Continua il percorso parlamentare dello Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza. Ieri si sono svolte nella VI Commissione Finanze e Tesoro del Senato le audizioni di Astro, Logico, Entain Italia, Acadi EGP-FIPE Sapar e FIT-STS.
Ecco il testo integrale delle memorie presentate dalle associazioni del gioco pubblico:
LOGICO
Intendo strutturare il mio intervento seguendo l’ordine logico dell’articolato dello Schema di Decreto, rappresentandone, dal punto di vista dell’industria coinvolta, i punti di forza e di debolezza, i possibili effetti distorsivi della libera concorrenza ed il rischio di incompatibilità con i principi costituzionali nazionali ed eurounitari. In primis, occorre una doverosa premessa: non siamo così ingenui da pensare di poter scalfire posizioni già consolidate e dettate, quantomeno in apparenza, da mere necessità di cassa. Pertanto, è opportuno precisare che lo spirito dell’intervento non è solo manifestare contrarietà in merito al significativo incremento del costo unitario della concessione a €7 milioni in sé, bensì evidenziare le principali mancate opportunità di innovazione del settore, che quantomeno ci si aspetterebbe a fronte di un aumento di 35 volte il costo di concessione. Invito gli Onorevoli componenti di codesta Commissione ad immaginare, per un momento di essere prossimi alla scadenza ottennale del proprio affitto, identificato per semplicità nei canonici €1000 al mese: al rinnovo certamente non sarebbe una sorpresa la proposta di un aumento allineato all’inflazione, e magari alle nuove condizioni di mercato, oltre ad eventuali ammodernamenti nel frattempo intercorsi o promessi. Ma se il locatore al rinnovo vi proponesse €35000 al mese, quantomeno vi aspettereste importanti migliorie e ammodernamenti degni di tale portata e ad essa commisurati. E in tal senso desideriamo porre l’enfasi sull’aspettativa di un necessario ammodernamento normativo, di cui non si vede traccia nel dettato di legge. Del resto, l’attenzione alla tutela della concorrenza è stata sottolineata anche in sede di intesa in Conferenza Unificata Stato/Regioni lo scorso 25 gennaio 2024: “pur in assenza di specifiche competenze in materia di sistema concessorio, (…) Si invita a valutare con attenzione il rispetto del principio di libera concorrenza e nello specifico del divieto generale di accordi restrittivi della concorrenza (articolo 101 TFUE). Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ambisce a prevenire restrizioni e distorsioni della concorrenza, quali gli abusi di posizione dominante, gli accordi anticoncorrenziali, nonché le fusioni e acquisizioni, qualora limitino la concorrenza. Sono inoltre proibiti gli aiuti di Stato che provocano distorsioni della concorrenza.
Premessa – il mercato dei giochi pubblici a distanza (online)
In via preliminare, occorre evidenziare come il mercato dei giochi pubblici online sia caratterizzato – almeno sino ad ora – da una forte dinamica concorrenziale. Questo dato emerge anche dall’Analisi tecnico-Normativa (c.d. “A.T.N.”) che sottolinea la presenza, ad oggi, di 93 concessionari per il solo gioco online e circa 60.000 punti vendita ricariche. In questa sede, appare utile richiamare quanto affermato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) nel valutare le recenti operazioni di concentrazione (Lottomatica/Beflag ; Sisal/Flutter Entertainment5 ), in merito al mercato dei giochi pubblici online, con la presenza di “altri numerosi, importanti e qualificati operatori attivi nella raccolta da giochi online con quote superiori o simili (agli operatori parti in questione, ndr)” nonché di “un’ampia gamma di operatori nazionali e multinazionali, con quote minori rispetto ai precedenti concorrenti menzionati, ma che eserciterà anch’essa un forte vincolo concorrenziale sulle Parti”. In tale occasione, l’Autorità ha sottolineato che “il mercato del gioco online in Italia è caratterizzato da dinamiche concorrenziali anche per i seguenti motivi: i. passare da un operatore all’altro è facile e veloce. L’apertura di conti online con gli operatori di gioco online è gratuita e facile e i clienti sono incentivati ad aprire nuovi conti grazie ad un’ampia gamma di offerte disponibili sul mercato; ii. esistono alti livelli di “abbandono” della clientela a favore di operatori concorrenti. Gli operatori di gioco online sono vulnerabili agli alti tassi di abbandono della propria base clienti in favore di altri operatori concorrenti. La perdita del cliente a favore di concorrenti stimola una forte concorrenza tra operatori di gioco online per acquisire, mantenere e riacquistare clienti; iii. sussiste un’intensa rivalità sulla base di parametri di prezzo e non. Il prezzo è un fattore importante nel processo decisionale dei clienti: la concorrenza sui prezzi nel gioco online si verifica, tra l’altro, nel contesto delle promozioni. Le promozioni o le of erte risultano spesso tra i principali criteri considerati dai clienti nella scelta di un operatore, ma anche la qualità del prodotto è un fattore chiave per acquisire, riacquistare e mantenere i clienti. In effetti, la maggior parte degli operatori compete fortemente sul prodotto e le idee migliori vengono ampiamente replicate sul mercato.”
TITOLO I – REGOLE GENERALI E PRINCIPI
L’Associazione, che riunisce diversi operatori esteri presenti sul mercato italiano del gioco online sin dalle prime assegnazioni di concessioni con il c.d. “Bando Bersani”, condivide tutti i principi alla base dello Schema di Decreto, con particolare riferimento a: – l’esigenza di tutela dei minori e del giocatore, attraverso la promozione del gioco legale sicuro, trasparente e responsabile; – lo sviluppo delle reti di gioco secondo modelli che assicurano competitività e solidità organizzativa, economica ed efficienza dei soggetti che compongono le relative filiere; e – la prevenzione, contrasto e repressione del gioco illegale o comunque non conforme a quello ammesso e regolato in Italia, nonché delle attività di riciclaggio eventualmente connesse alle attività di gioco. L’Associazione ha già realizzato importanti iniziative di comunicazione a difesa dell’online legale, attraverso campagne di informazione sul gioco legale e sicuro ed è attiva a livello europeo per sostenere insieme all’ente di normazione nazionale UNI, un progetto di standardizzazione europea in materia di indicatori di anomalia per promuovere l’offerta di gioco responsabile. Orbene, l’art. 15 della Delega Fiscale, nel delegare il riordino del comparto del gioco pubblico al Governo, ha evidentemente inteso prevedere una disciplina organica ed omogenea attraverso un riordino contestuale riferito a tutti i segmenti di offerta del gioco, sia online che su rete fisica. Si rileva come l’urgenza di un riordino del comparto risulta più che evidente per il segmento di offerta di gioco su rete fisica (sale scommesse, sale bingo, corner etc), per la mancata indizione, dal 2013 (per il bingo) e dal 2016 (per le scommesse sportive), delle procedure di gara ed il rischio di infrazione europea. Proprio per evitare possibili criticità a livello europeo ed in virtù delle richiamate finalità di garantire migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede e di prevenire il rischio di accesso ai minori di età, espressione della Conferenza Unificata del 2017, l’Associazione richiama la necessità di un riordino organico e contestuale del comparto.
