concessionari di riferimento hanno tutti gli strumenti per verificare e segnalare operazioni anomale, sia sotto il profilo di comportamenti illegali che di pericolosità sociale legate a forme di dipendenza. La norma prevede il divieto di prelevamenti dal conto e la limitazione dell’uso del contante anche per le ricariche a 100 euro settimanali per cliente. Probabilmente non serve ribadire che le transazioni sui conti di gioco sono tutte tracciate e, quindi, rilevabili anche con riferimento a fenomeni di intermediazione (conti fittizi utilizzati per giocare o riciclare). E, conseguentemente, che è più semplice per l’operatore illegale muoversi al di fuori dei percorsi tracciati. Né serve sottolineare che è presumibile che una percentuale, potenzialmente importante, degli esercizi espulsi dal circuito regolare andrà ad accrescere l’area illegale. Questo fenomeno solo in minima parte verrebbe escluso dalla pur necessaria attuazione del divieto di pagamenti per attività di gioco “cross border”. Certo, appare stridente la contraddizione di una limitazione dell’uso del contante in un Paese in cui recentemente l’impiego del contante è stato elevato sino a 5.000 euro. Come appare contraddittoria una forte limitazione dell’uso del contante per una attività pienamente tracciata, che rischia di alimentare flussi illegali e incontrollabili. Un ripensamento su tali aspetti sarebbe assai auspicabile ed eviterebbe l’espulsione di circa 20.000 esercizi dal settore, come previsto dal MEF nella relazione di accompagnamento al decreto. A completamento di queste brevi considerazioni intendiamo sottoporre due ulteriori riflessioni. Il contrasto alle dipendenze è un obiettivo prioritario dell’Associazione e delle aziende rappresentate e può essere perseguito non solo con la formazione degli operatori, terreno su cui questa Associazione è attiva da anni attraverso l’organizzazione di corsi destinati anche ad alcuni enti locali ed in particolare agli organi di tali enti deputati al controllo del territorio; l’obiettivo si persegue anche con l’utilizzo della molteplice serie di dati che i sistemi informatizzati istituzionali producono, e, soprattutto, con l’analisi degli stessi da parte degli operatori del gioco in sinergia con le competenti strutture sanitarie. L’informazione è una potente leva per contrastare queste derive e non può essere limitata ad alcuni settori istituzionali, pur importanti. L’informazione a disposizione delle associazioni di categoria è strumento per interventi calibrati ed efficaci. Un accenno, infine, al fatto che l’approccio separato al riordino dei canali di offerta di gioco, fisico e da remoto, pur comprendendone le ragioni finanziarie, ha rappresentato un’occasione persa per la ridefinizione equilibrata delle regole di un settore industriale come quello di cui ci stiamo occupando. Il mercato del gioco è in rapida e costante crescita; la raccolta (che, è bene precisarlo, rappresenta l’importo complessivo del giocato al lordo delle somme restituite ai giocatori a titolo di vincite e quindi non rappresenta la spesa dei giocatori che, per l’appunto, si ricava sottraendo le vincite alla raccolta) che nel 2017 era pari a 100 miliardi di euro (con una spesa per i giocatori di 19,1 miliardi di euro) e nel 2023 è stimata intorno ai 145 miliardi di euro (con una spesa per i giocatori di 20,8 miliardi di euro). La percentuale di raccolta del canale online negli anni citati è passata dal25% al 56% del totale; la corrispondente contribuzione al gettito erariale è passata dal 3 all’11%. Questi dati ci dicono che il mercato del gioco è caratterizzato da un trend positivo e da un’elasticità di sostituzione elevata. Lo spostamento da un prodotto ad un altro avviene con rapidità e risponde a fattori molteplici e diversi. Una oculata politica industriale non può basarsi su spinte di carattere emotivo che, come si è visto producono effetti anche contrari a quelli che si vorrebbero, ma deve analizzare proprio quei fattori di spostamento in un contesto complessivo ed unitario; il rischio che si corre altrimenti è quello di iniziative velleitarie che consegnano parte del mercato agli operatori illegali.
FIT e STS
Desidero innanzitutto ringraziare per l’opportunità concessa di esprimere a nome di FIT e STS, la nostra posizione sullo schema di Decreto legislativo in esame avente per oggetto il riordino del settore del gioco on line. Mi sia consentito, prima di analizzare le questioni di nostro interesse, manifestare apprezzamento nei confronti del Governo, che dopo un lungo periodo di stasi e di proroghe, ha infine messo mano alla riforma del comparto da lungo tempo attesa. L’articolo 13 dello schema di decreto legislativo di riordino sul gioco online attualmente al vaglio del Senato, riconosce le rivendite di generi di monopolio autorizzate alla raccolta di giochi pubblici e gli esercizi titolari di autorizzazione ai sensi degli artt. 86 o 88 TULPS come luoghi fisici in cui il giocatore può ottenere l’assistenza per l’apertura, ricarica e chiusura di un conto di gioco. L’individuazione di una rete controllata per la vendita di ricariche di un conto di gioco rappresenta, a nostro avviso, una scelta del tutto naturale tenuto conto del presidio che lo Stato intende esercitare su tale specifica attività. In tal senso, le tabaccherie rispondono appieno a tale requisito, rappresentando la rete fisica dello Stato ed assicurando un capillare presidio del territorio grazie ad un regime di concessione diretta, assegnata ai richiedenti previa verifica della sussistenza di determinati requisiti di natura oggettiva e soggettiva. Perdipiù, i rivenditori di generi di monopolio sono soggetti al rilascio di un’idoneità professionale all’esito di specifici corsi di formazione tenuti dall’Amministrazione Finanziaria (art. 6, lett.9-bis, legge n. 1293/57). Non a caso, infatti, per ragioni di tutela del consumatore, dell’ordine pubblico e della salute pubblica nonché di certezza del gettito erariale, alla figura del tabaccaio è demandata la delicata vendita di tabacchi e prodotti assimilati e -fin dai primi anni ’80- la gestione in via esclusiva della raccolta del Gioco del Lotto, anch’essa assegnata in regime di concessione dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli. I tabaccai, inoltre, costituiscono la maggiore rete di vendita delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea (Gratta e Vinci) e differita nonché degli altri classici giochi di ricevitoria (Superenalotto, corner scommesse, concorsi pronostici, AWP). Per tale motivo la Federazione Italiana Tabaccai (FIT) e il Sindacato Totoricevitori Sportivi (STS), in rappresentanza della quasi totalità delle rivendite di generi di monopolio e dei tabaccai titolari di ricevitoria di giochi, scommesse, concorsi pronostici e apparecchi da intrattenimento, esprimono il proprio plauso alla scelta fin qui adottata di ricomprendere i tabaccai tra i Punti Vendita di Ricariche. Altresì, alla luce delle già menzionate peculiarità e tenuto conto che l’individuazione delle tabaccherie come Punti di Vendita Ricariche soddisfa buona parte delle richieste recentemente avanzate in sede di Conferenza Unificata, auspichiamo che ai titolari di una tabaccheria venga confermato, anche nella futura rimodulazione della rete fisica, il ruolo di operatore professionale di gioco, unitamente a reti specializzate e generaliste in possesso di specifici requisiti soggettivi e oggettivi. In tema di dislocazione degli esercizi e diversamente da quanto recentemente osservato, il riconoscimento dell’attività dei Punti di Vendita Ricariche con un albo nazionale non estende in alcun modo l’offerta e, quindi, la platea dei potenziali giocatori. In proposito, riteniamo doveroso puntualizzare che la rete dei punti vendita di ricarica