Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha presentato il VI E IL VII Rapporto “Mafie nel Lazio”, resoconto, rigoroso e documentato, delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nel Lazio, a partire dal 2020 e fino a giugno 2022.
Riciclaggio, traffico di droga anche internazionale, investimento di capitali illeciti, gioco d’azzardo e usura, ma anche false fatturazioni ed evasione dell’Iva sono solo alcuni degli ambiti di azione delle mafie a Roma.
Zingaretti ha affermato che: “Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili.
Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e, certo, doverosa esigenza morale e civile. È anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale. Per questo motivo, la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. È un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere”.
Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, conclude: ”Dal monitoraggio in questo Rapporto emergono una molteplicità di forme criminali che ormai caratterizza il contesto criminale laziale rendendolo unico rispetto ad altre regioni considerate “non a tradizionale presenza mafiosa”. Alla documentazione anche quest’anno il Rapporto affianca alcuni numeri dello straordinario lavoro delle Forze di Polizia e della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma ai quali dedichiamo la nostra pubblicazione. Nel triennio 2019-2021 gli indagati per associazione mafiosa sono stati nella nostra regione 544 persone mentre gli indagati per reati aggravati dal metodo mafioso sono stati 1992 persone e gli indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga ben 5945. Nel Lazio solo nel 2021 sono state 3471 operazioni antidroga che colloca la nostra regione al secondo posto per operazioni mentre Roma è al primo posto. Le operazioni Finanziarie sospette registrate da Uif Bankitalia sono passate da 14329 del 2020 a 17236 del 2021, numeri che configurano Roma come capitale del riciclaggio. Così come poderosa è stata l’attività in questi anni di confisca e sequestri con ben 5200 immobili e 1040 aziende . Numeri che esaltano il lavoro degli investigatori cosi come caricano di responsabilità tutti gli attori sociali e istituzionali”.
Ecco le parti del documento che riguardano il gioco:
“Scrivono i magistrati G. P. e M. P. nel loro libro “Modelli criminali”: “si tratta di un modello la cui perdurante funzionalità è dimostrata dai numerosi sequestri di beni e attività che si sono susseguiti negli ultimi anni. Con il tempo […] si stanno affermando forme evolute e complesse d’investimento delle ricchezze mafiose: attraverso la penetrazione di un tessuto socio-economico nuovo e ricco di potenzialità, come quello romano, gruppi di camorra, cosche della ‘ndrangheta e anche importanti famiglie di Cosa nostra vi stanno esportando interi affari, delocalizzando e più spesso replicando attività quali la gestione delle sale gioco e delle slot machine, l’organizzazione del traffico delle sostanze stupefacenti, il controllo di improntati mercati commerciali””, si legge.
“L’interesse per il gioco d’azzardo univa i M. e i R. già in Sicilia, tanto che le forze dell’ordine avevano segnalato interessi comuni nella gestione dell’agenzia di scommesse annessa al bar I. di Palermo. Investimenti che dal 2007 si sposteranno sulla piazza romana, facendo nascere alcune società grazie a prestanome scelti nella rete dei parenti e delle persone di fiducia. Così sarebbero sorte nel Lazio, per conto delle famiglie di Cosa nostra, alcune aziende che fra il 2017 e il 2019 – secondo gli investigatori – avrebbero operato anche su mandato di società leader del settore. Scrivono gli inquirenti negli atti: […] “dal 2017, R. intrattiene interlocuzioni dirette con una società all’interno della quale ha aderenze con i massimi dirigenti; nell’anno 2019, ha operato su mandato di […] per agevolare il passaggio sotto il marchio […] di varie sale scommesse situate in Sicilia, Calabria, Campania e Lazio; nel periodo compreso tra il 2017 ed il 2019, ha effettuato ben 64 viaggi a Roma, in occasione dei quali ha sempre realizzato riunioni o incontri con alti dirigenti […] o soggetti operanti nel settore del gaming. È altresì emerso il costante interesse di M. F. P. in occasione dei viaggi in territorio romano di R. S., a ridosso dei quali i due hanno avuto numerose interlocuzioni telefoniche e/o realizzato incontri” […]. Secondo i pm, M. in particolare sarebbe stato socio occulto delle società del gaming riconducibili ai R. e questi ultimi, come emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche