Regioni al Senato: “Innalzare livello qualitativo offerta di gioco e punti vendita, riduzione offerta, maggiori controlli, orari e distanziometro: le proposte per la riforma del settore”. Il DOCUMENTO integrale

L’Intesa sancita in sede di Conferenza Unificata del 7 settembre 2017 è scaturita dalla presa d’atto che l’incremento dell’offerta di gioco d’azzardo legale, in particolare delle slot, attuato in passato con l’obiettivo di porre argine alla diffusione incontrollata dell’offerta di gioco illegale, aveva provocato in realtà una nuova emergenza sociale che non poteva più essere trascurata. Come documentano le principali indagini epidemiologiche condotte da enti di ricerca accreditati, con l’ampliarsi progressivo dell’offerta di giochi d’azzardo sono aumentate le forme problematiche di comportamento di gioco1.

L’Intesa si è proposta quindi l’obiettivo di intervenire regolando la distribuzione dell’offerta di gioco e, tenendo conto delle accresciute esigenze sociali, in primo luogo determinandone una forte riduzione.

Molti studi, infatti, hanno confermato l’esistenza di una chiara relazione tra la maggiore disponibilità di giochi d’azzardo e l’aumento non solo del numero dei “clienti” ma anche dei giocatori problematici o patologici2; il volume “Limitare l’azzardo. Gioco, scienza e politiche pubbliche”, di Pekka Sulkunen e altri, edito in Italia da Carocci (traduzione curata da Sara Rolando), che rappresenta una sintesi, condotta da un gruppo internazionale, delle ricerche scientifiche realizzate nel mondo sui problemi e le politiche legate al gioco d’azzardo, convalida la tesi che “ridurre i problemi di gioco d’azzardo senza ridurre il ricavo non è un obiettivo realistico” e che, pertanto, chi intende fare politiche serie deve ridurre e limitare l’offerta”. E’ quanto si legge nell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione dell’intesa tra Governo, Regioni ed Enti Locali concernente le caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico, del 7 settembre 2017 presentata al Senato.

“Il complesso di interventi delineati dall’Intesa si inscrive in un approccio di “prevenzione ambientale”, che considera l’importanza degli stimoli ambientali e sociali e dei processi automatici nell’influenzare il comportamento; nello specifico del gioco d’azzardo, è noto che tra le condizioni ecologiche incentivanti l’eccesso di gioco, ci sono la disponibilità e l’accessibilità del gioco sul territorio, condizioni sociali sfavorevoli (povertà diffusa, disoccupazione, bassa scolarizzazione, appartenenza a minoranze etniche), condizioni di illegalità sociale (presenza di organizzazioni criminali e microcriminalità), assenza di una rete dei servizi territoriali nota o accessibile per famiglie e giovani, politiche sociali tolleranti e normalizzanti il gioco d’azzardo. Naturalmente la “prevenzione ambientale” deve incrociarsi con la diffusione della conoscenza che persone più fragili per svariati motivi (condizioni psicopatologiche di base, presenza di altre forme di dipendenza, età avanzata ed eventuali disturbi cognitivi, recenti scarcerazioni o problematiche giudiziarie ecc.) sono più esposte e devono essere considerate ad alto rischio. Ugualmente importante è l’assunto che il Disturbo da Gioco d’azzardo è ancora spesso considerata un “vizio”, oggetto di forte stigma e pregiudizio, e non una patologia curabile soprattutto se si interviene precocemente e in modo tempestivo e che è necessario un forte cambiamento culturale in tal senso.

Pertanto, accanto agli approcci che fanno leva sull’individuo come principale motore del cambiamento comportamentale e tendono a svilupparne le conoscenze e le competenze sociali, si sono affermati interventi dedicati agli aspetti di contesto delle persone, come ad esempio ciò che viene considerato normale, previsto o accettato nelle comunità in cui vivono, le norme o regolamenti applicati a livello nazionale/regionale e/o locale, il clima e l’ambiente di apprendimento, i messaggi pubblicitari ai quali sono esposte, la disponibilità (in questo caso specifico) di luoghi di gioco. Per quanto riguarda i più giovani, il grado di normalizzazione del gioco d’azzardo nella società e la cultura del gioco d’azzardo all’interno dell’ambiente familiare sono stati riconosciuti come importanti fattori che favoriscono l’approccio al gioco d’azzardo e la transizione dei giovani verso il gioco d’azzardo problematico”, aggiunge.