non vada confusa con la rete di raccolta di gioco su rete fisica, con le inevitabili conseguenze che ne deriverebbero in relazione alla loro localizzazione e al possesso di requisiti ed eventuali vincoli ulteriori rispetto a quelli di cui al citato art. 13. Esplicitare che la rete di vendita delle ricariche non costituisce un’estensione della rete di vendita terrestre (la cui regolamentazione peraltro è demandata a un separato e successivo provvedimento), e che la commercializzazione delle ricariche non è assimilabile a un’attività di gioco in senso stretto, avrebbe un sicuro vantaggio in termini di interpretazione e applicazione della normativa di settore. Sebbene possa ritenersi condivisa l’esigenza della definizione di un albo telematico per la registrazione dei soggetti che svolgono attività di Punti Vendita di Ricariche, perplessità emergono in ordine all’onerosa richiesta di pagamento di un importo annuale pari a euro duecento per il primo anno e a euro centocinquanta per ciascuno degli anni successivi, posta a carico dei titolari dell’esercizio. L’ipotizzato versamento di una quota annuale per l’iscrizione all’albo, infatti, incide direttamente sulla redditività dei punti vendita di ricariche. Più in particolare, per quel che riguarda le rivendite di generi di monopolio, la redditività è in parte già assorbita dal pagamento di contributi fissi per la gestione della tabaccheria-ricevitoria (tra cui, a puro titolo di esempio, rammentiamo l’Una tantum novennale per la concessione di tabacchi e lotto, l’Una tantum per il terminale del Lotto, iscrizione all’elenco degli operatori che svolgono attività funzionale all’installazione degli apparecchi da intrattenimento e vari canoni per l’accesso ai servizi di gioco) e costi gestionali per la conduzione dell’attività in costante aumento (locazione, utenze, costi del personale, costi per l’accettazione della moneta elettronica, ecc.). Oneri di gestione che i rivenditori di generi di monopolio affrontano con crescenti difficoltà in virtù di aggi fissi definiti per legge o di margini erosi da una tassazione sempre più alta a fronte di costi per contro cresciuti oltremisura. Peraltro, sulla base di specifiche informazioni acquisite, si stima che attualmente la remunerazione media annua dei c.d. Punti Vendita Ricarica si assesti su valori inferiori alla somma complessiva di euro 100. Gli importi prescritti dalla disposizione in esame, se raffrontati con tale somma, evidenziano che, a condizioni invariate, nella realtà nessun esercente accetterebbe di intraprendere l’attività di punto di vendita di ricariche in quanto la stessa sarebbe evidentemente diseconomica. È altresì opportuno considerare che per l’iscrizione all’elenco degli operatori che svolgono attività connesse agli apparecchi da intrattenimento ex art. 110, comma 6, TULPS (Gestori –
Esercenti – Produttori), è previsto un onere annuo pari a euro 150. Sostanzialmente, quindi, i PVR, in termini di costi di iscrizione, vengono dalla norma in esame equiparati ad una filiera di operatori che genera ricavi annui esponenzialmente superiori, dato questo che evidenzia l’irragionevolezza della disposizione in esame. Appare, dunque, doveroso il richiamo ad ogni utile approfondimento sull’opportunità di escludere la quasi totalità del canale fisico di commercializzazione delle ricariche dei conti di gioco a discapito della rete online ovvero incidere pesantemente sulla remunerazione riconosciuta al titolare del punto vendita ricariche per il tramite dell’introduzione di un ulteriore costo fisso annuo, tenendo in debito conto che i rivenditori di generi di monopolio non dispongono di strumenti e/o margini di manovra nella definizione dei prezzi al consumatore. Si richiede, dunque, una riduzione a 50 euro dell’importo attualmente prescritto nello schema di decreto legislativo per l’iscrizione all’albo ovvero, in via subordinata, una rimodulazione del medesimo, magari prevedendo il pagamento di una Una tantum soltanto all’atto della prima registrazione. Ai sensi dell’art. 13, comma 5, è previsto che le operazioni di ricarica effettuate presso i punti vendita ricariche sono consentite, nel limite complessivo settimanale di 100 euro, anche in contanti e mediante qualsiasi altro strumento di pagamento. A tal proposito preme segnalare un’estrema perplessità. L’individuazione della soglia massima di ricarica effettuabile presso i punti vendita ricariche in 100 euro settimanali ci appare infatti incoerente e inutilmente pregiudizievole. Preliminarmente, rileviamo che la tenuta e il funzionamento dei conti per il gioco online sono strettamente regolamentati e disciplinati dalla normativa di settore, e qualsiasi movimentazione, dall’attività di ricarica alla singola operazione di gioco fino all’attività di prelievo (nelle modalità consentite) è specificamente tracciata. Introdurre, pertanto, una limitazione ulteriore all’attività di ricarica, non ci appare coerente con alcuna finalità di controllo, considerato che il sistema che regola la tenuta del conto gioco rappresenta già di per sé, come appena ricordato, adeguati livelli di garanzia e sicurezza. Riguardo specificamente al quantum individuato, la soglia di 100 euro settimanali appare eccessivamente limitativa dell’operatività dei punti vendita ricariche, che rischiano di essere tagliati fuori dal mercato in oggetto con lo sviamento della clientela direttamente sui canali di ricarica online. Un controsenso, quello paventato, perché la rete territoriale, col filtro rappresentato dal ricevitore persona fisica, rappresenta una garanzia di sicurezza e affidabilità per qualsiasi giocatore, anche quello online che si rivolge ai punti terrestri per la semplice ricarica. Inoltre, come noto, il decreto in questione opera a monte una selezione qualitativa dei punti vendita abilitati alla vendita delle ricariche (ossia rivendite di generi di monopolio ed esercizi commerciali dotati di licenza di pubblica sicurezza ex artt. 86 e 88 del TULPS). Parimenti, il disposto impone ai PVR specifici requisiti, quali l’affissione all’esterno di insegne o targa di specifico riconoscimento, demandando all’Agenzia delle Dogane e Monopoli l’individuazione di caratteristiche e dimensioni. Parrebbe, dunque, che se da una parte il disposto mira ad implementare la tutela del giocatore tramite una rete di PVR qualificata e agevolmente individuabile, dall’altra ne limita irrimediabilmente l’operatività mediante l’introduzione di una soglia massima di transazioni settimanali che rischia di estrometterli dal mercato. In linea più generale, rileviamo che la misura in questione non appare in linea con l’attuale politica sull’utilizzo del contante che, ai sensi dell’art. 49, comma 3-bis, D. Lgs 21 novembre 2007, n. 231, ha fissato in 5.000 euro la relativa soglia. Introdurre un limite così stringente all’unico canale che consente l’attività di ricarica dei conti di gioco tramite contante, rappresenta dunque una contraddizione in termini. In sintesi, la disposizione che qui si discute rischia di avere un effetto dirompente in ordine all’eccessivo restringimento della rete fisica dei punti vendita di ricarica che partecipa in maniera funzionale, anche se indiretta, alla costruzione del sistema di raccolta e gestione del gioco a distanza. In conclusione, per quanto di interesse della categoria rappresentata, si chiede di ridurre l’importo del costo di iscrizione all’albo dei cosiddetti PVR nonché, in considerazione dell’ampia tracciabilità delle operazioni connesse, di rimodulare al rialzo l’ammontare della ricarica settimanale dei conti gioco costituendo l’attuale limite di fatto una esclusione dal mercato dei punti di ricarica che con il comma 1 dell’articolo 13 lo stesso Legislatore ha voluto individuare come rete affidabile.
