La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi di un contribuente contro una cartella esattoriale di oltre 7,6 milioni di euro, emessa per l’imposta unica sulle scommesse del 2012. La cartella era stata notificata in seguito a una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Padova, poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Veneto.
Il ricorrente aveva contestato la legittimità della cartella, sostenendo di non essere direttamente coinvolto nella gestione della società soggetta all’imposta. Tuttavia, la Cassazione ha motivato il rigetto chiarendo che “la responsabilità del ricorrente è stata accertata nel merito, in quanto amministratore di fatto della società”, rigettando così la tesi secondo cui il giudicato formatosi nei confronti della società non potesse estendersi alla sua persona.
Nella sua decisione, la Suprema Corte ha evidenziato come “il ricorrente non può contrastare l’applicazione del giudicato esterno”, in quanto l’accertamento ha stabilito che egli ricopriva un ruolo centrale nella gestione della società. In particolare, la Corte ha sottolineato che il contribuente, oltre a essere rappresentante fiscale della società, “ne era di fatto l’amministratore”, un ruolo che giustifica la pretesa erariale contenuta nella cartella impugnata.
La Corte ha inoltre ritenuto inammissibili gli ulteriori motivi di ricorso relativi all’estensione della responsabilità e alla confisca dei beni, concludendo che “la sentenza impugnata ha chiaramente posto in evidenza che l’imposizione fiscale ha correttamente colpito il contribuente per la sua qualità di amministratore di fatto”. ac/AGIMEG