TITOLO II – IL RAPPORTO CONCESSORIO PER I GIOCHI A DISTANZA
CAPO I – Art. 6 Giochi pubblici a distanza e sistema concessorio
La procedura di gara prevista all’art.6, co. 5 e seg. dello Schema di Decreto riguarda l’attribuzione ex novo dell’intero novero di concessioni per l’esercizio della raccolta di giochi pubblici online e andrà a definire l’assetto della predetta attività per tutto il periodo di vigenza delle nuove concessioni (nove anni). L’Associazione ritiene tuttavia che, per effetto di alcuni requisiti e caratteristiche previste, la procedura di gara potrebbe generare discriminazioni in materia di partecipazione con conseguente concentrazione dell’attività in mano ad un numero ristretto di concessionari che rischierebbero di essere indotti ad offrire servizi meno efficienti ovvero ad erogarli a condizioni meno vantaggiose, a danno degli utenti. Lo Schema di Decreto prevede, all’art. 6, co. 5 lett. p) dello Schema di Decreto, un costo una tantum di sette (7) milioni di euro per singola concessione (e per singolo sito internet di offerta di gioco) per l’esercizio della raccolta di giochi online. Il costo è ben 35 volte superiore rispetto a quello del bando precedente del 2018. La Relazione Tecnica di accompagnamento allo Schema di Decreto illustra come le ragioni poste a fondamento di tale incremento così significativo si basano sull’aumento della raccolta del gioco a distanza (dapprima identificato nell’ordine del 100% fra il 2019 e il 2022, salvo poi essere identificato nell’ordine del 30% fra il 2019 e il 2023). A tal proposito, non mi dilungherò nel ricordare l’irrilevanza della raccolta in alcun contesto economico secondo i più recenti e ormai consolidati (dal 2016) principi contabili, che imporrebbero l’uso della differenza fra raccolta e vincite (c.d. “margine lordo”), poiché è evidente che tale misura sia stata artatamente selezionata a posteriori, per giustificare l’importo, che da intenzioni e bozze trapelate era in principio di 10 e poi 8 milioni. Sul punto, è degno di menzione il calcolo sottostante svolto nell’ambito dell’Analisi di impatto della regolamentazione (“A.I.R.”): “l’incidenza sul margine al netto degli investimenti va dal 3,22% annuo del concessionario più grande e raggiunge il 20% per i concessionari molto più piccoli. In questa forbice ci sono 46 concessionari che diventano 52 se l’incidenza arriva al 30%”. Con il successivo passaggio che si sviluppa la contraddizione più evidente: “Considerato che l’80% della raccolta fa capo a 20 concessionari e che tutti gli altri sono concessionari di medie dimensioni si ritiene che siamo almeno 30 le medie imprese già operanti che possono trovare remunerativa la partecipazione alla gara” (p.7), nel concludere che “il provvedimento non genera impatti negativi sulla concorrenza”. Ovvero, l’insoddisfazione dei criteri economici di remunerazione (ovvero esclusione de facto) di 43 concessionari, secondo le premesse, come può non esser considerata “impatto negativo sulla concorrenza”? In ogni caso, confrontando la spesa per il gioco online fra il 2019 e il 2022, si evidenzia pressoché un raddoppio dei valori (da €1,8 a €3,8 miliardi) che comunque non giustifica un incremento così drastico del costo una tantum della concessione, specialmente se rapportato a: – il corrispondente requisito economico degli ultimi bandi per l’esercizio del gioco a distanza indetti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ai sensi dell’art. 24, co. 13, lett. a) della Legge 7 luglio 2009 n. 88 nonché ai sensi dell’art. 1, co. 935, della Legge 28 dicembre 2015 n. 208. In particolare, si ricorda come l’ultima procedura di aggiudicazione, risalente al gennaio 2018, ha previsto un costo una tantum di €200.000,00 (duecentomila) per concessione (senza alcun limite numerico di sito di offerta di gioco) per una durata – secondo i calcoli dell’Amministrazione dell’8 giugno 2023 – di 7 anni ed un canone di concessione annuo di importo calcolato sia su base fissa (€50.000) che variabile. Questo suggerirebbe – anche volendo applicare un incremento correlato al volume di affari, circostanza mai verificatasi in passato di applicare oggi un costo una tantum non superiore a €400.000 per la medesima durata; e – la previsione legislativa che innalzava significativamente l’importo del costo una tantum della concessione ad €2.500.000 (due milioni e cinquecentomila/00) come valore a base d’asta per soli 40 concessionari, ai sensi dell’art. 1, commi 727- 730 della Legge 27 dicembre 2019 n. 160, era ancorata come “diritto” e non come singola “concessione” nell’ambito della procedura di assegnazione dei giochi praticati mediante apparecchi da gioco. La stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non vi ha dato attuazione ed, essendo rimasta inattuata tale disposizione di legge, si ritiene a maggior ragione artificioso identificarla come base di calcolo per determinare un qualsivoglia incremento. In secondo luogo, tale incremento drastico del costo della concessione non trova alcun riscontro nel panorama legislativo e regolatorio applicabile al costo delle licenze negli altri Stati europei (Stati Membri e Regno Unito), ponendo l’Italia inequivocabilmente ai vertici per quanto concerne l’incidenza dei costi di concessione. Piuttosto, nella maggior parte degli altri Stati, ha prevalso l’applicazione del costo di licenza parametrato al volume d’affari netto dell’operatore licenziatario, opzione certamente più rispettosa del principio di proporzionalità e di non discriminazione. Non ultimo, va considerata anche le modalità di pagamento del corrispettivo una tantum che comporta, per gli operatori già attivi sul mercato, il versamento contestuale dei €7 milioni per la contestualità della sottoscrizione dell’atto di aggiudicazione con l’avvio della raccolta di gioco, in violazione dei principi europei di non discriminazione, di parità di trattamento, di mutuo riconoscimento e di proporzionalità nelle condizioni di accesso al mercato. Qualora il suddetto requisito economico fosse confermato, è stata stimata una partecipazione al bando non superiore a 20 concessionari rispetto ai 93 attualmente esistenti, al netto di nuove forme di aggregazione, con un inevitabile e ingiustificato effetto espulsivo di due terzi del mercato legale. Contrariamente a quanto sostenuto dalla citata A.I.R., verrebbe così vanificato l’espletamento della procedura ad evidenza pubblica, in palese violazione del rispetto del principio del favor partecipationis e il corretto dispiegarsi delle dinamiche competitive favorendo la concentrazione del mercato: Infine, la relazione tecnica che accompagna lo Schema di Decreto precisa le attese in termini di gettito erariale “immediato e diretto”, pari a 350 milioni di euro. Non vengono rappresentati, prima di tutto ed in associazione con il considerevole aumento del costo della concessione una tantum quale requisito di accesso al mercato, alcuni obiettivi attinenti a motivi imperativi di interesse generale. Ora, è bene ricordare come, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale nazionale ed europeo, l’esigenza economica di aumentare gli introiti dello Stato, di “fare cassa”, non può mai giustificare una restrizione del mercato: “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che, laddove sia dimostrato che una normativa nazionale, la quale impone un prelievo avente per effetto una riduzione dei compensi dei concessionari incaricati della gestione dei giochi praticati mediante apparecchi da gioco, comporta una restrizione della libertà garantita da questo stesso articolo, tale disposizione del Trattato FUE osta a che una restrizione siffatta possa essere giustificata sulla scorta di obiettivi fondati esclusivamente su considerazioni attinenti al miglioramento delle finanze pubbliche”.
CAPO II – Art. 13 Punti vendita ricariche
L’attuale previsione dell’art. 13 dello Schema di Decreto prevede una “regolarizzazione” degli esercenti dei servizi di apertura e ricarica dei conti di gioco, c.d. punti vendita e ricarica (o “P.V.R.”), previa iscrizione ad un albo, tenuto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a fronte del pagamento di un importo annuo di €200, importo decrescente per gli anni successivi. In considerazione delle derive penalmente rilevanti (di intermediazione nell’offerta di gioco) che sono state riscontrate nell’attività dei P.V.R., si ritiene utile sottolineare come già nel maggio del 2022, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha instaurato un registro dei PVR contrattualizzati dagli attuali concessionari. Senza una procedura di aggiudicazione dei relativi diritti ed una definizione di un sistema di regole relative alla distribuzione territoriale e temporale dei P.V.R., non appare netta la distinzione con i punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico. Anzi, l’A.IR. indica che “i PVR possono essere presenti solo in punti di raccolta gioco già esistenti” (p. 5). Ma soprattutto, senza una procedura di aggiudicazione ex novo dei relativi diritti, viene così conferito un vantaggio competitivo al partecipante alla procedura di gara che già dispone di una rete di P.V.R. Sono pienamente mutuabili le osservazioni rese dall’AGCM con parere AS 1597 del 5 agosto 2016 in relazione alla gara per l’attribuzione delle concessioni per la raccolta di scommesse e segnatamente ai gestori dei negozi, in cui veniva rappresentato come: “Al fine di favorire la più ampia partecipazione in sede di gara, l’Autorità invita inoltre codesta Agenzia a intervenire, in forza dei poteri di vigilanza e controllo a lei attribuiti, affinché siano risolte le criticità delle previsioni contrattuali in materia di durata e rinnovo presenti nei vigenti contratti tra i concessionari e i gestori dei negozi dei giochi a base sport, che non risultino conformi alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1, lettera b), delle attuali convenzioni; nonché ad attivarsi al fine di evitare che tali criticità siano replicate a seguito della futura gara. Tali previsioni contrattuali, infatti, estendendo la durata del rapporto contrattuale tra concessionario e gestore oltre il periodo di vigenza della attuale concessione, rischiano sia di impedire la partecipazione alla procedura concorsuale di un elevato numero di gestori in grado potenzialmente di esercitare, al margine, una concorrenza anche sensibile in sede di gara, sia di ostacolare la mobilità dei gestori a valle della gara.”