CONSULTA NAZIONALE ANTIUSURA
Negli atti parlamentari, fin dalla quindicesima legislatura, risultano depositate e verbalizzate le posizioni espresse dalla Consulta nazionale Antiusura. A intervenire per oltre un ventennio sono stati il Presidente dell’epoca, padre Massimo Rastrelli insieme ai Presidenti avvicendatisi, come Don Alberto D’Urso e l’attuale, dottor Luciano Gualzetti. La Consulta è stata costantemente convocata in audizioni nelle indagini conoscitive, nei lavori delle commissioni parlamentari di merito e nella Bicamerale antimafia dall’anno 2002 fino all’anno 2021. La Consulta ha parlato attraverso i suoi Presidenti e depositato memorie e documenti tecnici ispirati dai valori convergenti della Dottrina Sociale della Chiesa e della Costituzione repubblicana (vedi all.1). Portando un punto di vista della realtà che prende spunto dall’incontro con le persone sovraindebitate e a rischio di usura che vedono l’azzardo come una illusoria soluzione alle proprie difficoltà economiche. L’accesso alle diverse forme di azzardo è insieme una causa e un effetto dell’indebitamento: giocando ci si indebita perché i soldi non bastano mai; quando si è indebitati si continua a giocare per recuperare le perdite entrando in una vera e propria dipendenza patologica. Circa il 10% delle persone che si rivolgono alle 34 fondazioni antiusura appartenenti alla Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II, che accedono al Fondo di Prevenzione dell’usura (art. 15 L.108/96), hanno dissipato stipendi, pensioni, risparmi e tutto quello che può in macchinette mangiasoldi e in giochi on line. A Febbraio del 2012, a Roma, la Consulta Nazionale Antiusura insieme ad altre associazioni impegnate nel settore ha dato vita al Cartello “Insieme contro l’Azzardo”, dando il via ad un percorso sistematico di denuncia degli effetti distorsivi sulla salute dei cittadini, dell’economia e delle finanze dello Stato. In questi anni la Consulta ha cercato di denunciare gli effetti distorsivi dell’azzardo mettendo in evidenza: 1. la preoccupazione per la crescita della raccolta (da 25,6 mld del 2004 a 136 mld nel 2022, sembrano 149 nel 2023); 2. che alla crescita della raccolta non corrisponde l’aumento percentuale delle entrate erariali (dal 28% del 2004 al 8% del 2022); 3. che le entrate per lo Stato vengono impiegati per le conseguenze sociali (solitudine, famiglie in difficoltà economiche, sicurezza) e sanitarie (dipendenze, cure) dell’azzardo; 4. che l’introduzione del gioco legale non ha fermato quello illegale. L’esito di molteplici indagini, dimostra che maggiore è l’offerta del gioco lecito e più semplice è per le consorterie malavitose fare affari. Come dovrebbe essere noto, la stessa Corte costituzionale, dal 1975, tutte le volte che è stata chiamata a pronunciarsi in tema di giochi pubblici d’azzardo, ha sancito l’antinomia palese tra gli articoli della Carta dell’ordinamento della Repubblica e i tratti ontologici del gioco d’azzardo. Sono sufficienti questi riferimenti dagli articoli: Art. 3. “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti Art. 41. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Art. 47. La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Art. 53. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. In questo quadro occorre operare con una gerarchia di priorità in base al valore pubblico primario, ovvero nell’ordine: 1) la Salute e Coesione Sociale; 2) la Sicurezza pubblica; 3) la Fiscalità generale; 4) l’attività d’impresa. La circostanza che la riserva di legge per restringere le sole modalità autorizzate come eccezioni, comunque sempre sotto il monopolio dello Stato, chiarisce che nel quadro istituzionale italiano i giochi pubblici “con denaro, per denaro e a scopo di lucro” vanno sottoposti alla massima limitazione possibile.
UNA DEVIAZIONE ISTITUZIONALE
Orbene, dall’anno 2002, in cui il Parlamento ha deliberato di lanciare, con bando di gara per le concessioni riservate ai pubblici esercizi, le slot machine, si sono susseguiti provvedimenti legislativi di segno promozionale al punto da decuplicare il volume del gioco praticato nel nostro paese. La tavola in appendice a questo documento (All. 2) riporta la cronologia dei giochi d’azzardo, per ben 47 nuove tipologie, introdotti dagli anni 90 ad oggi. Ma già prima del lancio delle slot machine nel 2002, si era registrata una frattura nella barriera istituzionale al gioco d’azzardo: con l’introduzione del gioco cosiddetto del bingo nel 1999, quando venne lanciato il bando per l’edificazione e l’apertura (se ne prevedevano 420) di vere e proprie case da gioco nelle città, cioè nei luoghi della quotidianità, ovvero nei quartieri popolari, anche delle periferie più disagiate. La Consulta nazionale Antiusura, dunque, ha avvertito con tempestività lo scenario che si profilava e condotto analisi, formulato proposte e interloquito con il Parlamento, con i governi che si sono succeduti, non mancando mai di segnalare le preoccupazioni allo stesso Capo dello Stato. Preoccupazioni alle quali il Presidente attuale, Sergio Mattarella, si è mostrato molto sensibile. La Consulta nazionale Antiusura ha rilevato precocemente questa emergenza dal palesarsi di ripetuti casi di famiglie ridotte in condizioni disperate per l’usura praticata, su uno o più congiunti in condizioni di dipendenza da gioco d’azzardo. Il 28 giugno 2012, ricordiamo, convenirono in udienza dal Papa Benedetto XVI con la Consulta Nazionale Antiusura circa 60 giocatori d’azzardo che erano usciti dalla dipendenza o che si sforzavano di contrastarla insieme alle loro famiglie.
L’OGGETTO DELLA CONVOCAZIONE PRESSO LA COMMISSIONE SESTA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI.
La Consulta Nazionale Antiusura è oggi convocata presso la Commissione VI della Camera dei deputati per esprimere valutazioni in merito al riordino del cosiddetto “gioco a distanza”, che con dizione istituzionale, corretta andrebbe indicato come “gioco d’azzardo digitale con piattaforma online”. Qui si rimarca come tale comparto abbia conosciuto una crescita esponenziale dall’anno della sua prima autorizzazione, cioè il 2004, a oggi. Per restare alla deriva dell’ultimo decennio, si è passati da 38 miliardi del 2019 a circa 85 nel 2023. Il volume di denaro è però una misura del numero di praticanti che si evince dagli oltre 17 milioni di conti di gioco attivi, come riportato dalla stessa ADM. La velocità della reiterazione del comportamento temerario attiva le plurime disfunzioni nella persona, nella sua rete familiare e nella società. Il gioco d’azzardo online non subisce nemmeno la naturale limitazione materiale della installazione in uno spazio fisico esterno al domicilio della persona. Questa circostanza attiva un rapido coinvolgimento, anche in forza delle altissime frequenze che la tecnologia supporta: con miliardi di operazioni nell’insieme degli utenti e con tempo di esposizione sempre più prolungato della singola persona. Altresì, lascia sguarniti gli argini all’accesso dei minori alle diverse forme di offerta on line, in particolare scommesse sportive, trasformando uno spazio, come quello sportivo di divertimento in un luogo di accesso e di introduzione a forme di dipendenza patologica. Ormai, infatti, si scommette su tutta la durata dell’evento sportivo. Si scommette su tutto. Ad esempio, nel calcio quanti falli, quanti cartellini, quanti pali o traverse. Nel tennis quanti lob, quanti ace, e così via. E questo è possibile proprio grazie al fatto che la quotazione della scommessa arriva sul terminale mobile su cui si sta guardando l’evento sportivo, che diventa l’equivalente di una slot machine, e così appunto diventa esponenziale la possibilità di diventare dipendenti. La Consulta Antiusura negli anni ha rivolto insistentemente appelli al mondo politico e istituzionale affinché fosse vietata qualunque forma di pubblicità e sponsorizzazioni ai giochi d’azzardo e alle scommesse, (radio, tv, stampa, “canali informatici digitali e telematici, inclusi i social media”), comprese le manifestazioni sportive, culturali o artistiche. Rispetto a tale “divieto assoluto”, (decreto-legge n. 87 del 2018), però, vi è stata una parziale “apertura” da AGCOM con “Linee guida”, deliberate il 18 aprile 2019. Ed oggi le stesse federazioni sportive chiedono insistentemente che sia totalmente rimosso il divieto di pubblicità affinché le società sportive possano combattere i loro deficit. Questo appare tanto più inopportuno alla luce di quanto emerso l’anno scorso in merito ai giovani calciatori affetti da azzardopatia.
