Il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha respinto il ricorso proposto da una società attiva nella raccolta di giochi e scommesse, confermando l’interdittiva antimafia emessa nei suoi confronti dalla prefettura di Benevento. La decisione arriva al termine di un contenzioso incentrato sulla valutazione del rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’attività economica.
Alla base del provvedimento impugnato, l’autorità prefettizia aveva evidenziato il quadro indiziario emerso dalle indagini svolte dai carabinieri e dalla Guardia di finanza, da cui sarebbe risultato il coinvolgimento di alcuni componenti della famiglia dell’amministratore della società in attività riconducibili alla criminalità organizzata. Secondo il prefetto, tali legami familiari e imprenditoriali avrebbero determinato una concreta possibilità di condizionamento mafioso sull’attività societaria.
Nel ricorso, la società contestava la ricostruzione operata dall’amministrazione, sottolineando, tra l’altro, l’assenza di ruoli formali del familiare indagato all’interno dell’impresa e la mancata attualità delle vicende giudiziarie a suo carico. La difesa riteneva inoltre che la presenza del familiare in alcuni incontri con le autorità di controllo non fosse elemento sufficiente a fondare un giudizio di permeabilità mafiosa.
Il Tar ha però ritenuto infondate le doglianze, osservando come gli elementi raccolti nel corso delle indagini delineino il quadro di un nucleo familiare fortemente coeso, attraverso il quale sarebbe stato mantenuto un controllo occulto sull’attività imprenditoriale. In particolare, i giudici hanno sottolineato la gravità delle condanne riportate dal familiare per reati di associazione mafiosa, ribadendo che la valutazione prefettizia in materia di prevenzione antimafia mantiene un’autonomia rispetto alle vicende penali, anche in presenza di sentenze assolutorie o di revoche di misure di sorveglianza.
Secondo il collegio, la complessiva ricostruzione investigativa ha consentito di individuare un contesto idoneo a giustificare l’adozione del provvedimento interdittivo, volto a prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose nel tessuto economico locale. Per tali motivi, il ricorso è stato respinto. Le spese di giudizio sono state compensate in considerazione della particolarità della vicenda. ac/AGIMEG