CAPO II – Artt. 14 e 15 Tutela della salute del giocatore – Misure di tutela e protezione del giocatore
L’Associazione condivide l’inserimento nell’ambito dello Schema di Decreto, di misure e strumenti idonei a consentire al concessionario un maggiore controllo sul grado di partecipazione al gioco dei giocatori più esposti al rischio di gioco patologico, purché queste misure vengano attuate: ▪ tenendo conto delle misure e strumenti già esistenti in Italia (e.g. il Registro dei giocatori online autoesclusi, immediato e contestuale su tutti i siti degli operatori concessionari) e come già sviluppati sui diversi mercati europei ed internazionali; ▪ in maniera coordinata con l’adozione di misure relative all’offerta di gioco su rete fisica (e.g. in cui il Registro unico degli autoesclusi è assente). L’Associazione ha ben presente le considerazioni dello studio epidemiologico compiuto dall’istituto superiore della sanità a fine 2017 richiamata dall’A.I.R.in cui il profilo del giocatore problematico è stato individuato in coloro “che praticano più le Slot e le videolotterie e presentano stili di vita meno salutari”. L’Associazione ha messo a disposizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la propria esperienza ed auspica la creazione di un tavolo di lavoro ad hoc, essendo l’unica associazione a partecipare insieme all’ente di normazione nazionale UNI ai lavori di standardizzazione europea per l’individuazione di standard in materia di indicatori di rischio di gioco patologico, c.d. markers of harms, in via di definizione ed adozione dall’ente di normazione europeo (CEN). Riguardo all’investimento della somma pari allo 0,2% dei ricavi netti del concessionario fino ad un tetto massimo annuo, si rappresenta come, già nel 2018, l’Associazione aveva proposto piuttosto di destinare annualmente una parte del valore dell’attività di pubblicità dei concessionari al fondo per il contrasto d’azzardo patologico di cui all’articolo 1 co. 946 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
CAPO II – Art. 15 co. 2 Investimenti pubblicitari e promozionali
Anche nell’ottica di poter comunicare le misure di tutela e di protezione del giocatore, l’Associazione propone di superare il divieto di pubblicità, sponsorizzazioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale per le attività di gioco con vincita in denaro, previsto all’art. 9 c.1. del Decreto-legge n. 87 del 12.7.2018 (convertito in Legge n. 96 del 9.8.2018). Ad oggi, l’articolo 3, co. 1, lett l) dello Schema di Decreto prevede, tra i principi generali, l’utilizzo della pubblicità del gioco pubblico in funzione della diffusione del gioco sicuro e responsabile. L’art. 15, co. 2 dello Schema di Decreto reintroduce la possibilità, per il concessionario per il gioco online, “di investimenti pubblicitari e promozionali” nell’imporre un importo annuo da destinarsi a campagne informative o di iniziative di comunicazione responsabile. La pubblicità è uno strumento essenziale per rendere nota l’offerta legale, l’esistenza dei prodotti/servizi di gioco, le modalità di accesso e tutele presenti per i giocatori. Un giocatore che conosce e riconosce un determinato marchio è un giocatore che permetterà a quella determinata società concessionaria di svolgere il proprio ruolo di baluardo della legalità per conto dello Stato stesso che rappresenta. Questa esigenza di distinzione tra gioco legale e illegale ha costituito il pilastro fondante dell’intero impianto normativo del comparto di gioco nell’ultimo decennio. Lo afferma anche la Raccomandazione della Commissione europea del 14 luglio 2014 “sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo on line”, secondo la quale “le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d’azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell’orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate”. I principi e limiti posti dalla Raccomandazione non sono mai stati recepiti dal legislatore nazionale che pur si era prefissato di farlo, entro tre mesi dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 (art. 1 par 937). L’Associazione ritiene che il divieto di pubblicità per il gioco pubblico nasca da una confusione ab origine tra la quantità e la qualità di un determinato spot pubblicitario. Tuttavia, l’azzeramento totale della comunicazione pubblicitaria non è una soluzione coerente con l’impianto normativo nazionale ed europeo: prima dell’introduzione del divieto ed anche successivamente, non è stata fatta alcuna indagine sull’impatto della pubblicità del gioco a distanza né sulle problematiche relative al gioco patologico, tale da supportare un divieto. Le indagini attualmente a disposizione, svolte dall’ISS, presentano elementi utili a non confermare l’opportunità del divieto introdotto. Lo Schema di Riordino potrebbe essere l’occasione per sostituire il divieto di pubblicità e di comunicazioni commerciali con una rigida disciplina delle stesse, dando attuazione ai principi posti dalla citata Raccomandazione della Commissione europea del 14 luglio 2014 “sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo on line”, rimasta inattuata. Inoltre, in considerazione delle aspettative di incasso, già citate, di 350 milioni, ovvero un’attesa di 50 concessioni acquisite rispetto al soddisfacimento dei requisiti di profittabilità per 30 dei concessionari esistenti, secondo le premesse già citate, non è dato sapere come il Governo intende anche solo immaginare (per differenza) la partecipazione di 20 nuovi soggetti, i quali non avranno alcuna possibilità di pubblicizzare i propri marchi, men che meno i servizi oggetto di Concessione.
CAPO II – Art. 22 Contrasto all’offerta di gioco a distanza in difetto di concessione
L’Associazione plaude all’introduzione del contrasto all’offerta di gioco a distanza in difetto di concessione attraverso l’impedimento “ai prestatori di servizi di pagamento (de, ndr) la gestione di operazioni di raccolta e di versamento delle somme relative ad operazioni di gioco in favore e per conto di soggetti privi della predetta concessione.” Trattasi di una iniziativa estremamente significativa che risponde ai molteplici appelli di LOGiCO che sin dalla sua costituzione ha sollecitato l’istituzione di un tavolo di lavoro congiunto tra Ministero, ADM, e l’associazione bancaria italiana ABI e l’associazione per analizzare e superare le difficoltà attuative dell’art. 24 co. 29 a 31 Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria [Manovra d’estate 2011] convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1 Legge del 15 luglio 2011, n.111 che obbligava gli istituti di credito e di pagamento a segnalare all’ADM i trasferimenti di denaro a favore di operatori non concessionari in Italia. Tra i successivi tentativi in materia, vale la pena menzionare anche l’art. 28 del Decreto fiscale per il 2019 aveva introdotto il blocco dei pagamenti in favore di operatori di gioco online privi di concessione al fine di rendere maggiormente tracciabili i flussi di pagamento, di contrastare l’evasione fiscale e le infiltrazioni della criminalità organizzata, a carico delle società emittenti carte di credito, degli operatori bancari, finanziari e postali. Tale previsione non ha mai ricevuto i provvedimenti interdirigenziali del Ministero dell’economia e delle finanze attuativi. A tal proposito, appare quantomeno curioso che tale “scudo” venga nuovamente riproposto in concomitanza con la preannunciata espulsione di una folta schiera di concessionari, i quali hanno dovuto combattere con gli operatori illegali, in assenza di tale scudo. Quasi ad assicurarsi che, una volta espulsi, grazie allo scudo stesso, costoro non possano più nuocere, in assenza della concessione che pur legittimamente avrebbero voluto rinnovare.