LE RICHIESTE DELLA CONSULTA NAZIONALE ANTIUSURA, OGGI DEPOSITATE ALLA VI COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E, PER IL SUO TRAMITE, AL PARLAMENTO E AL GOVERNO:
1. La prima richiesta è di rallentare la frequenza di ogni singola operazione contingentandola a non risultare inferiore almeno a tre minuti. 2. La seconda richiesta è l’interruzione della partecipazione al terminale di gioco ogni 30 minuti, con una franchigia di tempo pari ad almeno altri 30 minuti. 3. La soppressione integrale di alcune modalità di gioco d’azzardo online quali: a. Le scommesse tra privati che funzionano come volano per lo stesso gioco d’azzardo illegale. b. Le scommesse su singole scomposizioni degli eventi sportivi durante il loro svolgimento. 4. Codificare per tutte le modalità di gioco d’azzardo, sia online sia fisico, la non compartecipazione a nessuna quota delle entrate statali e/o del margine privato da parte di ogni e qualsivoglia pubblica amministrazione locale, del servizio sanitario nazionale, del terzo settore accreditato nel sistema di sicurezza sociale e delle prestazioni sanitarie, delle scuole e delle associazioni di volontariato. 5. La rigorosa attuazione del dispositivo normativo del divieto assoluto di pubblicità, come disposto dalla legge di conversione del decreto dignità nel 2018. Conseguentemente, riforma della delibera antinomica dell’AGCOM che nel 2019 considerò lecita, sotto forma di esposizione dell’offerta commerciale, la quotazione delle scommesse prima e anche mentre siano in corso gli eventi sportivi. 6. Attribuzione della governance primaria al ministero della Salute che, in base a comprovate evidenze scientifiche dell’Istituto superiore di sanità e previo parere consultivo dell’Osservatorio nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo, indichi la compatibilità. Vanno garantiti modi certi – vale a dire coerenti con l’intangibilità della salute pubblica e della integrità della persona – le determinate modalità di esercizio dei giochi pubblici. 7. Conseguentemente eliminare dal decreto legislativo la istituenda “Consulta nazionale dei giochi pubblici”, sia per l’inaccettabile duplicazione di organismi sia per l’interferenza che avrebbe con le attribuzioni istituzionali fissate per legge e svolte dal ministero della Salute, per il tramite dell’Osservatorio per il contrasto al gioco d’azzardo. 8. Accoglimento integrale dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nelle direttive generali annuali dei ministeri della Salute e delle raccomandazioni che la Direzione generale di prevenzione sanitaria, nella sua funzione di Presidenza dell’Osservatorio per il contrasto al gioco d’azzardo, ha trasmesso con la relazione del 2 dicembre 2022 dell’Osservatorio nazionale sulla materia. 9. Poiché le vittime dell’usura qualificate come persone fisiche non hanno riconoscimento del diritto d’accesso alle provvidenze dell’articolo 14 della legge 108 del 1996, si chiede la eliminazione di tale ineleggibilità. La vittima dell’usura, per la sua condizione di dipendenza patologica da gioco d’azzardo, quando si risolve a collaborare con la giustizia denunciando la parte attiva del reato d’usura, attualmente non beneficia, come invece le vittime di usura esercitanti attività economica, della misura premiale dello Stato. Misura peraltro disponibile, con ottimi risultati, da trent’anni per le vittime imprenditoriali di usura ed estorsione. 10. Attuare quanto approvato dalla Commissione Parlamentare Antimafia e dal Parlamento nella XVII Legislatura in ordine alla RELAZIONE SULLE INFILTRAZIONI MAFIOSE E CRIMINALI NEL GIOCO LECITO E ILLECITO 11. Escludere per legge ogni forma di erogazione di risorse finanziarie – al di fuori degli ordinari trasferimenti previsti in sede di bilancio o di provvedimenti di assestamento/variazione – derivanti allo Stato e/o ai soggetti privati concessionari agli enti locali e agli enti non profit convenzionati o accreditati con la Pubblica Amministrazione. Questa clausola è fondamentale per evitare ogni e qualsivoglia conflitto di interesse, anche potenziale, nella collaborazione tra amministrazioni centrali dello Stato, enti locali ed enti del terzo settore nella prevenzione e nell’assistenza. 12. Spetta al ministro della Salute, di concerto con il dicastero del Welfare e avvalendosi anche del Dipartimento delle Politiche Antidroga, definire obiettivi annuali da perseguire nella prevenzione e nella riabilitazione del Disturbo da gioco d’azzardo. 13. Il governo recepisca e proceda all’attuazione conseguente di quanto disposto dal ministero della Salute con i decreti del ministro del luglio 2021 e con la relazione conclusiva dell’Osservatorio nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo il 2 dicembre 2022.
CONCLUSIONI
Va rimarcata la forte dissonanza tra la vigenza di una legislazione improntata alla riparazione del danno sociale (norme antiusura, che includono interventi solidaristici con le vittime e di prevenzione) e l’adozione, incalzante dalla metà degli anni Novanta, di norme promozionali di Stato del gioco d’azzardo, fino a configurarlo come un consumo di massa. Il gioco d’azzardo online ha arrecato i danni di una deriva che è urgente arrestare. In conclusione, l’ammissione esplicita della fonte del “rischio” e l’impiego da rendere obbligatorio del termine “azzardo” (in luogo della dizione fuorviante di “gioco pubblico”) permettono a tutti di individuare “cosa” mette a repentaglio l’azzardo, ovvero i beni fondamentali gettati in condizione di grave incertezza: – L’integrità della persona – La coesione sociale – L’utilità sociale che per la Costituzione deve sempre e comunque connotare l’attività impresa economica e la libera iniziativa imprenditoriale – Il risparmio che la Repubblica tutela e incoraggia (art. 47 Costituzione)
Cronologia dell’apertura di modalità inedite dal 1994
AVV. SIMEONE, ASSOCIAZIONE ANTIRACKET E ANTIUSURA GAETANO GIORDANO E RITA ATRIA
A nome di tutti i Soci dell’Associazione che presiedo, nonché dei Membri del Consiglio Direttivo, ringrazio Lei e i Componenti della Commissione Finanze per l’interesse nei confronti di una materia che, per la sua portata, inevitabilmente interessa tutti. Come Associazioni Antiracket e Antiusura, nostro malgrado, da circa un ventennio siamo ancora più coinvolti in questa materia che genera forme di sovraindebitamento che spesso sfociano nell’usura nonché nella commissione di reati particolarmente allarmanti sul piano sociale e della sicurezza pubblica oltre a generare forme di dipendenza patologica difficili da estirpare. Ci auguriamo pertanto, di offrire un contributo fattivo ai Lavori della Commissione dal Lei presieduta inviando a tutti i Membri della Commissione la Relazione allegata, della quale Le chiediamo di darne pubblicazione sulla pagina internet della Commissione, rendendoci disponibili, ove fosse necessaria, ogni forma di collaborazione potendo contare su una conoscenza ventennale della materia. La saluto perciò, con gratitudine.
Esame dello Schema di Decreto Legislativo recante disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza.
