“A partire dall’8 Agosto l’Italia vieterà la pubblicità inerente all’offerta del gioco. Il divieto di pubblicità del gioco con vincita in denaro, imposto dal legislatore per prevenire l’insorgenza di patologie legate al gioco, trova applicazione nei confronti dei soggetti che operano nel comparto del gioco pubblico italiano, sia quelli aventi la sede legale nella Penisola sia per gli operatori con sede legale all’estero ma che hanno ricevuto dall’Agenzia Dogane e Monopoli la concessione per l’offerta del gioco a pagamento in Italia”. E’ il commento di Sapar al divieto di pubblicità introdotto con il decreto dignità. “L’Agcom ha scritto le linee guida per fornire chiarimenti interpretativi alle imprese del gioco pubblico, ai media e ai consumatori/giocatori circa gli effetti applicativi di questi divieti entro la cornice normativa primaria di riferimento. Inoltre affinché vi sia una corretta interpretazione di queste linee guida è previsto un incontro tra la stessa Agcom e lo Iap, Istituto Autodisciplina Pubblicitaria, per fare chiarezza su quelle direttive oggetto di fraintendimenti che si prestano a molteplici linee interpretative. L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha redatto anche un insieme di esclusioni dal divieto di pubblicità volte a garantire una maggiore tutela dei consumatori e delle categorie più vulnerabili e salvaguardare le comunicazioni di tipo informativo e commerciale necessarie sia ad assicurare la riconoscibilità dell’offerta del gioco legale sia a fornire le informazioni sui prodotti e servizi offerti in linea con il principio di libertà d’impresa”.
“Riportiamo di seguito – prosegue Sapar – il testo dove sono riportate nel dettaglio le esclusioni al divieto di pubblicità ( ovvero le forme ammesse ): “Stante la ratio della norma – rafforzare la tutela del consumatore e realizzare un più efficace contrasto del disturbo da gioco patologico – esulano dal divieto: le comunicazioni commerciali business to business, ivi incluse quelle diffuse sulla stampa specializzata;
l’organizzazione di fiere sul gioco a pagamento destinate ai soli operatori di settore; le comunicazioni di responsabilità sociale di impresa, quali per esempio le campagne informative sui giochi vietati in senso assoluto e su quelli ammessi ma proibiti per i minori, sui fattori di rischio a cui sono esposti i giocatori denominati “problematici”, sui valori legati al gioco legale, di informativa sul gioco legale, sui rischi dell’usura connessi al gioco patologico, l’attivazione di corsi di formazione sulla ludopatia riservati agli operatori di gioco, la predisposizione di cautele nei confronti del giocatore problematico (ad esempio attraverso la creazione di piattaforme online dedicate agli utenti al fine di offrire un aiuto nel caso di gioco compulsivo), senza esposizione del marchio o del logo; le comunicazioni “cause related marketing”, effettuata sotto forma di citazione del concessionario quale finanziatore di un determinato progetto o iniziativa di carattere sociale e benefico, senza esposizione del marchio o del logo; l’utilizzo del marchio che identifichi, oltre ai servizi giochi con vincite in denaro o d’azzardo, ulteriori attività, aventi carattere autonomo, purché non sussistano ambiguità circa l’oggetto della promozione e in questa non compaiano elementi evocativi del gioco fatta eccezione per la mera denominazione del fornitore; la televendita di beni e servizi di gioco a pagamento qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni: a) l’offerta di gioco a pagamento su mezzo televisivo rappresenti l’oggetto della concessione per l’esercizio dell’attività di offerta del gioco a pagamento rilasciata dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli; b) la televendita sia finalizzata esclusivamente alla conclusione del contratto di gioco, consti della mera esecuzione del gioco stesso e non contenga alcun riferimento né abbia natura promozionale. La valenza promozionale della televendita è comunque presunta qualora la stessa venga trasmessa all’interno di un palinsesto televisivo generalista o semigeneralista.” lp/AGIMEG