L’accordo internazionale di liquidità condivisa
L’accordo internazionale sulla liquidità condivisa nel poker siglato a Roma nel 2017 dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con i regolatori di Francia, Spagna e Portogallo, è tuttora in attesa del decreto direttoriale attuativo, ovvero si può considerare sia stato definitivamente archiviato, nonostante i principali operatori nazionali, in prima battuta contrari all’iniziativa, siano stati nel frattempo curiosamente acquisiti dai medesimi Gruppi internazionali primariamente interessati a tale progetto. Gli altri Paesi hanno dato corso all’accordo a partire del primo trimestre 2018 per Spagna e Francia, a cui si è aggiunto il Portogallo nel secondo trimestre. I regolatori non hanno rilevato alcun tipo di problematica o rischio nell’offerta in liquidità condivisa, men che meno le presunte problematiche di riciclaggio identificate dall’Italia (v. interrogazione parlamentare del Sen. Mirabelli 4/08165 del 3.10.2017). I benefici per gli altri Paesi sono stati evidenti. Grazie soprattutto alla liquidità condivisa le entrate fiscali derivanti dal poker sia in Francia sia in Spagna sono aumentate di circa €4 milioni l’anno. Secondo alcune stime interne all’Associazione, anche l’introduzione in Italia potrebbe comportare un incremento di gettito stimato in almeno €3 milioni l’anno. In Italia, rimasta fuori dalla liquidità condivisa, il poker ha continuato a perdere quote di mercato nonostante gli investimenti degli operatori concessionari. La liquidità condivisa è sostenuta da tutti gli operatori aderenti a LOGiCO come urgente misura per mantenere la competitività dell’offerta legale nell’ambito del poker.
Considerazioni conclusive
L’Associazione auspica che si possano trovare soluzioni che consentano da un lato il rispetto della normativa e allo stesso tempo permettano ad operatori concessionari di continuare ad operare in un settore sicuramente importante, anche per l’economia. Ribadisco in questa sede la disponibilità dell’Associazione a proseguire nel confronto con tutti i soggetti interessati, con l’obiettivo di individuare soluzioni condivise.
Acadi EGP-FIPE Sapar
Attuazione della delega parlamentare
La Delega fiscale (L. 111\2023, art. 15) prevede un riordino normativo del mercato dei giochi in denaro: riordino prioritario in quanto materia da anni al centro di differenti visioni tra Stato, Regioni e Comuni, al punto tale da impedire le procedure di riattribuzione delle concessioni statali del bingo, delle scommesse e delle reti di gestione degli apparecchi da gioco (oggi tutte in scadenza, prorogata, a fine 2024, come pure i giochi online) e da lasciare incertezza sull’efficacia delle politiche di prevenzione delle dipendenze patologiche. La regolamentazione dei giochi in denaro (“pubblici”) ha garantito, da oltre 20 anni, controllo dell’ampia parte dell’offerta da parte dello Stato, preservando la legalità, sperimentando politiche di prevenzione delle dipendenze e del gioco minorile e sviluppando un’economia emersa ed osservata nel 2023 delle dimensioni di circa 20 miliardi di euro annui (oltre 12 all’erario). Sarebbe stato auspicabile che il riordino riguardasse contemporaneamente l’intero comparto nella sua interezza: on line, fisico e fiscalità, in modo da poter avere un quadro unico di riferimento che consentisse ad ogni verticale di gioco di avere pari dignità e spazio competitivo, contemperando gli interessi dei concessionari e delle filiere affidatari dei vari giochi e quello dell’Erario. Allo stato attuale si è ritenuto di dare priorità al gioco on line.
Anticipazione della regolamentazione del gioco online
Lo schema inizialmente approvato dal Consiglio dei Ministri pone primaria attenzione al gioco online, equivalente tuttavia solo al 20% del valore del mercato legale (spesa del giocatore) ed al 10% delle entrate erariali ma almeno al 50% del valore del mercato “nero”, sommerso e sottoposto alla concorrenza mondiale nel web (ma anche di device digitali illegali presso esercenti sprovveduti, conniventi o ricattati dalla criminalità). Questo schema: 1) eleva molto il livello finanziario richiesto per l’esercizio delle concessioni online di futura assegnazione (alzando inevitabilmente barriere all’ingresso di PMI e espellendo dal mercato decine di operatori Italiani) 2) regolamenta severamente le ricariche in contanti dei conti di gioco online presso i punti vendita nel territorio, favorendo l’utilizzo di strumenti tracciabili; 3) in particolare, richiede il divieto per i prestatori di servizi di pagamento della gestione di operazioni a favore o per conto di soggetti privi delle concessioni per i giochi. Sui punti 1) e 2) devono segnalarsi le possibili ripercussioni su PMI italiane, di cui molti concessionari di gioco fanno parte, e sulle abitudini di consumo dei giochi pubblici, nei quali i giocatori sono abituati all’uso del contante. Va altresì segnalato il rischio di rapidi e massivi riversamenti delle giocate nel gioco illegale (mediato con strumenti online nei punti vendita non regolari) che, presumibilmente, solo in minima parte verrebbe interessato dalla pur necessaria attuazione del divieto di pagamenti per attività di gioco “cross border” ..
Evoluzione del mercato dall’Intesa raggiunta (e non attuata) nel 2017
Il mercato oggetto dell’Intesa in Conferenza Unificata del 2017 è profondamente mutato (nella tabella allegata “Evoluzione mercato regolamentato dei giochi con denaro 2017 – 2023” sono dettagliati i dati): ► nel 2017 le giocate sull’online erano 25,8 mld su 100,4 (25%) mentre nel 2023 hanno raggiunto 81 mld su 145 (56%); per le differenti regole di prodotto e di restituzione in vincita tra canali, la spesa (giocato –vinto) dei giocatori sull’online è passata da 1,4 mld su 19,1 (7%) del 2017 a 4,4 mld su 20,8 (21%) del 2023. Il contributo fiscale è salito solamente dal 3% all’11% del totale (1,1 miliardi su 10,5) per le percentuali di prelievo minori applicate all’on line anche in considerazione della competizione internazionale, anche illegale; ► la rete di punti vendita delle diverse concessioni ha subito una contrazione quantitativa: in particolare, la rete degli apparecchi da gioco (oggetto dell’Intesa 2017 e della maggior parte delle misure restrittive in termini di distanze ed orari, regionali e comunali) si è ridotta da oltre 89.000 punti vendita del 2017 (con oltre 510.000 apparecchi) a circa 53.000 punti del 2023 (con 283.500 apparecchi), esattamente il punto di arrivo della riduzione prevista dall’Intesa in Conferenza Unificata del 2017; nel periodo dal 2017 al 2021 vi sono stati ben sei progressivi aumenti di aliquota fiscale sugli apparecchi (PREU) con conseguente riduzione del margine di filiera di ben oltre il 30%, senza considerare i quasi 12 mesi di annullamento dei ricavi per l’emergenza pandemica; ► contestualmente alla progressiva crescita del gioco online si sono ridotte anche le altre reti in concessione, nonostante siano sostanzialmente prive di vincoli territoriali ed orari posti dalle disposizioni regionali e comunali.
