La Corte d’Appello – Seconda Sezione Penale ha chiuso l’ultimo capitolo del processo “Gambling”, celebrato con il rito abbreviato, pronunciandosi nei confronti dei fratelli Francesco e Rocco Ripepi su rinvio della Corte di Cassazione che aveva censurato la sentenza, avverso cui si era proposto ricorso, con la quale si attribuiva agli stessi, tra l’altro, l’aggravante di agevolazione mafiosa di cui all’art. 7 L.203/1991 ed al solo Ripepi Rocco la commissione del reato di interposizione fittizia di cui all’art. 12 quinquies D.L. 306/92 per aver fittiziamente intestatosi, per conto del collaboratore di giustizia Mario Gennaro, la quota del 25% della S.r.l. Unigamingitaly, titolare di una piattaforma di gioco on line.
Avverso tale decisione, emessa il 19/7/2019 dalla Prima Sezione della locale Corte d’Appello, i Ripepi, per il tramite del loro legale di fiducia, Avv. Giancarlo Murolo proponevano ricorso per cassazione, evidenziando, in ordine alle suddette imputazioni, che l’estraneità ad esse si sarebbero dovute cogliere dalle medesime dichiarazioni del collaboratore, deus ex machina dell’operazione c.d. “Gambling”, cosa evidentemente sfuggita ai Giudici di merito del 1° e del 2° grado del processo.
In buona sostanza, il difensore rilevava che, in ordine al reato di interposizione fittizia, il Gennaro, nel corso dell’interrogatorio del 25/11/2015, aveva espressamente affermato che le quote di partecipazione alla predetta società appartenevano effettivamente ai Ripepi, per aver conferito nella S.r.l. Unigamingitaly l’intero capitale della Gamingmania di loro proprietà, per cui il reato contestato era da considerarsi insussistente.
In merito all’aggravante di agevolazione mafiosa, il legale evidenziava, altresì, la mancata individuazione di condotte significative della volontà di favorire il sodalizio criminale, non potendosi rinvenire nel reato di interposizione fittizia, riguardo la posizione di Ripepi Rocco, la prova di essa e, per il Ripepi Francesco, l’infondatezza della circostanza riportata dagli inquirenti di una sua presunta falsa testimonianza in un processo di rilievo, sempre relativo al gambling, quale attività agevolatrice.
Sul punto, si è evidenziato che sempre il collaboratore avesse dichiarato che la testimonianza resa era assolutamente veritiera.
La Corte d’Appello – si legge in una nota dell’avvocato Giancarlo Murolo – in ossequio a quanto rilevato dalla Corte di Cassazione e ribadito dall’Avv. Giancarlo Murolo in sede di udienza, ha assolto il Ripepi Rocco dal reato di interposizione fittizia ed escluso per entrambi la contestata aggravante di cui all’art. 7 L.203/1991, lasciando ferme nel resto le precedenti statuizioni divenute irrevocabili. lb/AGIMEG