e dalle attività di osservazione e pedinamento sarebbero diventati “polo di attrazione per alcuni uomini dell’organizzazione mafiosa su Roma”12 . Quella rintracciata dagli investigatori del Ros appare come una “base” operativa di Cosa nostra su Roma e nel Lazio. Come già segnalato nelle ultime due edizioni di “Mafie nel Lazio”, lo storico rapporto che lega le famiglie di Cosa nostra alla Capitale non si è mai interrotto. E negli ultimi anni è riemerso nelle storie che attraversano le indagini coordinate dalla procura di Roma13 . Si tratta di un aspetto sottolineato anche dal procuratore di Roma, M. P., in un intervento pubblico all’Università di Palermo nell’ambito di un dibattito sul contrasto alle mafie. Il procuratore, alla luce delle evidenze emerse dall’indagine sul clan Rinzivillo e le loro relazioni con altri uomini di Cosa nostra a Roma, aveva dichiarato: “Le indagini ci dicono della presenza di personaggi…fra questi il dottor G. G. che è stata una delle menti pensanti di Cosa nostra che è libero, in circolazione, ed è fisso a Roma e si incontrava con S. R.. Da diversi anni sono presenti nella Capitale anche il fratello, la sorella e la mamma di F. e G. G. .” Alcuni uomini vicini alla famiglia G. tornano come fantasmi del passato anche in questa indagine, sono in affari con i protagonisti di questi investimenti e operano proprio nei settori in cui erano presenti i boss di B.: la ristorazione e il settore del gioco d’azzardo15 . Infine, la storica presenza di uomini di vertice di Cosa nostra o dei loro famigliari su Roma è resa complessa anche dalla permanenza sul territorio romano e laziale di ex collaboratori di giustizia di “rilievo”. Si tratta di persone che non sono più sotto la protezione dello Stato, poiché oltre trent’anni dopo le stragi, il loro contributo informativo in alcuni processi è terminato. Rimasti in un limbo, fra la vita criminale di prima e il patto di collaborazione con lo Stato ormai concluso, alcuni di loro avrebbero ripreso rapporti con il tessuto socio-economico romano riportando in vita quel dialogo storico fra Cosa nostra e la mala romana che è fra gli elementi fondativi del sistema criminale complesso che condiziona la Capitale”, continua.
“Inizialmente dediti al prestito a tasso usuraio e alla ricettazione secondo il collaboratore di giustizia M. C., gli S. cominciarono a rafforzarsi a partire dal 2004. Così dichiarava, infatti, C.: “Posso solo dirvi che gli S. sebbene molto numerosi, erano solo manovalanza per conto di altre organizzazioni criminali, in particolare quella dei F.”49 . La pressione degli investigatori sul litorale e sulla famiglia F., le sentenze del tribunale di Roma, le dinamiche mafiose della Capitale hanno spostato in avanti il ruolo degli S. che non sembrano aver cambiato caratura criminale quanto posizionamento. Successivamente negli ultimi anni anche il gruppo S. è stato oggetto di indagini e processi sino a sentenze che ne hanno evidenziato la “mafiosità”, in un meccanismo di contagio criminale che abbiamo più volte illustrato nelle scorse edizioni e che viene efficacemente sintetizzata dal procuratore capo di Roma in alcuni suoi interventi in merito al rapporto fra le mafie locali e le mafie tradizionali presenti dagli anni ‘70 a Roma: “è una espansione del modello culturale-criminale delle mafie […] il modello mafioso produce un effetto emulativo anche sulle altre organizzazioni criminali. Nei territori in cui coesistono e convivono organizzazioni e gruppi criminali, di cui alcuni a derivazione mafiosa, come il Lazio, che è da questo punto di vista un vero e proprio laboratorio, c’è una trasfusione di comportamenti e di modelli criminali reciproca che è estremamente pericolosa. Da un lato, infatti, i gruppi a matrice mafiosa acquisiscono un know how professionale-criminale in settori economici come, ad esempio, quello del gioco d’azzardo, che nel Lazio ha un suo peso […] che prima non avevano. Al contrario, dall’altro lato, le organizzazioni mafiose al contatto con questi gruppi di diversa matrice criminale trasmettono il metodo mafioso, ovvero il controllo del territorio, l’accumulazione del potere criminale e l’abilità di esercitarlo senza dover ricorrere sempre all’uso della violenza, soltanto minacciandola. Questa capacità di “contagio” di modelli criminali da parte delle mafie spesso non la consideriamo ma è estremamente pericolosa […] Immaginate poi cosa può accadere quando si collocano sistemi criminali di tipo mafioso come questi, all’interno di sistemi collusivo-corruttivi in stato avanzato50 ””, prosegue.