Andamento dei consumi e delle dipendenze patologiche
Pur nell’assenza da anni di indagini epidemiologiche delle dimensioni di quella dell’Istituto Superiore di Sanità (2018), le analisi multiscopo del CNR-IFC (ESPAD – IPSAD) offrono dati* al 2022, dai quali si può riportare che: ► 20,5 milioni di persone hanno giocato nel corso del 2022, dei quali 10 milioni mensilmente; ► la maggior parte di chi ha giocato nell’anno è risultata avere un comportamento di gioco esente da rischi (87%), il 9,1% dei giocatori presenta un rischio “minimo” e il 4% un rischio “moderato” o “severo”; ► i giocatori con profilo di rischio moderato o severo praticano tutte le tipologie di gioco analizzate; non è quindi la tipologia di gioco ad incidere sul fattore vulnerabilità: una slot è al pari di un gratta&vinci. L’analisi approfondita dei comportamenti di gioco sui differenti prodotti risulta essenziale per decisioni regolatorie consapevoli e tali da minimizzare i rischi di ritorno all’illegalità ed all’economia sommersa oltre che di inefficacia sui soggetti a rischio.
Obiettivi auspicabili di regolamentazione ed Intesa Stato – Autonomie
Circa 140.000 dei 150.000 occupati nel gioco regolamentato operano a presidio del territorio nei punti vendita (circa 70.000 esercenti ed imprenditori e 70.000 lavoratori dipendenti delle sale specializzate e dell’indotto), generando l’economia osservata di settore oltre che la più consistente parte del gettito erariale statale (a legislazione vigente, il 90% dei prelievi – sulle somme giocate, sui margini degli operatori o sulle vincite dei giocatori, ove previsto- deriva dai giochi offerti nei punti vendita). Un equo contemperamento di tutti gli interessi costituzionali incidenti sull’offerta di gioco (premessa esplicita della delega parlamentare per il riordino dei giochi) richiede, per quanto sopra, che la imminente ulteriore decretazione delegata sui giochi offerti nei punti vendita e sulla fiscalità: ► preveda una distribuzione del gioco fisico equilibrata, che tenga ugualmente conto della potenziale rischiosità di tutti i giochi in denaro, anche se offerti in uno dei circuiti legali; o per tipologie di esercizi (specializzati, ad accesso controllato o non specializzati, ad accesso libero); o per tutti i prodotti (Lotto, Superenalotto, Lotterie, Scommesse, Bingo, Apparecchi da gioco) in concessione), ricercando anche armonizzazione di percentuali di montepremi e prelievi erariali; o con chiara delimitazione tra canale fisico e canale online, ferme le esigenze di ricarica dei conti di gioco online anche nei punti vendita, per rispondere alla domanda di multicanalità. ► siano valutate le migliori soluzioni di prevenzione guardando alle dimensioni effettive di consumo di gioco del 2023 (con la crescente dimensione del gioco online, da un lato, e la contrazione raggiunta dell’offerta di apparecchi, dall’altro); ► siano maggiormente valorizzate le responsabilità e le azioni degli esercenti e delle reti telematiche di controllo, regolamentando uniformemente a livello nazionale la formazione certificata degli operatori di gioco per la prevenzione del DGA, sviluppando la razionalizzazione degli spazi di gioco e l’utilizzo delle reti per i controlli di accesso, implementando così i registri nazionali di autoesclusione in tutti gli esercizi che offrono giochi pubblici; ► siano riconosciuti a livello legislativo tutti i ruoli delle verticali distributiva delle filiere, incluso quello delle aziende di gestione degli apparecchi di cui all’art.110 comma 6, lett. a) TULPS (AWP) che garantiscono la maggior parte degli introiti erariali afferenti al gioco pubblico (4 mld nel 2023 sui 5.5 complessivi derivanti dagli apparecchi). Tali scelte dovrebbero essere validate anche negli Osservatori sul fenomeno, nazionale e regionali, nei quali – ad eccezione della Regione Campania – gli operatori di settore non sono ammessi nonostante rappresentino il punto di contatto con i consumatori. Infine, è auspicabile nel quadro di un’Intesa in Conferenza unificata la definizione di forme di compartecipazione delle Regioni e Province autonome (ed all’interno di esse, dei Comuni) al gettito di tutti i prodotti di gioco regolamentati, compresi quelli a distanza (sulla base dei dati di residenza dei giocatori iscritti presso i siti in concessione statale).
ASTRO
Innanzitutto, grazie per l’opportunità che ci viene offerta di sottoporre alla Vostra attenzione le considerazioni di questa Associazione sul cosiddetto riordino degli assetti regolamentari del gioco pubblico da remoto. Il decreto attuativo della Delega fiscale che siamo a commentare è già stato oggetto di valutazione nelle precedenti sedi di confronto. Per economia di tempo si tralasciano le pur importanti considerazioni relative alla particolare onerosità dei costi di partecipazione alla gara per l’affidamento in concessione del gioco pubblico da remoto, senza pari in Europa, ed agli impatti sulle aziende italiane, piccole e medie, presenti nel settore, destinate a concludere la loro esperienza con conseguente riduzione degli occupati e dei redditi delle rispettive famiglie. È stata fatta una scelta orientata verso un mercato concentrato e tendenzialmente costituito da aziende di dimensioni più importanti, che determinerà inevitabilmente dei contraccolpi a livello occupazionale. Il decreto, peraltro, interviene anche sui modelli distributivi consolidatisi in questi anni e sinora riconosciuti dalla vigente regolazione. Nel tempo, infatti, si sono affermati un modello basato sulla diffusione dell’offerta di gioco mediante strumenti collegati e derivati dalle tecnologie dei concessionari, le cosiddette skin, ed un altro basato sulla convergenza tra canale fisico ed online attraverso le attività consentite ai cosiddetti “punti vendita ricariche” in materie accessorie all’offerta di gioco, vietata in tali sedi, come la ricarica dei conti di gioco, l’assistenza per la sottoscrizione dei contratti e la movimentazione dei conti. Entrambi questi modelli, che hanno favorito negli ultimi anni una notevole riduzione del gioco illegale, nonché garantito redditività a soggetti appositamente costituiti o impegnati prioritariamente in altre attività, escono cancellati (il modello skin) o fortemente ridimensionati (il modello pvr) dalle nuove regole. La riflessione fondamentale su queste scelte non può che riguardare le ragioni che ne sono alla base. La forte preoccupazione, cioè, che attraverso questi canali ritrovino spazio fertile fenomeni di illegalità nell’ intermediazione dell’offerta di gioco e/o nel riciclaggio di capitali. Non vorremmo che un approccio del genere dimenticasse quali e quanti strumenti di controllo la tecnologia dei concessionari e di SOGEI mette a disposizione per intercettare comportamenti anomali in un settore in cui le transazioni sono tutte tracciate, per cui l’operatore illegale ha più facilità ad esercitare la propria attività al di fuori dei circuiti controllati, come fanno i soggetti che offrono gioco per conto di bookmakers privi di concessione ovvero costituendosi in centri trasmissione dati. Non si vuole negare la necessità di controlli stringenti sui modelli distributivi descritti, ma si ritiene che un modello che preveda un numero limitato di skin per ogni concessione, anche a titolo oneroso, non avrebbe sollevato quei rischi che l’eccessivo ricorso allo strumento nel passato ha fatto presupporre, evitando il possibile riversamento sul gioco illegale, e senza effetti negativi sul gettito previsto dalla futura gara. Analogamente, per il modello distributivo basato sui cosiddetti pvr, appare di tutta evidenza che i concessionari di riferimento hanno tutti gli strumenti per verificare e segnalare operazioni anomale, sia sotto il profilo di comportamenti illegali che di pericolosità sociale legate a forme di dipendenza. La norma prevede il divieto di prelevamenti dal conto e la limitazione dell’uso del contante anche per le ricariche a 100 euro settimanali per cliente. Probabilmente non serve ribadire che le transazioni sui conti di gioco sono tutte tracciate e, quindi, rilevabili anche con riferimento a fenomeni di intermediazione (conti fittizi utilizzati per giocare o riciclare). E, conseguentemente, che è più semplice per l’operatore illegale muoversi al di fuori dei percorsi tracciati. Né serve sottolineare che è presumibile che una percentuale, potenzialmente importante, degli esercizi espulsi dal circuito regolare andrà ad accrescere l’area illegale. Questo fenomeno solo in minima parte verrebbe escluso dalla pur necessaria attuazione del divieto di pagamenti per attività di gioco “cross border”. Certo, appare stridente la contraddizione di una limitazione dell’uso del contante in un Paese in cui recentemente l’impiego del contante è stato elevato sino a 5.000 euro. Come appare contraddittoria una forte limitazione dell’uso del contante per una attività pienamente tracciata, che rischia di alimentare flussi illegali e incontrollabili. Un ripensamento su tali aspetti sarebbe assai auspicabile ed eviterebbe l’espulsione di circa 20.000 esercizi dal settore, come previsto dal MEF nella relazione di accompagnamento al decreto.