Gentile Presidente della VI Commissione Finanze presso la Camera dei Deputati, On.le Marco Osnato, Gentili Onorevoli Deputati, Vi ringrazio, a nome personale e di tutto il Consiglio Direttivo dell’Associazione Antiracket e Antiusura “Gaetano Giordano e Rita Atria”, che presiedo, per l’invito ad essere audito in relazione allo schema di Decreto Legislativo recante disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza. “Si lotti con tutte le forze per sconfiggere le diffuse piaghe sociali dell’usura e dell’azzardo che generano continui fallimenti non solo economici, ma anche familiari ed esistenziali”. Così Papa Francesco il 18 dicembre 2015 nel corso dell’Anno della Misericordia. Dai dati pubblicati da ADM, nel 2023 la raccolta di gioco d’azzardo si è attestata a 150 miliardi, con un balzo in avanti della spesa di 15 miliardi di euro rispetto al 2022. Il trend non sembra arrestarsi così come non sembra che l’offerta di gioco legale on-line sia destinata a sostituire l’offerta di gioco fisico che, al contrario, continuerà a suscitare interesse sulle fasce sociali che non hanno dimestichezza con piattaforme digitali e conti di gioco. In questi lunghi anni abbiamo assistito ad un continuo aumento dell’offerta e del conseguente consumo che inevitabilmente ha finito per interessare i giovani che sempre più spesso si affacciano al mondo dell’azzardo. Solo per citare qualche esperienza diretta. Qualche anno fa, l’Azienda Sanitaria Locale BA – Dipartimento delle Dipendenze Patologiche rilevava un trend in forte e preoccupante aumento di soggetti, di ogni estrazione sociale che presentavano problemi economici, che si sono rivolti al Servizio perché affetti da GAP (Gioco d’Azzardo Patologico). Si segnala che nel 2012, in assenza del c.d. Decreto Balduzzi, i soggetti in cura presso la ASL Bari erano 100, mentre nel 2013 sono passati a 132 soggetti, nel 2014 a 144, nel 2015 sono stati presi in cura 195 soggetti con un aumento rispetto al 2012 del 95% in soli quattro anni. In particolare, nella rilevazione pubblicata del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche della stessa ASL si segnalava già “che siamo di fronte ad un fenomeno nuovo, in costante evoluzione…”. In linea con quanto dichiarato negli anni precedenti, nella relazione annuale del 2019 la ASL rilevava un aumento di nuovi utenti patologici in carico del 44% di cui si registrava un preoccupante aumento del 7% di nuovi utenti con riferimento ai soggetti di età compresa tra i 15 e i 25 anni rispetto all’anno precedente. Dello stesso tenore, nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità rese noto che ben il 29,2% dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni giocava regolarmente d’azzardo e che su base nazionale si assistiva ad un progressivo aumento della percentuale dei giocatori di minore età. Nello specifico, in una indagine condotta dall’Associazione italiana dei consumatori e degli operatori del gioco (ACOGI), è emerso l’identikit del baby giocatore d’azzardo. L’indagine ha coinvolto 230 studenti, in età compresa fra i 13 e i 16 anni. Gli intervistati hanno dichiarato di frequentare i centri scommesse (52% delle preferenze), a seguire bar e tabacchi (19% delle preferenze) mentre il 16% dichiarava di giocare on line, preferibilmente tramite il proprio pc.. L’88% degli studenti che ha dichiarato di scommettere, presentava un rendimento scolastico non eccellente o scarso, nel 77% dei casi i ragazzi vivevano in gruppi familiari numerosi, di «dispersione delle relazioni», per cui era certamente più facile avvicinarsi al gioco d’azzardo in maniera assolutamente non vigilata tant’è che il 23% dichiarò che il gioco d’azzardo poteva rappresentare una fonte di reddito. Allo stesso modo, in un Convegno svoltosi presso la Facoltà di Giurisprudenza di Bari, un gruppo di studenti dell’Istituto superiore Giulio Cesare di Bari, impegnati nel Progetto “Legalità è Cultura”, ha promosso una indagine su un campione di 300 studenti provenienti dagli istituti superiori della città di età compresa fra i 15 e i 20 anni. Nell’indagine è emerso che la maggior parte dei ragazzi di sesso maschile ha dichiarato di giocare regolarmente d’azzardo con almeno tre giocate a settimana, mentre la maggioranza ha dichiarato che vi è la completa assenza di controlli da parte dei gestori nella verifica dell’età dei giocatori. Quasi tutti gli intervistati presentava una situazione familiare nella quale si gioca d’azzardo con una frequenza importante. Quasi il 50% degli intervistati non sapeva che la Regione Puglia aveva una legge che regolamentava il gioco d’azzardo legale e quasi il 50% dichiarava di non essere soddisfatto della qualità della vita del proprio quartiere. Il 15% degli intervistati di sesso maschile dichiarava che il gioco d’azzardo poteva costituire una fonte di guadagno e che poteva diventare un lavoro. In questo scenario, la società civile ha chiesto più volte al Decisore pubblico a qualunque livello provvedimenti finalizzati: 1. a rendere efficace il divieto di offerta per i gestori nei confronti dei soggetti minori di età sensibilizzando tutte le forze dell’ordine fino ad intraprendere controlli più serrati; 2. a concordare con le Amministrazioni locali progetti di formazione del personale addetto presso gli esercenti di offerta di gioco d’azzardo; 3. a costruire progetti di cittadinanza attiva con gli istituti scolastici trovando in questa materia la traduzione più autentica dell’educazione civica; 4. a studiare Regolamenti comunali e Ordinanze sindacali lì dove, come ricorda il Consiglio di Stato, l’impatto negativo in termini di lesione del diritto alla salute era concreto; 5. ad impedire ogni forma di pubblicità diretta e/o indiretta e con qualunque mezzo e di ogni forma di sponsorizzazione in special modo durante le manifestazioni sportive di ogni ordine e grado. In questi lunghi anni però l’aggressività delle compagne pubblicitarie dell’offerta di azzardo ha disatteso completamente ogni migliore auspicio con riferimento alla salvaguardia della tutela della salute pubblica. Anzi, è apparso chiaro l’intento di relegare le informazioni sulla prevenzione a messaggi reclamizzati come fossero effetti collaterali di prodotti farmaceutici.
Lo schema di riordino presentato e oggi in discussione continua a risentire di queste carenze.