“Gli equilibri tra le varie organizzazioni sono fragili, sia per i notevoli interessi criminali in gioco, dal narcotraffico al gioco d’azzardo, sia per la fluidità dei gruppi criminali in campo. E anche il ruolo di garanti della pax mafiosa romana, visti da Ostia, cambia a seconda delle esigenze del momento: si va dai noti M. S. e F. D’A. storici esponenti della malavita romana sino a S. C. e al defunto F. P., protagonisti della cosiddetta pax mafiosa di Grottaferrata”, aggiunge.
“La situazione economica in cui versa il Lazio e la città di Roma è stato oggetto di uno studio curato da Crime&Tech nel 2018. Gli studiosi che hanno adottato come indicatore principale il tesoretto rappresentato dai beni confiscati nella regione e nella Capitale138 . Dopo un accurato lavoro hanno descritto nelle conclusioni la situazione della criminalità organizzata nell’economia: “L’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia è particolarmente intensa nel Lazio. Questa si concentra in particolare nella provincia e nella città di Roma, che presentano (così come anche quella di Latina) un tasso di infiltrazione più che doppio rispetto alla media nazionale. L’infiltrazione tocca inoltre tutti i principali settori dell’economia laziale, indirizzandosi in maniera particolare verso alloggio e ristorazione, commercio, immobiliare e costruzioni. Alcune vicende specifiche e significativamente hanno riguardato anche i trasporti, le scommesse e il gioco, gli stabilimenti balneari e gli appalti pubblici nel settore dei servizi. Il panorama dei gruppi di criminalità organizzata infiltrati nell’economia legale della regione mostra un fondamentale equilibrio tra mafie tradizionali da un lato (con una certa preminenza della Camorra) e organizzazioni locali, “autoctone” e “autonome” dall’altro (tra cui spiccano l’organizzazione di B. e C. e i gruppi legati all’ex-Banda della Magliana). A livello settoriale, però, emergono alcune differenze importanti. La Camorra investe principalmente nel settore della ristorazione e si colloca principalmente nel centro di Roma. La ‘ndrangheta è presente principalmente nelle costruzioni, nelle attività immobiliari e nel commercio, e ha una distribuzione più diffusa sul territorio. Le organizzazioni locali hanno invece un ventaglio di investimenti molto vario, che tocca tutti i principali settori coinvolti e riflette dal punto di vista territoriale la presenza degli specifici gruppi”139 . Lo studio suggerisce anche una specificità nel rapporto fra mafie e economia criminale nella Capitale. E mettendo a confronto lo scenario economico e quello criminale è possibile individuare su Roma due spinte concentriche di penetrazione fra mercati illegali e legali, una proveniente dal basso e una dall’alto. Questa suddivisione consente di inquadrare i diversi fenomeni economici e criminali che attraversano la Capitale”, si legge ancora.