FIT-STS
Mi sia consentito, prima di analizzare le questioni di nostro interesse, manifestare apprezzamento nei confronti del Governo, che dopo un lungo periodo di stasi e di proroghe, ha infine messo mano alla riforma del comparto da lungo tempo attesa. L’articolo 13 dello schema di decreto legislativo di riordino sul gioco online attualmente al vaglio del Senato, riconosce le rivendite di generi di monopolio autorizzate alla raccolta di giochi pubblici e gli esercizi titolari di autorizzazione ai sensi degli artt. 86 o 88 TULPS come luoghi fisici in cui il giocatore può ottenere l’assistenza per l’apertura, ricarica e chiusura di un conto di gioco. L’individuazione di una rete controllata per la vendita di ricariche di un conto di gioco rappresenta, a nostro avviso, una scelta del tutto naturale tenuto conto del presidio che lo Stato intende esercitare su tale specifica attività. In tal senso, le tabaccherie rispondono appieno a tale requisito, rappresentando la rete fisica dello Stato ed assicurando un capillare presidio del territorio grazie ad un regime di concessione diretta, assegnata ai richiedenti previa verifica della sussistenza di determinati requisiti di natura oggettiva e soggettiva. Perdipiù, i rivenditori di generi di monopolio sono soggetti al rilascio di un’idoneità professionale all’esito di specifici corsi di formazione tenuti dall’Amministrazione Finanziaria (art. 6, lett.9-bis, legge n. 1293/57). Non a caso, infatti, per ragioni di tutela del consumatore, dell’ordine pubblico e della salute pubblica nonché di certezza del gettito erariale, alla figura del tabaccaio è demandata la delicata vendita di tabacchi e prodotti assimilati e -fin dai primi anni ’80- la gestione in via esclusiva della raccolta del Gioco del Lotto, anch’essa assegnata in regime di concessione dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli. I tabaccai, inoltre, costituiscono la maggiore rete di vendita delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea (Gratta e Vinci) e differita nonché degli altri classici giochi di ricevitoria (Superenalotto, corner scommesse, concorsi pronostici, AWP). Per tale motivo la Federazione Italiana Tabaccai (FIT) e il Sindacato Totoricevitori Sportivi (STS), in rappresentanza della quasi totalità delle rivendite di generi di monopolio e dei tabaccai titolari di ricevitoria di giochi, scommesse, concorsi pronostici e apparecchi da intrattenimento, esprimono il proprio plauso alla scelta fin qui adottata di ricomprendere i tabaccai tra i Punti Vendita di Ricariche. Altresì, alla luce delle predette peculiarità e tenuto conto che l’individuazione delle tabaccherie come Punti di Vendita Ricariche soddisfa buona parte delle richieste recentemente avanzate in sede di Conferenza Unificata, auspichiamo che ai titolari di una tabaccheria venga confermato, anche nella futura rimodulazione della rete fisica, il ruolo di operatore professionale di gioco, unitamente a reti specializzate e generaliste in possesso di specifici requisiti soggettivi e oggettivi. In tema di dislocazione degli esercizi e diversamente da quanto recentemente osservato, il riconoscimento dell’attività dei Punti di Vendita Ricariche con un albo nazionale non estende in alcun modo l’offerta e, quindi, la platea dei potenziali giocatori. In proposito, riteniamo doveroso puntualizzare che la rete dei punti vendita di ricarica non vada confusa con la rete di raccolta di gioco su rete fisica, con le inevitabili conseguenze che ne deriverebbero in relazione alla loro localizzazione e al possesso di requisiti ed eventuali vincoli ulteriori rispetto a quelli di cui al citato art. 13. Esplicitare che la rete di vendita delle ricariche non costituisce un’estensione della rete di vendita terrestre (la cui regolamentazione peraltro è demandata a un separato e successivo provvedimento), e che la commercializzazione delle ricariche non è assimilabile a un’attività di gioco in senso stretto, avrebbe un sicuro vantaggio in termini di interpretazione e applicazione della normativa di settore. Sebbene possa ritenersi condivisa l’esigenza della definizione di un albo telematico per la registrazione dei soggetti che svolgono attività di Punti Vendita di Ricariche, perplessità emergono in ordine all’onerosa richiesta di pagamento di un importo annuale pari a euro duecento per il primo anno e a euro centocinquanta per ciascuno degli anni successivi, posta a carico dei titolari dell’esercizio. L’ipotizzato versamento di una quota annuale per l’iscrizione all’albo, infatti, incide direttamente sulla redditività dei punti vendita di ricariche. Più in particolare, per quel che riguarda le rivendite di generi di monopolio, la redditività è in parte già assorbita dal pagamento di contributi fissi per la gestione della tabaccheria-ricevitoria (tra cui, a puro titolo di esempio, rammentiamo l’Una tantum novennale per la concessione di tabacchi e lotto, l’Una tantum per il terminale del Lotto, iscrizione all’elenco degli operatori che svolgono attività funzionale all’installazione degli apparecchi da intrattenimento e vari canoni per l’accesso ai servizi di gioco) e costi gestionali per la conduzione dell’attività in costante aumento (locazione, utenze, costi del personale, costi per l’accettazione della moneta elettronica, ecc.). Oneri di gestione che i rivenditori di generi di monopolio affrontano con crescenti difficoltà in virtù di aggi fissi definiti per legge o di margini erosi da una tassazione sempre più alta a fronte di costi per contro cresciuti oltremisura. Peraltro, sulla base di specifiche informazioni acquisite, si stima che attualmente la remunerazione media annua dei c.d. Punti Vendita Ricarica si assesti su valori inferiori alla somma complessiva di euro 100. Gli importi prescritti dalla disposizione in esame, se raffrontati con tale somma, evidenziano che, a condizioni invariate, nella realtà nessun esercente accetterebbe di intraprendere l’attività di punto di vendita di ricariche in quanto la stessa sarebbe evidentemente diseconomica. È altresì opportuno considerare che per l’iscrizione all’elenco degli operatori che svolgono attività connesse agli apparecchi da intrattenimento ex art. 110, comma 6, TULPS (Gestori – Esercenti – Produttori), è previsto un onere annuo pari a euro 150. Sostanzialmente, quindi, i PVR, in termini di costi di iscrizione, vengono dalla norma in esame equiparati ad una filiera di operatori che genera ricavi annui esponenzialmente superiori, dato questo che evidenzia l’irragionevolezza della disposizione in esame. Appare, dunque, doveroso il richiamo ad ogni utile approfondimento sull’opportunità di escludere la quasi totalità del canale fisico di commercializzazione delle ricariche dei conti di gioco a discapito della rete online ovvero incidere pesantemente sulla remunerazione riconosciuta al titolare del punto vendita ricariche per il tramite dell’introduzione di un ulteriore costo fisso annuo, tenendo in debito conto che i rivenditori di generi di monopolio non dispongono di strumenti e/o margini di manovra nella definizione dei prezzi al consumatore. Si richiede, dunque, una riduzione a 50 euro dell’importo attualmente prescritto nello schema di decreto legislativo per l’iscrizione all’albo ovvero, in via subordinata, una rimodulazione del medesimo, magari prevedendo il pagamento di una Una tantum soltanto all’atto della prima registrazione. Ai sensi dell’art. 13, comma 5, è previsto che le operazioni di ricarica effettuate presso i punti vendita ricariche sono consentite, nel limite complessivo settimanale di 100 euro, anche in contanti e mediante qualsiasi altro strumento di pagamento. A tal proposito preme segnalare un’estrema perplessità. L’individuazione della soglia massima di ricarica effettuabile presso i punti vendita ricariche in 100 euro settimanali ci appare infatti incoerente e inutilmente pregiudizievole. Preliminarmente, rileviamo che la tenuta e il funzionamento dei conti per il gioco online sono strettamente regolamentati e disciplinati dalla normativa di settore, e qualsiasi movimentazione, dall’attività di ricarica alla singola operazione di gioco