Scommesse: la clausola sul trasferimento della rete, in discussione oggi alla CGE, tre anni fa aveva effetti dirompenti, ma oggi è stata ridimensionata

La clausola sulla cessione della rete, al centro della causa che oggi StanleyBet discute di fronte alla Corte di Giustizia, aveva destato perplessità negli operatori già quando venne indetto il bando Monti, tra il 2012 e il 2013. I bookmaker chiesero chiarimenti ai Monopoli sulla sua reale portata, e Piazza Mastai – nei fascicoli con le risposte ai quesiti di gara –  affrontò la questione due volte. La prima volta chiarì che “L’articolo 25 dello schema di convenzione prevede la cessione del solo uso, non della proprietà o dei diritti di sfruttamento economico dei beni, sia materiali che immateriali, costituenti la rete di gestione e raccolta del gioco per un periodo la cui durata sarà determinata da AAMS nella relativa richiesta di cessione con riferimento ai singoli casi concreti”. La seconda che, “Rientrano nell’oggetto della cessione dell’uso, e non della proprietà, i beni materiali ed immateriali di proprietà del concessionario che costituiscono la rete di gestione. I criteri di esercizio della devoluzione, compreso il luogo di utilizzo dei beni devoluti, saranno stabiliti caso per caso in relazione alla specificità delle singole fattispecie, e tenuto conto delle finalità di pubblico interesse da perseguire con il minor aggravio per la parte privata, nel provvedimento con cui AAMS chiederà la cessione dei beni ai sensi dell’articolo 25, comma 1, dello schema di convenzione”. In sostanza, in base a questa clausola – che scatta quando un operatore incorre nella decadenza o nella revoca della concessione, ma anche quando il titolo arriva a scadenza naturale – i Monopoli avrebbero potuto incamerare il diritto di utilizzare i beni che compongono la rete, ma l’operatore colpito ne sarebbe rimasto comunque proprietario. Ma l’aspetto che ha preoccupato maggiormente i candidati è che la clausola all’epoca sembrasse avere una portata molto ampia, tale da ricomprendere anche ad esempio l’utilizzo del brand e del database clienti: i bookmaker non hanno mancato di sottolinearlo nei ricorsi che poi sono finiti alla Corte di Giustizia. Come già ha anticipato Agimeg, oggi – a distanza di quasi 3 anni – quella clausola sembra essere stata ridimensionata, almeno nel caso delle scommesse (la stessa norma è inserita in tutte le convenzioni dei giochi), secondo i Monopoli infatti riguarda la sola “porzione di rete che collega il concessionario al totalizzatore nazionale”. Un bene che probabilmente i Monopoli non hanno nemmeno interesse a incamerare, e difatti “La clausola non è mai stata applicata”. gr/AGIMEG