Ad iniziare dalla Relazione Illustrativa nella quale vengono evidenziate le ragioni per le quali in Italia il settore del gioco on-line non è partito. Scrive il Proponente a pagina 2: “Tale criticità è sorta e si è sviluppata a partire dal 2013 con l’emanazione, per l’appunto, di leggi regionali e regolamenti comunali orientati a contrastare lo sviluppo delle reti fisiche di raccolta del gioco e, simmetricamente, a contrarre il numero dei luoghi fisici nei quali fosse possibile acquistare prodotti di gioco”. Questa affermazione, non tecnicamente vera, evidentemente risente del desiderio di chi sostiene che l’impegno di Sindaci e degli Amministratori locali, sia solo quello di assecondare le richieste di chi ne ha fatto una attività di impresa. Oltretutto, tale “esordio”, è sconfessato perfino dalla Corte costituzionale che con la sentenza n.108 del 2017, chiamata a scrutinare la legittimità proprio della Legge della Regione Puglia n. 43 del 2013, in tema di contrasto alla diffusione della patologia da gioco d’azzardo, con la quale i giudici hanno definitivamente chiarito che “Il legislatore regionale è intervenuto, invece per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della “dipendenza da gioco d’azzardo”: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo. La disposizione in esame persegue, pertanto, in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia di legislazione concorrente «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), nella quale la Regione può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.” Proseguendo l’analisi dello Schema, ciò che emerge come prima criticità è che mentre da un lato si affronta quasi dettagliatamente la disciplina dei rapporti tra lo Stato ed i concessionari, di contro non si riscontrano elementi prescrittivi a carico delle stesse concessionarie per quanto attiene al rapporto di responsabilità nei confronti degli utenti giocatori. Sul punto vi è un rinvio a provvedimenti successivi che non trovano un quadro tecnico delineato nel presente Schema. Così ad esempio nel Capo 1 articolo 6, comma 5, lett. a), ai fini dell’individuazione dell’esatta responsabilità civile e penale con conseguente eventuale richiesta di risarcimento dei danni subiti dai singoli giocatori come conseguenza di un comportamento scorretto a causa di una offerta lesiva di beni giuridici tutelati, lo Schema dovrebbe prevedere l’obbligo per le concessionarie di una sede legale italiana. Così pure, nello stesso articolo 6, comma 5, lett. f), sarebbe auspicabile eliminare il riferimento alla soglia del 2 per cento quale limite al di sopra del quale obbligare i concessionari a comunicare ad ADM i dati identificativi delle persone fisiche o giuridiche che detengono, direttamente o indirettamente una partecipazione al capitale o al patrimonio. Il capitale ed il patrimonio delle società concessionarie dovrebbe essere interamente tracciato senza possibilità alcuna di schermatura. Bisognerebbe prevedere all’art. 6, comma 8, primo capoverso, il coinvolgimento nella sottoscrizione del contratto di conto di gioco tra il concessionario ed il giocatore del coniuge/convivente, ove presente. Considerata la natura del prodotto, ciò potrebbe costituire una forma efficace di prevenzione e controllo anche nell’ottica di una gestione virtuosa dell’economia famigliare. Inoltre, la disposizione di cui all’art. 6, lett. b), in materia di “utilizzo del conto di gioco in osservanza delle disposizioni vigenti, anche di fonte unionale, in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo”, si pone in forma contraddittoria con quanto stabilito dal successivo art. 13, comma 13, secondo e terzo periodo, lì dove si afferma che, “la ricarica del conto di gioco on line presso il punto vendita ricariche avviene mediante gli strumenti di pagamento, idonei a garantire la tracciabilità dei flussi finanziari, già in precedenza indicati dal titolare del conto di gioco al concessionario e da quest’ultimo già validati per l’effettuazione delle operazioni sul conto di gioco. Fermo quanto previsto al primo periodo, le operazioni di ricarica effettuate presso i punti vendita ricariche sono consentite, nel limite complessivo settimanale di 100 euro, anche in contanti e mediante strumenti di pagamento diversi da quelli indicati al secondo periodo”. Sul punto, nel corso degli anni, anche a causa dell’apertura indiscriminata di centri di gioco legale in special modo in quartieri socialmente ed economicamente depressi, abbiamo assistito alla riviviscenza della figura dell’usuraio di quartiere che con piccoli prestiti ha imposto tassi di interessi altissimi. Pertanto, se l’intento è quello di tracciare tutti i flussi finanziari che approdano nei conti gioco, deve essere completamente eliminata la possibilità di utilizzo del contante. Sarebbe auspicabile la completa eliminazione del procedimento per il pagamento delle vincite come descritto nell’art. 7, comma 8, lett. e) ed f) atteso che, il sistema in modo istantaneo dovrebbe riconoscere la validità della giocata e la conseguente entità della vincita. Non si comprende perciò perché il pagamento della vincita debba avvenire a seguito di una espressa richiesta da parte del giocatore. Un discorso ad hoc merita il Titolo III sulla “tutela e protezione del giocatore”. Se è vero che, “obiettivo primario della disciplina dei giochi pubblici ammessi in Italia è quello di perseguire piena e affidabile protezione della salute del giocatore attraverso misure idonee a prevenire ogni modalità di gioco che possa generare disturbi patologici del comportamento o forme di ludopatia”, dai dati sopra evidenziati sui casi di presa in carico delle ASL, nonché da quelli comunemente reperibili in fonti ufficiali sulle stime dei giocatori patologici e sulle modalità da sempre evidenziate dagli studiosi, attraverso le quali si manifesta il Disturbo da gioco d’azzardo, emerge chiaramente che il c.d. “gioco responsabile” così come declinato fino ad oggi, cioè “l’insieme delle misure volte a ridurre la diffusione di comportamenti di gioco eccessivo o problematico, sviluppando nel giocatore la capacità di giocare in modo equilibrato, consapevole e controllato”, non ha raggiunto l’intento sperato e perciò, deve essere completamente ribaltato il suo paradigma. Fino ad oggi le forme di “gioco responsabile” sono state declinate solitamente in messaggi reclamizzati con modalità tali da non incidere sulla capacità volitiva di soggetti problematici e quindi a rischio patologia. Se infatti, diretti a soggetti con problematicità, la reclame “gioca responsabilmente” non ha alcun effetto, se, invece, diretta a soggetti del tutto avulsi da un atteggiamento problematico, allo stesso modo non risultata di alcuna utilità. Per essere ancora più chiari e nel rispetto di ogni sensibilità, sarebbe come dire ad un soggetto tossicodipendente, drogati ma fallo responsabilmente! Il principio del “gioco responsabile” dovrebbe, al contrario, onerare chi offre il prodotto, attraverso meccanismi di esclusione automatica, lì dove si superano soglie predeterminate di spesa giornaliera e mensile ovvero di tempo trascorso dinanzi ai dispositivi. Oltretutto, i meccanismi di esclusione automatica dovrebbero riguardare l’intera offerta nella sua globalità e non solo con riferimento al singolo gioco. Solo così, ebbene sottolinearlo, potrebbe darsi, a parere di chi scrive, soddisfatto il requisito della responsabilità quale manifestazione del principio di buona fede e correttezza contrattuali. Premesso che la natura dell’offerta di gioco d’azzardo seppure legale resta pur sempre pericolosa, tutta la filiera della responsabilità andrebbe necessariamente costruita sul modello dell’art. 2050 del codice civile a mente del quale: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”. Dello stesso parere appare l’Unione Europea. La Corte di Giustizia UE, nella sentenza del 15.09.2011, IV sez., (causa C-347/09), nel disciplinare il gioco d’azzardo soprattutto on-line, ha ribadito tre principi essenziali: 1. gli Stati membri, possono imporre restrizioni all’esercizio dei giochi d’azzardo, essendo l’offerta di questi un’attività economica che può comportare oggettivamente conseguenze pregiudizievoli per la collettività e per l’ordine pubblico in generale. La Corte ha riconosciuto che sussistono tra gli Stati membri divergenze considerevoli di ordine morale, religioso e culturale, spettando loro in definitiva valutare, alla luce della propria scala di valori, le misure necessarie di protezione; 2. l’obiettivo della tutela del consumatore contro la dipendenza dal gioco è, in linea di principio, difficilmente compatibile con una politica di espansione dei giochi di azzardo. Nel contempo, una politica di espansione ««controllata» può risultare coerente tanto con l’obiettivo della prevenzione dello sfruttamento dell’attività di gioco a fini criminali, tanto con quello della lotta contro la dipendenza dal gioco, tramite l’incanalamento dei consumatori