La Corte di Cassazione, dopo aver sollevato in materia di giochi e scommesse una domanda di quesito pregiudiziale alla Corte UE, annulla le ordinanze di sequestro a 33 centri Stanleybet difesi dall’avvocato Daniela Agnello e rinvia ai Tribunali locali. In data 5.02.2014, con ordinanza depositata in data 03.04.2014, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, aveva trasmesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, evidenziando dubbi interpretativi sulla nuova disciplina di gara prevista dal decreto Monti. Nel contempo – si legge in una nota della società -, anche il Tribunale del Riesame di Frosinone, unitamente ad altre 25 autorità giudiziarie italiane, ha trasmesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevando i medesimi quesiti pregiudiziali sulle disposizioni della gara anche in relazione alla valenza discriminatoria dell’obbligo dei partecipanti di devolvere gratuitamente le proprie infrastrutture alla scadenza delle nuove concessioni. In data 28.01.2016 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel procedimento per domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dal Tribunale di Frosinone, ha pronunciato la sentenza Laezza e ha evidenziato che la normativa di gara Monti è in contrasto con il Trattato FUE e con la giurisprudenza della Corte UE e che la società Stanleybet è stata impedita nell’accesso al mercato italiano. La Corte di Cassazione ha fissato tutti i procedimenti all’udienza di ieri 15 settembre. La Procura Generale ha ritenuto la normativa italiana in contrasto con il diritto comunitario e ha chiesto l’annullamento delle ordinanze con l’accoglimento dei ricorsi della difesa. Nel panorama di quasi vent’anni di giurisprudenza comunitaria in materia di servizi di gioco e scommessa, il quesito risolto dalla Corte di Giustizia nella sentenza Laezza, e recepito dalla Corte di Cassazione, presenta caratteri di assoluta novità. Non si era mai posto, infatti, un interrogativo di compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che prevedesse una così radicale deprivazione dei diritti proprietari ed economici di un operatore, in forza di una clausola unilateralmente imposta dall’Amministrazione concedente e il cui esercizio è rimesso alla mera discrezionalità di quest’ultima. Ancor più inedito è il contesto nel quale la devoluzione dei beni in parola si inscrive, che vede il Legislatore nazionale attribuire alla nuova gara un’espressa valenza rimediale nei confronti di Stanley, mirante ad ovviare alle passate violazioni del diritto dell’Unione riconosciute da una precedente sentenza della Corte della Corte di Giustizia (nella specie, la sentenza Costa e Cifone, Cause Riunite C-72/10 e C-77/10). La società Stanleybet ha conferito incarico al Prof. Mauro Bini ordinario di Finanza Aziendale, Dipartimento di Accounting, all’Università Bocconi di Milano, al Prof. Tiziano Onesti ordinario di Economia Aziendale all’Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Studi Aziendali, al prof. Dario Latella ordinario di Diritto Commerciale all’Università degli Studi di Messina per redigere separati e autonomi pareri e “valutare secondo canoni di massima prudenza, l’entità complessiva del danno che deriverebbe al concessionario qualora fosse adottata nei suoi confronti la misura ablatoria di cui all’art. 25 dello schema di convenzione di concessione, allegato agli atti della procedura ad evidenza pubblica bandita ai sensi del d.l. 16/2012 per l’assegnazione dei diritti per l’esercizio su rete fisica di scommesse”. E’ stato dimostrato che la misura in parola era senz’altro suscettibile di avere un impatto significativo nella determinazione di un operatore economico razionale di partecipare alla procedura di gara, potendosi senz’altro affermare che nessun operatore economico avveduto avrebbe ragionevolmente scelto di fare ingresso in un ambiente normativo ed economico, quale quello esaminato, rispetto al quale, da un lato, il rischio d’impresa non si appalesava calcolabile con certezza e, dall’altro, il sacrificio economico imposto risultava manifestamente sproporzionato in rapporto al prezzo del singolo diritto concessorio (appunto superandolo di almeno tre volte). In conclusione, le perizie attestano in modo certo come il danno che avrebbe subito l’allibratore, in ipotesi di esecuzione nei suoi confronti dell’obbligo di devoluzione in parola, non era certamente simbolico in rapporto agli € 11.000 posti a base d’asta del singolo diritto concessorio. In definitiva, la devoluzione gratuita delle reti dei nuovi concessionari del 2012, disciplinata dall’art. 25 dello Schema di atto di convenzione, si configura come una restrizione delle libertà di stabilimento e prestazione dei servizi non coerente e non sistematica, né tantomeno proporzionata, e perciò, contraria agli artt. 49 e 56 TFUE. La gara Monti, ben lungi dal sanare l’originaria e consolidata situazione di contrasto con l’ordinamento comunitario della normativa italiana, ha quindi rafforzato le preesistenti distorsioni concorrenziali, ha creato un nuovo impianto discriminatorio e, per l’effetto, in dispregio di quanto imperativamente stabilito dalla costante giurisprudenza comunitaria e nazionale, non ha posto nessun rimedio alle reiterate discriminazioni perpetrate ai danni di Stanleybet. Saranno ora i singoli tribunali a dover applicare le regole di diritto che la Cassazione precisera’ nelle sue motivazioni. dar/AGIMEG