“Ancora una volta dei novelli Don Chisciotte scambiano dei mulini a vento per dei giganti dalle cattive intenzioni. La Fondazione ISSCON, insieme alla Federazione Consumatori di Modena e la CGIL, ha pubblicato una ricerca dal titolo: “La diffusione dell’azzardo online nei piccoli comuni italiani”.
Si tratta di una ricerca che ha come palese obiettivo far credere che il gioco in Italia abbia aspetti sociali ed economici devastanti. Peccato che tutta le ricerca si basi su un dato sbagliato. Viene infatti presa come base per tutta la ricerca la raccolta. Una scelta ovviamente di convenienza per cercare supporto alle proprie tesi. Peccato che sia un dato che non rappresenta la realtà e che va letto in modo corretto, professionale e non “girato” a proprio piacimento. I veri soldi che escono veramente dalle tasche degli italiani sono quelli della “spesa”, vale a dire il valore ottenuto sottraendo dalla raccolta le vincite. Questo è il valore “vero” della passione degli italiani per il gioco. Basta un semplice esempio per far capire la differenza tra raccolta e spesa reale”. E’ quanto sottolinea in una nota l’Associazione Sapar.
“Supponiamo di comprare un Gratta e Vinci da 5 euro. Vinciamo 5 euro ma invece di incassarli compriamo un altro Gratta e Vinci dello stesso importo. Vinciamo ancora 5 euro ed anche stavolta invece di incassare prendiamo un altro Gratta e Vinci sempre da 5 euro e non vinciamo. Nel calcolo della raccolta verranno conteggiati i 15 euro dei tre biglietti acquistati ma la spesa reale, cioè i soldi effettivamente usciti dalle tasche del giocatore, sarà solo dei 5 euro iniziali. Lo stesso discorso si può applicare a tutti i concorsi. Prendere come dato di riferimento la raccolta è tecnicamente sbagliato.
Tornando ai numeri presentati nella ricerca, si parla di una spesa pro capite nel 2023, calcolata sulla popolazione maggiorenne censita dall’Istat, di 2.996 euro. Ovviamente dato calcolato sulla raccolta. Ma se si fa lo stesso calcolo sulla spesa, quella pro capite nel 2023 è stata di 435 euro, vale a dire 36 euro al mese, poco più di un euro al giorno. Se si effettua lo stesso calcolo solo sul gioco fisico o sul gioco a mezzo apparecchi la spesa va ancora a scendere e si attesta rispettivamente sugli 90 centesimi quotidiani pro capite e sui 50 centesimi al giorno (cioè nel caso delle c.d. slot machines e delle vlt invece la spesa pro capite equivale a meno di un caffè al giorno). Del resto se si guardano i grafici interni alla stessa ricerca si scopre che il valore della spesa, dato posto nel lavoro in questione totalmente in secondo piano, a tutte le tipologie di gioco è aumentata di soli due miliardi dal 2016 a oggi.
Sul dato della raccolta vengono poi costruiti tutti i dati comunali che danno, per quanto sopra detto, una visione distorta della realtà. Tutto l’impianto della ricerca crolla se si prendere il dato corretto, cioè quello della spesa. Emblematico che si parli di una crescita della raccolta del 10,2%, mentre la spesa è aumentata del 7%. Mediamente la spesa vale il 14%/15% della raccolta.
Ci sono poi i casi di alcuni comuni, come riportato da diversi quotidiani locali, che presentano una raccolta anomala. Questi casi – aggiunge la nota – vengono presentati come se nel comune in questione ci sia una sorta di febbre da gioco d’azzardo. Anche qui c’è un errore tecnico. Nel caso di un comune della Lombardia, ad esempio, è stato appurato che ci fossero un paio di giocatori cinesi che puntavano cifre elevate. Questo ha portato il dato del comune ad essere molto alto ma parlare di spesa pro capite elevata è un errore perché non rappresenta la realtà.
Insomma errori grossolani, frutto nel migliore dei casi di ignoranza (intesa come scarsa conoscenza). Errori che però mettono a rischio imprese, lavoratori, famiglie, Erario, visto che la ricerca ha avuto un’ampia eco mediatica, scatenando una nuova battaglia contro il gioco pubblico. Per questo invitiamo tutte le testate giornalistiche che volessero scrivere di gioco a contattarci, in maniera da avere i dati corretti sul settore e non rischiare figuracce pubblicando numeri e letture sbagliate del comparto”, conclude. cdn/AGIMEG