Scommesse, c’è la Cina dietro il boom di Bet365. Il bookmaker: “Non violiamo norme cinesi”

C’è la Cina dietro l’impennata di fatturato e ricavi che Bet365 ha registrato negli ultimi anni. I profitti operativi del bookmaker inglese nell’anno fiscale 2012-2013 sono cresciuti del 54% (179 milioni di sterline), nel 2013-2014 dell’81% (320,9 milioni), la raccolta delle scommesse online nello stesso periodo ha prima registrato una crescita esponenziale del 161% (circa 20 miliardi di sterline), per poi guadagnare un ulteriore 36% (26,5 miliardi). IL Guardian, in un’inchiesta pubblicata oggi, sottolinea che sull’online Bet365 vanta una raccolta tre volte superiore a quella di William Hill, e sette volte maggiore di quella di Ladbrokes.  E quindi sostiene di aver raccolto una serie di prove e testimonianze per confermare che il bookmaker, sebbene non abbia una presenza fisica in Cina, gestisca uno dei maggiori siti di scommesse online del paese, violando i divieti posti dalla Repubblica Popolare. In particolare, il bookmaker inglese cambierebbe di continuo il dominio del proprio sito cinese in modo da aggirare i tentativi di oscuramento; avrebbe costruito un complesso sistema di pagamento per gestire i conti di gioco dei cittadini cinesi; avrebbe allestito nella propria sede di Stoke un call center con una cinquantina di impiegati di madrelingua cinese. Inoltre il quotidiano cita alcune operazioni condotte dalle autorità cinesi che hanno portato all’arresto di clienti e promoter del bookmaker. Il bookmaker non ha concesso l’intervista richiesta dal Guardian, ma ha diffuso una nota. “Bet365 osserva i vincoli legali e regolatori cui è sottoposta, e possiede licenze in diverse giurisdizioni rispettando tutte le normative applicabili”. E sulla Cina sottolinea che “Non c’è alcuna norma che vieta espressamente di fornire servizi di gioco online all’interno del Paese agli operatori che hanno sede al di fuori dei confini nazionali. Bet365 non ha dipendenti, asset o infrastrutture all’interno della Cina, e non si avvale di nessun agente o intermediario. Qualunque accusa nei nostri confronti è pertanto falsa”. Inoltre asserisce di non essere a conoscenza di nessun cliente che sia stato incriminato per aver giocato sui suoi siti di gioco – i casi citati dal Guardian sarebbero connessi a tentativi di frode – e di non accettare pagamenti in renminbi. La compagnia inoltre puntualizza di aver rispettato gli obblighi previsti dalla nuova normativa inglese per l’ottenimento della licenza, in particolare elencando tutte le giurisdizioni in cui trae almeno il 3% dei propri profitti. rg/AGIMEG