“L’Intesa intendeva colmare un vuoto normativo in questa direzione e prefigurava l’emanazione di un Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze che, riprendendone i contenuti, avrebbe dovuto operare una riforma completa del settore del gioco pubblico; si registrava ampia condivisione, infatti, sulla necessità di una legislazione nazionale completa ed attualizzata del settore, che, attribuendo la giusta attenzione alla tutela della salute, armonizzasse entro un quadro coerente di norme le disposizioni facenti capo alle diverse competenze in materia di gioco d’azzardo, afferenti ad una pluralità di istituzioni centrali e locali, e al contempo superasse la disomogeneità tra i territori determinata dalle leggi regionali, adottate in tempi diversi da tutte le Regioni e Province Autonome, e dai regolamenti ed ordinanze disposti autonomamente da molti Comuni, in assenza di un intervento legislativo incisivo ed organico da parte dello Stato. Il Decreto ad ormai quasi cinque anni di distanza non è stato adottato, con la conseguenza di un forte depotenziamento dell’Intesa e del persistere della frammentazione normativa e della disomogeneità territoriale antecedenti, il cui superamento costituiva la finalità ultima dell’Intesa stessa.

In questo quadro, le iniziative legislative assunte autonomamente dalle Regioni e Province Autonome fin dagli anni 2013-14 hanno supplito all’assenza di un intervento statale organico ed incisivo; l’Intesa stessa ha inteso riprendere le principali disposizioni stabilite dalle leggi regionali allora in vigore che, considerando preminenti le finalità della salute e della sicurezza pubblica, fissavano precise limitazioni all’offerta di gioco pubblico; esplicita inoltre, rispetto alle proprie disposizioni, la facoltà per le Regioni e PA di prevedere forme maggiori di tutela per la popolazione”, prosegue.

“Tutte le Regioni, inoltre, hanno definito e implementato propri Piani di azione con il supporto del fondo costituito presso il Ministero della Salute con la legge 28 dicembre 2015 n. 208, art. 1, c. 946; i Piani, orientati prevalentemente alla prevenzione del Disturbo da Gioco d’Azzardo, seguono le indicazioni dello stesso Ministero e sono da questo sottoposti a valutazione e monitoraggio periodico con il contributo dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Anche in questo caso, le differenti impostazioni dei Piani regionali se da un lato rispondono alle specificità dei territori, dall’altro scaturiscono dal mancato esercizio di un ruolo effettivo di indirizzo e coordinamento da parte del livello statale.

Riguardo alla legislazione regionale, la Corte Costituzionale, chiamata in causa in riferimento alle previsioni normative in materia di distanze dai cosiddetti siti sensibili, ha avuto modo di esprimere un principio di fondamentale importanza, affermandone la legittimità costituzionale (sentenza n. 108/2017); secondo la Corte, il legislatore regionale persegue in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, occupandosi delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, segnatamente in termini di prevenzione di forme di gioco cosiddetto “compulsivo”.

Anche per quanto concerne la Conferenza Unificata del 7 settembre 2017 (Repertorio Atti n.: 103/CU del 07/09/2017) la Corte Costituzionale con sentenza n. 27/2019 si esprime ribadendo tale concetto: “Pertanto, alla luce delle linee guida adottate dalla Conferenza unificata e tenuto conto del contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, sarebbe evidente che le misure di prevenzione e contrasto messe in campo dalle Regioni possano legittimamente comportare forme di tutela maggiore rispetto a quelle derivanti dalle misure pianificate in ambito statale. Inoltre, perseguendo finalità di carattere socio-sanitario volte a garantire la tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, le stesse risponderebbero a criteri di ragionevolezza e congruità, oltre a rientrare nella potestà legislativa regionale“.

Anche il Consiglio di Stato ha ripreso più volte gli orientamenti citati, ponendo in rilievo la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco (Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2019, n. 1806; Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1618; Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2018, n. 5237).

Lo stesso Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867) ha posto in evidenza un “assioma fondamentale” ovvero, nell’ipotesi di un rischio potenziale, laddove vi sia un’identificazione degli effetti potenzialmente negativi di un’attività e vi sia stata una valutazione dei dati scientifici disponibili, è d’obbligo predisporre tutte le misure per minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio preso in considerazione, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e di contemperamento degli interessi coinvolti…”.

Sulla base di tale giurisprudenza consolidata, qui sommariamente richiamata, le finalità inerenti la tutela della salute sono quindi da considerarsi prevalenti rispetto ad altri obiettivi delle norme regionali in materia”, aggiunge.

Ecco il documento integrale. cdn/AGIMEG