fino all’attività di prelievo (nelle modalità consentite) è specificamente tracciata. Introdurre, pertanto, una limitazione ulteriore all’attività di ricarica, non ci appare coerente con alcuna finalità di controllo, considerato che il sistema che regola la tenuta del conto gioco rappresenta già di per sé, come appena ricordato, adeguati livelli di garanzia e sicurezza. Riguardo specificamente al quantum individuato, la soglia di 100 euro settimanali appare eccessivamente limitativa dell’operatività dei punti vendita ricariche, che rischiano di essere tagliati fuori dal mercato in oggetto con lo sviamento della clientela direttamente sui canali di ricarica online. Un controsenso, quello paventato, perché la rete territoriale, col filtro rappresentato dal ricevitore persona fisica, rappresenta una garanzia di sicurezza e affidabilità per qualsiasi giocatore, anche quello online che si rivolge ai punti terrestri per la semplice ricarica. Inoltre, come noto, il decreto in questione opera a monte una selezione qualitativa dei punti vendita abilitati alla vendita delle ricariche (ossia rivendite di generi di monopolio ed esercizi commerciali dotati di licenza di pubblica sicurezza ex artt. 86 e 88 del TULPS). Parimenti, il disposto impone ai PVR specifici requisiti, quali l’affissione all’esterno di insegne o targa di specifico riconoscimento, demandando all’Agenzia delle Dogane e Monopoli l’individuazione di caratteristiche e dimensioni. Parrebbe, dunque, che se da una parte il disposto mira ad implementare la tutela del giocatore tramite una rete di PVR qualificata e agevolmente individuabile, dall’altra ne limita irrimediabilmente l’operatività mediante l’introduzione di una soglia massima di transazioni settimanali che rischia di estrometterli dal mercato. In linea più generale, rileviamo che la misura in questione non appare in linea con l’attuale politica sull’utilizzo del contante che, ai sensi dell’art. 49, comma 3-bis, D. Lgs 21 novembre 2007, n. 231, ha fissato in 5.000 euro la relativa soglia. Introdurre un limite così stringente all’unico canale che consente l’attività di ricarica dei conti di gioco tramite contante, rappresenta dunque una contraddizione in termini. In sintesi, la disposizione che qui si discute rischia di avere un effetto dirompente in ordine all’eccessivo restringimento della rete fisica dei punti vendita di ricarica che partecipa in maniera funzionale, anche se indiretta, alla costruzione del sistema di raccolta e gestione del gioco a distanza. In conclusione, per quanto di interesse della categoria rappresentata, si chiede di ridurre l’importo del costo di iscrizione all’albo dei cosiddetti PVR nonché, in considerazione dell’ampia tracciabilità delle operazioni connesse, di rimodulare al rialzo l’ammontare della ricarica settimanale dei conti gioco costituendo l’attuale limite di fatto una esclusione dal mercato dei punti di ricarica che con il comma 1 dell’articolo 13 lo stesso legislatore ha voluto individuare come rete affidabile.
ENTAIN ITALIA
Il Gruppo Entain è leader internazionale nel settore dell’intrattenimento, opera esclusivamente in mercati regolamentati con oltre 140 licenze dislocate in 40 Paesi, 30 brand ed una forza lavoro di circa 30.000 persone. In Italia il gruppo è presente sin dalla prima fase di regolamentazione del settore e, con un investimento di oltre 100 milioni di euro, a partire dal 2006 è stato in grado di costruire una realtà che oggi impiega direttamente 450 dipendenti e, attraverso la propria rete di punti vendita, dà lavoro ad oltre 5.000 persone sull’intero territorio nazionale. È fortemente avvertita, da parte di tutti gli attori della filiera, l’esigenza di un riordino complessivo del settore dei giochi che per troppo tempo è rimasto in una fase di stallo, caratterizzata da un susseguirsi di interventi normativi non coordinati che hanno contribuito in maniera significativa ad aumentarne complessità ed incertezza. Da troppi anni, infatti, il comparto ha visto un susseguirsi di proroghe delle concessioni, in una logica di breve periodo che ha bloccato la capacità di programmare investimenti strutturali, con inevitabili conseguenze in termini di competitività del comparto anche a livello internazionale. È evidente quindi che da un processo di riordino finalizzato a ridisegnare le regole del settore per i prossimi 10-15 anni, gli operatori, ma anche tutti gli altri stakeholders cui la riforma è rivolta, si aspettino risposte chiare quantomeno sui seguenti temi: 1. definizione di nuove regole che guardino al futuro, e che siano ispirate da principi di trasparenza, chiarezza e stabilità; 2. riaffermazione della centralità del sistema concessorio, con nuove disposizioni in grado di contrastare il mercato illegale ed ogni forma di irregolarità ancora presente; 3. garanzia di un mercato competitivo e pienamente rispondente alle regole della concorrenza.
- Nuove regole per il futuro del settore, ispirate a principi di trasparenza, chiarezza e stabilità
I principi ed i criteri direttivi dettati per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici fondano le proprie radici sul regime concessorio e autorizzatorio, sul contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali nonché sulla prevenzione di fenomeni di riciclaggio o illegalità che potrebbero emergere da attività criminose. Il Governo, pertanto, ha inteso confermare, quale modello per la gestione dei giochi pubblici, l’affidamento in concessione di talune attività e funzioni pubbliche in materia di gioco, a seguito di procedura pubblica. L’indizione della nuova gara consentirà il rilascio di concessioni valide per 9 anni e, dalle stime riportate, produrrà circa 350 milioni di euro di una tantum a fronte dell’aggiudicazione prevista di 50 concessioni, ad un costo di 7 milioni di euro ciascuna. Nonostante il deciso incremento di costi per la partecipazione alla gara (35 volte più alto rispetto al valore dell’ultimo bando) e di gestione della concessione (con un aumento del canone di 3 concessione del 300%), la procedura di selezione, tanto attesa, appare la soluzione migliore per garantire una corretta programmazione degli investimenti degli operatori. Tra gli obiettivi esplicitati nella formulazione attuale del decreto ritroviamo la chiara volontà di restringere il numero di operatori “favorendo l’accorpamento dei concessionari di dimensione più ridotta, aumentandone l’affidabilità finanziaria e la relativa compliance”. Oggi i concessionari operanti sono pari a 93 operatori, il cui numero dovrebbe quindi ridursi sensibilmente, considerando che solo una parte degli attuali operatori potrà affrontare le condizioni economiche fissate dal bando per il “rinnovo” delle concessioni. La partecipazione alla gara richiederà, infatti, uno sforzo economico non paragonabile a quello del passato e capacità tecnico-infrastrutturali altrettanto importanti, considerati i principi fondamentali cui il riordino si ispira quali la tutela dei minori, la legalità del gioco, la promozione del gioco responsabile, la prevenzione del gioco illegale e che comporteranno ingenti investimenti per garantire piattaforme di gioco adeguate ai nuovi standard. In tale contesto è parsa essenziale l’introduzione di disposizioni finalizzate a dare stabilità delle regole della concessione e conservazione dell’equilibrio contrattuale e dei valori patrimoniali pubblici per tutta la durata delle nuove concessioni; le disposizioni più volte richiamate nello schema di decreto (ed in particolare quelle di cui all’articolo 4, comma 4 e all’articolo 5, comma 3) trovano piena soddisfazione tra gli attori della filiera poiché rispondono alle esigenze di tutela dell’affidamento e della buona fede nei rapporti tra concessionario e giocatore e tra concessionario e pubblica amministrazione. Le politiche di investimento di tutte le realtà industriali del nostro settore richiedono trasparenza e stabilità delle regole concessorie cosa che, negli ultimi anni, è stata spesso disattesa, con ripetuti interventi normativi che hanno comportato aumenti delle imposte e degli oneri, nonché dei costi convenzionalmente pattuiti.