verso circuiti controllati; 3. in tema di pubblicità afferma che: essa va contenuta e strettamente limitata a quanto necessario per incanalare i consumatori verso le reti controllate, e non incoraggiare una partecipazione attiva del consumatore, in particolare banalizzando il gioco o proponendo un’immagine positiva dello stesso. Ancora, con la Raccomandazione dell’UE indirizzata proprio all’Italia del 14 luglio 2014, l’Unione Europea ha declinato una serie di attività che il nostro Paese, come Stato membro, è chiamato a rendere effettive ed efficaci sul piano dei risultati concreti. Nella citata Raccomandazione la UE ha ribadito la necessità affinché le: 1. informazioni reclamizzate sui prodotti comportino una comprensione effettiva dei rischi legati al gioco d’azzardo; 2. le comunicazioni commerciali (pubblicità e sponsorizzazione) dovrebbero essere effettuate responsabilmente; 3. gli Stati membri dovrebbero garantire che i minori non abbiano accesso al gioco d’azzardo on-line e prevedere norme atte a ridurre al minimo i contatti con il gioco attraverso la pubblicità o la promozione del gioco d’azzardo mediante mezzi audiovisivi o altre forme; 4. dovrebbe essere previsto un processo di registrazione per creare un conto di gioco, in modo da obbligare i consumatori a fornire informazioni sulla loro età e identità che vengano verificate dagli operatori; 5. dovrebbe essere disponibile una prevenzione concreta come fissare limiti di spesa durante il processo di registrazione, la possibilità di ricevere messaggi di allerta sulle vincite e le perdite durante il gioco e la possibilità di sospendere temporaneamente o definitivamente il gioco quando si eccede oltre un certo limite; 6. la pubblicità e la sponsorizzazione dei servizi di gioco d’azzardo on-line dovranno essere più trasparenti e più responsabili sotto il profilo sociale. Ad esempio, le comunicazioni commerciali non dovranno contenere dichiarazioni infondate sulle possibilità di vincita, incitare al gioco d’azzardo o lasciare intendere che il gioco d’azzardo risolva i problemi sociali, professionali, personali o finanziari; 7. gli Stati membri sono inoltre invitati a realizzare campagne di sensibilizzazione sui rischi legati al gioco d’azzardo nonché a raccogliere dati sulla creazione e la chiusura dei conti di gioco e sulla violazione delle norme in materia di comunicazione commerciale; 8. gli Stati membri dovrebbero inoltre designare competenti Autorità indipendenti di regolamentazione che contribuiscano ad assicurare l’effettiva verifica della conformità alla raccomandazione. In definitiva, nel complesso, lo Schema di riordino oggi presentato, meriterebbe una maggiore e più approfondita riflessione soprattutto sotto il profilo di una efficace tutela della salute del giocatore e ancor di più nei confronti dei giocatori patologici e delle loro famiglie. Allo stesso modo meriterebbero maggiore chiarezza le disposizioni sulla trasparenza delle società concessionarie, sulla tutela dell’ordine pubblico, sulla sicurezza e tracciabilità dei flussi finanziari; sui limiti della pubblicità, sul c.d. gioco responsabile, sui limiti dell’offerta di gioco online. Si chiede, altresì: 1. l’istituzione di un Tavolo tecnico del Governo allargato alla società civile finalizzato alla predisposizione di un Testo di riordino complessivo dell’intero comparto dei giochi; 2. la messa a disposizione pubblica dei dati disaggregati per tipologia di gioco e su base territoriale finalizzata allo studio e all’analisi di politiche di prevenzione della patologia da gioco d’azzardo; 3. divieto assoluto di ogni forma di pubblicità del prodotto con ogni mezzo anche via internet soprattutto nella fascia oraria 07:00-23:30; 4. istituzione di una Autorità indipendente sui giochi di stato e la conseguente eliminazione della previsione della Consulta come articolata nello Schema.
ENTAIN
Il Gruppo Entain è leader internazionale nel settore dell’intrattenimento, opera esclusivamente in mercati regolamentati con oltre 140 licenze dislocate in 40 Paesi, 30 brand ed una forza lavoro di circa 30.000 persone. In Italia il gruppo è presente sin dalla prima fase di regolamentazione del settore e, con un investimento di oltre 100 milioni di euro, a partire dal 2006 è stato in grado di costruire una realtà che oggi impiega direttamente 450 dipendenti e, attraverso la propria rete di punti vendita, dà lavoro ad oltre 5.000 persone sull’intero territorio nazionale. È fortemente avvertita, da parte di tutti gli attori della filiera, l’esigenza di un riordino complessivo del settore dei giochi che per troppo tempo è rimasto in una fase di stallo, caratterizzata da un susseguirsi di interventi normativi non coordinati che hanno contribuito in maniera significativa ad aumentarne complessità ed incertezza. Da troppi anni, infatti, il comparto ha visto un susseguirsi di proroghe delle concessioni, in una logica di breve periodo che ha bloccato la capacità di programmare investimenti strutturali, con inevitabili conseguenze in termini di competitività del comparto anche a livello internazionale. È evidente quindi che da un processo di riordino finalizzato a ridisegnare le regole del settore per i prossimi 10-15 anni, gli operatori, ma anche tutti gli altri stakeholders cui la riforma è rivolta, si aspettino risposte chiare quantomeno sui seguenti temi: 1. definizione di nuove regole che guardino al futuro, e che siano ispirate da principi di trasparenza, chiarezza e stabilità; 2. riaffermazione della centralità del sistema concessorio, con nuove disposizioni in grado di contrastare il mercato illegale ed ogni forma di irregolarità ancora presente; 3. garanzia di un mercato competitivo e pienamente rispondente alle regole della concorrenza.
Nuove regole per il futuro del settore, ispirate a principi di trasparenza, chiarezza e stabilità
I principi ed i criteri direttivi dettati per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici fondano le proprie radici sul regime concessorio e autorizzatorio, sul contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali nonché sulla prevenzione di fenomeni di riciclaggio o illegalità che potrebbero emergere da attività criminose. Il Governo, pertanto, ha inteso confermare, quale modello per la gestione dei giochi pubblici, l’affidamento in concessione di talune attività e funzioni pubbliche in materia di gioco, a seguito di procedura pubblica. L’indizione della nuova gara consentirà il rilascio di concessioni valide per 9 anni e, dalle stime riportate, produrrà circa 350 milioni di euro di una tantum a fronte dell’aggiudicazione prevista di 50 concessioni, ad un costo di 7 milioni di euro ciascuna. Nonostante il deciso incremento di costi per la partecipazione alla gara (35 volte più alto rispetto al valore dell’ultimo bando) e di gestione della concessione (con un aumento del canone di concessione del 300%), la procedura di selezione, tanto attesa, appare la soluzione migliore per garantire una corretta programmazione degli investimenti degli operatori. Tra gli obiettivi esplicitati nella formulazione attuale del decreto ritroviamo la chiara volontà di restringere il numero di operatori “favorendo l’accorpamento dei concessionari di dimensione più ridotta, aumentandone l’affidabilità finanziaria e la relativa compliance”. Oggi i concessionari operanti sono pari a 93 operatori, il cui numero dovrebbe quindi ridursi sensibilmente, considerando che solo una parte degli attuali operatori potrà affrontare le condizioni economiche fissate dal bando per il “rinnovo” delle concessioni. La partecipazione alla gara richiederà, infatti, uno sforzo economico non paragonabile a quello del passato e capacità tecnico-infrastrutturali altrettanto importanti, considerati i principi fondamentali cui il riordino si ispira quali la tutela dei minori, la legalità del gioco, la promozione del gioco responsabile, la prevenzione del gioco illegale e che comporteranno ingenti investimenti per garantire piattaforme di gioco adeguate ai nuovi standard. In tale contesto è parsa essenziale l’introduzione di disposizioni finalizzate a dare stabilità delle regole della concessione e conservazione dell’equilibrio contrattuale e dei valori patrimoniali pubblici per tutta la durata delle nuove concessioni; le disposizioni più volte richiamate nello schema di decreto (ed in particolare quelle di cui all’articolo 4, comma 4 e all’articolo 5, comma 3) trovano piena soddisfazione tra gli attori della filiera poiché rispondono alle esigenze di tutela dell’affidamento e della buona fede nei rapporti tra concessionario e giocatore e tra concessionario e pubblica amministrazione. Le politiche di investimento di tutte le realtà industriali del nostro settore richiedono trasparenza e stabilità delle regole concessorie cosa che, negli ultimi anni, è stata spesso disattesa, con ripetuti interventi normativi che hanno comportato aumenti delle imposte e degli oneri, nonché dei costi convenzionalmente pattuiti.
