“Non credo che l’ordinanza del Consiglio di Stato sulla proroga del bingo verrà estesa anche alle scommesse”. Maurizio Ughi, di Obiettivo 2016, è netto nell’affermare che i concessionari delle scommesse non potranno ottenere una riduzione del canone di proroga, come invece hanno ottenuto alcune sale bingo. Il dubbio nasce dalla recente ordinanza (https://www.agimeg.it/bingo/bingo-consiglio-di-stato-taglia-a-2-800-euro-il-costo-mensile-della-proroga) con cui il Consiglio di Stato ha riconosciuto che le proroghe – che si susseguono da anni ormai – abbiano messo a rischio la sopravvivenza di alcune sale bingo, e ha tagliato da 7.500 a 2.800 euro l’importo mensile del canone di proroga. “Le sale bingo – all’epoca della gara – sono state assegnate sulla base di una location prestabilita” spiega Ughi a Agimeg. “Con la proroga, il regolatore ha bloccato qualunque trasferimento e questo ha ingessato determinate attività. Giusto per fare un esempio, una sala a cui è scaduto il contratto di locazione non può trasferirsi in nessun modo, e magari è costretta a rinnovarlo a un canone nettamente superiore. I diritti per le agenzie di scommesse invece possono essere trasferiti, nel rispetto delle normative regionali, ovviamente, ma comunque ci sono dei margini per mantenere in piedi l’impresa”. Ma c’è anche un altro fatto da considerare: “Nel caso del bingo, l’importo della proroga è sproporzionato, mentre in quello delle scommesse c’è ancora una relazione tra costo della proroga e base d’asta della gara. Il bando parla di un’offerta minima di 32mila euro per 9 anni, sono circa 4mila euro l’anno, poi magari il prezzo di aggiudicazione è tra i 5-6mila euro, mentre la proroga adesso è arrivata a 7.500. E’ un valore alto, ma alla fine siamo in quell’ordine di grandezza”. Ma Ughi riconosce comunque che c’è “un minimo comune denominatore tra le due situazioni: sia nel caso del bingo, sia in quello delle scommesse, le proroghe vanno avanti da anni. I giudici amministrativi devono aver pensato che lo Stato sia colpevole, visto che non non riesce a risolvere la controversia con le Regioni e gli Enti locali su dove aprire le nuove sale, e quindi non può indire le gare. Lo Stato in questo sta facendo la figura dello struzzo: continua infatti a percepire gli enormi introiti che assicura il settore, senza però assumersi la responsabilità di intervenire. Anche perché se approvasse delle norme che fanno perdere l’avviamento ai punti di gioco, dovrebbe aspettare 4 o 5 anni per tornare a questi livelli di gettito”. E quindi sottolinea che per le scommesse “c’è una discriminazione tra concessioni Monti e concessione Bersani. Le Monti devono versare un solo canone di proroga, che vale sia per le scommesse ippiche, sia per quelle sportive. Le Bersani invece hanno due concessioni distinte, e quindi devono versare un canone di proroga per le scommesse ippiche e uno per quelle sportive. Quindi sono 15mila euro l’anno”. gr/AGIMEG