- Le nuove disposizioni a contrasto del mercato illegale ed ogni altra forma di irregolarità del settore
Rimettere le concessioni al centro del sistema di gestione dei giochi in Italia vuol dire puntare su una delle chiavi del suo successo internazionale. Il sistema concessorio italiano è stato, infatti, sin dalla sua prima implementazione agli inizi degli anni 2000, oggetto di studio e modello di sviluppo per tanti Paesi europei ed extraeuropei. Occorre dare nuovo impulso al processo, avviato con le prime concessioni dedicate al gioco a distanza, che ha consentito di indirizzare flussi di gioco illegali/irregolari verso il sistema dei concessionari controllati dallo Stato, con ricadute estremamente positive non solo in termini di gettito erariale, ma anche e soprattutto in materia di politiche a tutela dei giocatori, per la promozione del gioco responsabile, la tracciabilità dei flussi finanziari, la prevenzione, il contrasto e la repressione di eventuali attività di riciclaggio connesse con quelle di gioco. Dalle recenti indagini condotte dalla magistratura e dai risultati delle attività di controllo delle amministrazioni competenti, è possibile sostenere che esistono ancora sacche di gioco illegale su cui agire con determinazione, con un’azione combinata che assicuri competitività del sistema italiano di raccolta del gioco ed efficacia delle attività di controllo, prevenzione e repressione del gioco illegale. Quanto al primo punto, oltre alle considerazioni di cui si è già accennato in precedenza, appare necessario ricordare le inevitabili interconnessioni che, in un contesto economico digitale globalizzato, il nostro sistema di gioco ha con quelli “concorrenti” cosiddetti .com. Dal punto di vista regolatorio ciò determina la necessità di tenere in considerazione l’estrema sensibilità del comparto verso manovre fiscali anche apparentemente di piccola portata, in grado di minarne la tenuta competitiva. Gli effetti, anche nel breve periodo, possono comportare lo spostamento di fette considerevoli di gioco dal sistema italiano verso quelli di Paesi con rendimenti più elevati. Quanto alle azioni di contrasto al gioco illegale, anche in ragione della sofisticatezza degli strumenti tecnologici a disposizione di quanti vogliono aggirare il sistema nazionale di regole, occorre facilitare la collaborazione tra le diverse istituzioni deputate a svolgere azioni di controllo sul settore, favorendo la loro specializzazione, potenziando competenze e strumenti tecnici a disposizione, ma anche attivando un corretto percorso formativo e di conoscenza delle dinamiche del mercato. Su tale argomento la riforma non presenta elementi di novità rispetto al recente passato, e non supera alcune scelte sin qui fatte, ad esempio in tema di comunicazione, che rendono oggettivamente difficile distinguere l’offerta legale di gioco da quella illegale.
- Garanzia di un mercato competitivo e pienamente rispondente alle regole della concorrenza
Quanto all’ultimo dei tre aspetti, ovvero la capacità del prospettato riordino di creare condizioni di mercato realmente competitive, non si possono non sollevare alcune perplessità in merito alla portata di quanto stabilito, in particolare all’articolo 13, in materia di disciplina dei Punti vendita ricarica (PVR). Tale “modello” di promozione del gioco a distanza nasce e si sviluppa, in maniera massiva, durante la pandemia, in coincidenza con la chiusura della rete dei punti di vendita autorizzata alla raccolta di giochi e scommesse. Sfruttando un sostanziale vuoto normativo sull’argomento della promozione del gioco a distanza attraverso il canale fisico, si è diffusa sul territorio una nuova rete, la cui attività si sarebbe dovuta limitare alla mera assistenza al giocatore nell’apertura, ricarica e chiusura del conto di gioco, ma che – alla luce dei controlli effettuati dalle amministrazioni preposte – spesso ha assunto profili di irregolarità, se non addirittura di totale illegalità (con diverse contestazioni di violazioni ex art. 4, legge 401/89). Secondo le relazioni di accompagnamento al testo in esame per tale rete, che si compone oggi di circa 50.000 esercizi, si propone una “regolamentazione definitiva del fenomeno”, mediante la creazione di uno specifico Albo cui iscriversi ed il versamento di una somma annua pari a 200 euro per il primo anno e 150 euro per gli anni successivi per PVR. La nuova rete si comporrà di circa 30 mila punti vendita, considerando che potranno essere regolarizzati solo i PVR esercitati nelle rivendite ordinarie o speciali di generi di monopolio autorizzate alla raccolta di gioco pubblico, nonché in altri esercizi già titolari di autorizzazione ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS. L’incasso annuo complessivo per lo Stato è quindi stimato in 6 milioni di euro per il primo anno e 4,5 milioni di euro per i successivi anni. Tale processo di regolamentazione sarà effettuato prima dell’indizione della nuova gara, con un iter completamente scollegato dalla stessa. La scelta prospettata presenta a nostro avviso alcuni interrogativi: · perché scegliere un percorso di regolarizzazione di un’attività nata in assenza di disciplina positiva, pur avendo, con la delega ricevuta dal Parlamento, la possibilità di regolare il fenomeno PVR attraverso strumenti che garantiscano maggiormente la concorrenza? · vista l’attuale dislocazione dei PVR e le scelte fatte in merito a dove potranno essere collocati in futuro, potrebbe determinarsi una forte concentrazione degli stessi tra pochissimi operatori, in virtù di rapporti già in essere. Sono state valutate le conseguenze che un simile assetto determinerà per quegli operatori che non hanno voluto costituire reti di PVR in assenza di regole certe? · è stato valutato attentamente il valore di tale nuova rete, considerando che il PVR sarà, per i prossimi 10 anni, l’unico elemento di congiunzione tra territorio e gioco a distanza? Considerando che le regole che oggi si discutono in questa Commissione disegneranno il mercato dei giochi per il prossimo decennio e tenuto conto del graduale, ed inarrestabile, processo di digitalizzazione in corso, sarebbe auspicabile che la regolamentazione della rete dei PVR garantisse una maggiore concorrenza, determinando anche maggiori entrate per lo Stato ed un reale approccio multicanale, in cui al centro è posto il cliente e le sue esigenze di servizio e di tutela. A tale fine sarebbe auspicabile l’adozione dei seguenti accorgimenti: · indizione di una procedura di gara pubblica per i PVR, parallela (o integrata) a quella già prevista per le concessioni a distanza, o trattandosi di punti terrestri, da rinviare all’atto del riordino del canale fisico; · rilascio di un titolo autorizzatorio per ciascun PVR, la cui titolarità potrà essere acquisita da tutti i concessionari partecipanti alla gara in ragione non di una situazione pregressa maturata al di fuori dal contesto normativo, ma in sede di gara pubblica; · numero predefinito massimo di PVR, sensibilmente più contenuto rispetto ai 30 mila ipotizzati dal Governo, anche al fine di salvaguardarne la redditività ed evitare la proliferazione sul territorio di nuovi luoghi di gioco, da collocarsi all’interno di categorie di esercizi già indicati all’articolo 13 del decreto; · limite di concentrazione massimo di PVR per concessionario (al fine di evitare la formazione di trust); · definizione di un diritto una tantum per PVR, con base d’asta e canone annuo superiori a quanto ipotizzato nella proposta in discussione. Tale soluzione garantirebbe maggiore redditività ai gestori del PVR ed anche per le casse dello Stato; · in una siffatta ipotesi perderebbero di significato alcune limitazioni attualmente previste nello schema di decreto, tra le quali anche quella relativa al massimale di 100 euro settimanale per le ricariche in contanti.
cdn/AGIMEG