Le nuove disposizioni a contrasto del mercato illegale ed ogni altra forma di irregolarità del settore
Rimettere le concessioni al centro del sistema di gestione dei giochi in Italia vuol dire puntare su una delle chiavi del suo successo internazionale. Il sistema concessorio italiano è stato, infatti, sin dalla sua prima implementazione agli inizi degli anni 2000, oggetto di studio e modello di sviluppo per tanti Paesi europei ed extraeuropei. Occorre dare nuovo impulso al processo, avviato con le prime concessioni dedicate al gioco a distanza, che ha consentito di indirizzare flussi di gioco illegali/irregolari verso il sistema dei concessionari controllati dallo Stato, con ricadute estremamente positive non solo in termini di gettito erariale, ma anche e soprattutto in materia di politiche a tutela dei giocatori, per la promozione del gioco responsabile, la tracciabilità dei flussi finanziari, la prevenzione, il contrasto e la repressione di eventuali attività di riciclaggio connesse con quelle di gioco. Dalle recenti indagini condotte dalla magistratura e dai risultati delle attività di controllo delle amministrazioni competenti, è possibile sostenere che esistono ancora sacche di gioco illegale su cui agire con determinazione, con un’azione combinata che assicuri competitività del sistema italiano di raccolta del gioco ed efficacia delle attività di controllo, prevenzione e repressione del gioco illegale. Quanto al primo punto, oltre alle considerazioni di cui si è già accennato in precedenza, appare necessario ricordare le inevitabili interconnessioni che, in un contesto economico digitale globalizzato, il nostro sistema di gioco ha con quelli “concorrenti” cosiddetti .com. Dal punto di vista regolatorio ciò determina la necessità di tenere in considerazione l’estrema sensibilità del comparto verso manovre fiscali anche apparentemente di piccola portata, in grado di minarne la tenuta competitiva. Gli effetti, anche nel breve periodo, possono comportare lo spostamento di fette considerevoli di gioco dal sistema italiano verso quelli di Paesi con rendimenti più elevati. Quanto alle azioni di contrasto al gioco illegale, anche in ragione della sofisticatezza degli strumenti tecnologici a disposizione di quanti vogliono aggirare il sistema nazionale di regole, occorre facilitare la collaborazione tra le diverse istituzioni deputate a svolgere azioni di controllo sul settore, favorendo la loro specializzazione, potenziando competenze e strumenti tecnici a disposizione, ma anche attivando un corretto percorso formativo e di conoscenza delle dinamiche del mercato. Su tale argomento la riforma non presenta elementi di novità rispetto al recente passato, e non supera alcune scelte sin qui fatte, ad esempio in tema di comunicazione, che rendono oggettivamente difficile distinguere l’offerta legale di gioco da quella illegale.
Garanzia di un mercato competitivo e pienamente rispondente alle regole della concorrenza
Quanto all’ultimo dei tre aspetti, ovvero la capacità del prospettato riordino di creare condizioni di mercato realmente competitive, non si possono non sollevare alcune perplessità in merito alla portata di quanto stabilito, in particolare all’articolo 13, in materia di disciplina dei Punti vendita ricarica (PVR). Tale “modello” di promozione del gioco a distanza nasce e si sviluppa, in maniera massiva, durante la pandemia, in coincidenza con la chiusura della rete dei punti di vendita autorizzata alla raccolta di giochi e scommesse. Sfruttando un sostanziale vuoto normativo sull’argomento della promozione del gioco a distanza attraverso il canale fisico, si è diffusa sul territorio una nuova rete, la cui attività si sarebbe dovuta limitare alla mera assistenza al giocatore nell’apertura, ricarica e chiusura del conto di gioco, ma che – alla luce dei controlli effettuati dalle amministrazioni preposte – spesso ha assunto profili di irregolarità, se non addirittura di totale illegalità (con diverse contestazioni di violazioni ex art. 4, legge 401/89). Secondo le relazioni di accompagnamento al testo in esame per tale rete, che si compone oggi di circa 50.000 esercizi, si propone una “regolamentazione definitiva del fenomeno”, mediante la creazione di uno specifico Albo cui iscriversi ed il versamento di una somma annua pari a 200 euro per il primo anno e 150 euro per gli anni successivi per PVR. La nuova rete si comporrà di circa 30 mila punti vendita, considerando che potranno essere regolarizzati solo i PVR esercitati nelle rivendite ordinarie o speciali di generi di monopolio autorizzate alla raccolta di gioco pubblico, nonché in altri esercizi già titolari di autorizzazione ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS. L’incasso annuo complessivo per lo Stato è quindi stimato in 6 milioni di euro per il primo anno e 4,5 milioni di euro per i successivi anni. Tale processo di regolamentazione sarà effettuato prima dell’indizione della nuova gara, con un iter completamente scollegato dalla stessa. La scelta prospettata presenta a nostro avviso alcuni interrogativi: • perché scegliere un percorso di regolarizzazione di un’attività nata in assenza di disciplina positiva, pur avendo, con la delega ricevuta dal Parlamento, la possibilità di regolare il fenomeno PVR attraverso strumenti che garantiscano maggiormente la concorrenza? • vista l’attuale dislocazione dei PVR e le scelte fatte in merito a dove potranno essere collocati in futuro, potrebbe determinarsi una forte concentrazione degli stessi tra pochissimi operatori, in virtù di rapporti già in essere. Sono state valutate le conseguenze che un simile assetto determinerà per quegli operatori che non hanno voluto costituire reti di PVR in assenza di regole certe? • è stato valutato attentamente il valore di tale nuova rete, considerando che il PVR sarà, per i prossimi 10 anni, l’unico elemento di congiunzione tra territorio e gioco a distanza? Considerando che le regole che oggi si discutono in questa Commissione disegneranno il mercato dei giochi per il prossimo decennio e tenuto conto del graduale, ed inarrestabile, processo di digitalizzazione in corso, sarebbe auspicabile che la regolamentazione della rete dei PVR garantisse una maggiore concorrenza, determinando anche maggiori entrate per lo Stato ed un reale approccio multicanale, in cui al centro è posto il cliente e le sue esigenze di servizio e di tutela. A tale fine sarebbe auspicabile l’adozione dei seguenti accorgimenti: • indizione di una procedura di gara pubblica per i PVR, parallela (o integrata) a quella già prevista per le concessioni a distanza, o trattandosi di punti terrestri, da rinviare all’atto del riordino del canale fisico; • rilascio di un titolo autorizzatorio per ciascun PVR, la cui titolarità potrà essere acquisita da tutti i concessionari partecipanti alla gara in ragione non di una situazione pregressa maturata al di fuori dal contesto normativo, ma in sede di gara pubblica; • numero predefinito massimo di PVR, sensibilmente più contenuto rispetto ai 30 mila ipotizzati dal Governo, anche al fine di salvaguardarne la redditività ed evitare la proliferazione sul territorio di nuovi luoghi di gioco, da collocarsi all’interno di categorie di esercizi già indicati all’articolo 13 del decreto; • limite di concentrazione massimo di PVR per concessionario (al fine di evitare la formazione di trust); • definizione di un diritto una tantum per PVR, con base d’asta e canone annuo superiori a quanto ipotizzato nella proposta in discussione. Tale soluzione garantirebbe maggiore redditività ai gestori del PVR ed anche per le casse dello Stato; • in una siffatta ipotesi perderebbero di significato alcune limitazioni attualmente previste nello schema di decreto, tra le quali anche quella relativa al massimale di 100 euro settimanale per le ricariche in contanti.
Conclusioni
In conclusione, pur ribadendo l’apprezzamento per l’intervento normativo disposto dal Governo, si sottolinea che il complesso delle disposizioni nello stesso contenute appare convergere, sulla base di quanto finora esposto, verso un’eccessiva restrizione del mercato in termini di soggetti e di strumenti competitivi a disposizione, con una nota di particolare attenzione verso la regolarizzazione della rete dei punti di ricarica possibilmente foriera di determinare un abuso di posizione dominante. Al fine di scongiurare tale ipotesi, nei paragrafi di cui sopra si è cercato di fornire i suggerimenti che si reputano opportuni per le singole tematiche in considerazione e perciò, a nostro giudizio, meritevoli di revisione.
Memoria SAPAR
Memoria e proposte di riforma AGSI
cdn/AGIMEG