“Come già documentato nel paragrafo sul narcotraffico a Roma e sulle narcomafie nei quartieri, i ricavi e il volume d’affari non sono uguali per tutti. Come racconta sempre T.: “i calabresi hanno sempre la droga. Alcune volte e ci sono dei conflitti, i romani hanno le piazze qua a Roma e i calabresi li riforniscono142 ”. Dentro questa continua iniezione di denaro, si attivano sia le mafie tradizionali – come sottolineato dagli studiosi di Crime&Tech – che le mafie locali e i gruppi di narcomafie che operano nelle borgate. Il “credito a strozzo”, com’è chiamato in città, è il rito criminale romano per eccellenza. Ha solide radici nel modello di vita dominante nella Capitale, si è tramandato nel tempo. Si è evoluto da una forma singola – quella dei cosiddetti cravattari romani – ad una più sofisticata e organizzata, gestita ad oggi dalle mafie locali e dalle narcomafie, nate nei quartieri in cui operano, e la cui principale attività di reimpiego del capitale illecito incassato dallo spaccio di droga è il prestito abusivo di soldi. Prestano a tutti: piccoli commercianti o ristoratori, imprese e famiglie, dipendenti dal consumo di droga come dal gioco d’azzardo, imprenditori in difficoltà con i fornitori o con il fisco, aziende che vogliano fare il salto di qualità sprovvisti di liquidità. Le mafie romane hanno fondato gran parte del loro potere e dell’identità criminale sulla capacità di vendere soldi, propri o di altre mafie. Il tasso usuraio imposto per la restituzione della somma prestata alla vittima – che, come raccontano le indagini, può arrivare a sfiorare percentuali dell’Ottocento percento143 o durare a vita144 – rappresenta l’investimento più redditizio per due ordini di ragioni: il primo è di tipo economico, chi presta i soldi detta le condizioni di restituzione e chi è costretto a rivolgersi ai boss è molto spesso convinto di non avere altra scelta145 . La seconda ragione è più profonda e meno immediata ma altrettanto importante per chi i soldi li presta. Lo scambio di denaro con il cittadino o l’imprenditore è il primo patto non scritto che genera un legame con il territorio, in una formula immediata e irrevocabile. L’imbarazzo e il silenzio della vittima del prestito a tasso usuraio crea la relazione con chi lo concede. Non c’è rapporto criminale o mafioso che nasca a Roma privo di questo elemento fondativo dell’economia criminale romana. Inoltre, l’uso del metodo mafioso da parte dei clan locali in questi anni è stato rilevato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Roma anche nel reato strettamente connesso al prestito, ovvero il recupero abusivo del credito. In questo specifico segmento, dalle indagini monitorate in questi anni, sembrano operare in regime di monopolio la mafia e la malavita locale, anche nella riscossione dei crediti delle mafie come camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra. Violenze, sequestri di persona, gambizzazioni e pestaggi sono modalità tipiche del metodo romano del recupero crediti, che non risparmia neppure personaggi famosi o vicini al mondo della politica. E che molto spesso termina con l’appropriazione indebita dell’attività dell’usurato, dei suoi beni o dei suoi potenziali investimenti futuri. Tutte queste vicende vedono uno scambio continuo di dialoghi, relazioni, accordi e scontri – documentati dalle indagini delle forze dell’ordine – fra i gruppi di usurai e la borghesia romana146 . Nell’anno preso in esame, segnaliamo due operazioni – già trattate in altri paragrafi del Rapporto – che hanno restituito questo fenomeno in maniera molto evidente, si tratta dell’operazione in cui all’investimento di denaro in attività di ristorazione si affianca proprio il prestito a tasso usuraio da parte di una delle note famiglie di camorra gravitanti su Roma, i M.. In una intercettazione, si evince quanto il prestito a tasso usuraio e gli altri reati economici portino dentro le attività della Capitale i boss in maniera pervasiva”, prosegue.
“Nell’ambito del rapporto fra criminalità economica e mafie a Roma segnaliamo fra gli altri, l’alert più volte lanciato dalla Direzione investigativa antimafia sul rischio rappresentato dal profitto sommerso nel settore del gioco. Nella loro relazione semestrale scrivono: “Nel paniere degli investimenti criminali, il gioco d’azzardo rappresenta uno strumento formidabile prestandosi agevolmente al riciclaggio e garantendo alta redditività: dopo i traffici di stupefacente è probabilmente il settore che assicura il più elevato ritorno dell’investimento iniziale, a fronte di una minore esposizione al rischio. Camorra ‘ndrangheta, mafia e criminalità autoctona si dividono una torta di affari rilevanti, anche in alleanza fra loro. Il settore crea un reticolo pari a quello della rete di spaccio. La disseminazione dei punti di raccolta scommesse è paragonabile alla rete di pusher di una piazza di spazio, con evidente differenza che i primi