“Essere donna nel settore del gioco pubblico vuol dire faticare il doppio rispetto agli uomini. Ci vuole più rispetto anche all’interno dello stesso mondo femminile”
Antonia Campanella, si affaccia in questo settore nel 2006 come dipendente sportellista in agenzie di scommesse, per poi intraprendere il percorso da imprenditrice e successivamente anche referente per il concessionario ndi riferimento. Nel 2019 viene nominata presidente dell’associazione Emi rebus, (associazione pugliese, che si è battuta con successo per la modifica della legge regionale pugliese) e nel 2021 prende vita, a seguito di un presidio prolungato per mesi nel periodo pandemico, capeggiato dalla stessa, il comitato Donne in Gioco da lei rappresentato.
Cosa vuol dire oggi essere donna nel mondo del lavoro relativamente al settore del gioco pubblico?
Essere donna nel nostro settore vuol dire faticare il doppio. Nonostante la donna ricopra un ruolo più che essenziale, da operatrice di sala a imprenditrice, gestore, manager o dipendente, gli uomini molto spesso non danno il giusto peso al loro lavoro, credendo di poterla mettere in un angolino, di sminuirla, screditarla. Spesso subisce abuso di potere per poter mantenere il proprio lavoro. La parità di genere è molto lontana, ancor più in un settore, quello del gioco pubblico, che non ha la stessa dignità al pari di altre attività.
Da quando ha cominciato la sua attività nel settore ad oggi, è cambiato qualcosa nel rapporto di competenze e ruoli di responsabilità rispetto ai colleghi uomini?
Molto spesso ruoli più importanti non sono assegnati per meritocrazia. E tanto vale sia per gli uomini che per le donne. Da quando ho intrapreso questo percorso ad oggi, non vedo grandi cambiamenti. Sicuramente dopo il presidio delle donne, che nello scendere in piazza hanno dato un forte segnale politico, abbiamo acceso un faro sul mondo femminile da sempre ecclissato dai personaggi maschili del nostro settore e abbiamo visto nascere a ridosso del comitato, diverse realtà create da uomini per non perdere la propria visibilità. Abbiamo visto donne cercare di scavalcare altre donne per prendere meriti o visibilità. Questo di sicuro non è mai stato lo spirito in cui ci rispecchiamo. Il nostro problema è proprio questo: vige una competizione di quelle infruttuose e distruttive, dove tutti vogliono arrivare primi, dimenticando che non esiste nessuna medaglia. Il concetto di unione dura nel tempo delle belle parole. Nel nostro settore non si conosce rispetto e alla prima occasione vieni pugnalato alle spalle.
Come immagina il ruolo della donna, in questo settore, nei prossimi anni?
Nei prossimi anni, se si continua sulla stessa scia, indistintamente, che si parli di uomo o donna, saremo estinti. Purtroppo, che credo che in futuro non esisteranno molti ruoli in questo settore. La figura del gestore è già ridotta ai minimi termini. Se non ci sarà riconosciuto il ruolo di importanza e rilevanza nella gestione del gioco pubblico, non vedo un futuro neanche per gli esercenti. Siamo tutti a rischio. Ogni giorno banche, vescovi, associazioni, sindaci, etc. insorgono contro il nostro settore e…. noi siamo sempre più deboli. Sempre più soli.