raccolgono denaro virtuale senza destare clamore e immediatamente inviato all’estero e più facile da riciclare”. L’ingresso delle mafie in questo settore è risalente nel tempo, tant’è che la prima Commissione antimafia che si è occupa delle mafie nel Lazio, ha segnalato la presenza di uomini della banda della Magliana e di altre mafie nel settore del gioco d’azzardo155 . Sono passati molti anni e la situazione si è particolarmente evoluta, come ha dimostrato negli ultimi tempi l’indagine che ha coinvolto professionisti del gioco d’azzardo e mafie tradizionali, come la ‘ndrangheta operanti su Roma. Su tutte, l’operazione Imitation Game156 che nel gennaio 2016 ha contribuito a svelare un sistema che operava nell’ambito delle slot machines e del gioco d’azzardo on line. Un “doppio livello” gestito un imprenditore del settore che grazie ad una serie di relazioni e di rapporti anche con ambienti criminali che vanno dai gruppi insediati su Ostia, ad altri che fanno parte del clan dei C., sino ad alcuni soggetti particolarmente qualificati appartenenti alla ‘ndrangheta, avrebbe costituito delle piattaforme informatiche sulle quali dar vita a siti on line per il gioco del poker, al quale accedevano diversi utenti da postazioni remote, ovvero periferiche, localizzate nella città di Roma, nel quartiere di Ostia e al contempo capillarmente diffuse su tutta l’area nazionale. Riportiamo la valutazione del procuratore M. P. sulla pericolosità di questo scambio di saperi criminali nel tessuto economico romano: “Si tratta di un imprenditore che originariamente non è mafioso e probabilmente non vuole neppure diveltarlo, si avvale del controllo sociale sul territorio che le organizzazioni mafiose esercitano in determinati contesti per raggiungere quel mercato, installare le postazioni remote in regime di assoluto monopolio e quindi estendere la propria influenza, conquistando segmenti di mercato, vincendo qualsiasi tipo di concorrenza anche illecita e criminale”157 . Una sorta di inversione dei ruoli in cui è l’imprenditore specializzato nel settore dell’azzardo a ritenere più qualificato per il raggiungimento degli obiettivi sopra citati, il know-how imprenditoriale delle mafie in questo segmento di mercato: una “consulenza” e “compartecipazione” che ha un costo per l’imprenditore, come accertato dalle indagini, e anche per la collettività. Mentre ancora cerchiamo di capire il funzionamento di questi meccanismi per prevenirli con politiche adeguate o per contrastarne gli effetti, le organizzazioni criminali hanno già occupato il darkweb e – secondo i report dell’antimafia – stanno generando altrove alcuni segmenti di profitti e strutturando relazioni su economie virtuali che potrebbero decollare nei prossimi anni. Certamente, come risulta dalle indagini anche della procura di Roma, il mercato del traffico illecito di droga e armi è ormai consolidato anche on line”, continua.
“Scrivono gli investigatori della Direzione investigativa antimafia nella relazione semestrale del 2020: “L’incidenza criminale registrata nel frusinate è prevalentemente determinata dall’operatività di proiezioni dei sodalizi campani, con particolare riferimento alle storiche presenze del clan Venosa ed alle proiezioni del clan dei C.e del clan Mallardo. Riscontri investigativi hanno inoltre, nel tempo, evidenziato gli interessi, oltreché dei C., anche dei M. e dei M. nel settore del gioco, attraverso il riciclaggio di denaro in settori quali il bingo, la raccolta delle scommesse sportive ed ippiche, i videopoker e le c.d. new slot. Nel particolare comparto è recentemente emersa anche una proiezione della criminalità lucana. Anche nel territorio di Cassino si è registrata, nel tempo, una crescente presenza di proiezioni dei sodalizi criminali campani, in particolare originari del casertano. Nell’area risiedono soggetti appartenenti al cartello dei C., agli E. di Sessa Aurunca, ai B. di Marcianise, ai clan napoletani L., G., M., D. L. ed al clan dei G., originario di Torre Annunziata. Nella provincia, inoltre, hanno trovato rifugio numerosi latitanti, come dimostrano gli arresti avvenuti, negli anni passati, di alcuni esponenti di spicco legati ai clan A.-P., P. e dei C. 193 . Anche il territorio di questa provincia è stato utilizzato per trascorrere periodi di latitanza, come emerso anche nel corso 2018. In particolare, il 24 gennaio 2018, in un casolare di Cassino, è stato catturato il reggente del gruppo P. di Marano di Napoli, ricercato dal 2011. Il successivo 26 giugno, a Fiuggi (FR), è stato eseguito un ordine di esecuzione di pena detentiva a carico di un pregiudicato, contiguo al clan A.-P., condannato per traffico internazionale di droga ed associazione di tipo mafioso, il quale si trovava nella cittadina laziale agli arresti domiciliari. Da ultimo, il 19 ottobre, è stato catturato sul territorio un esponente del clan dei C., ritenuto vicino al già arrestato boss M. Z.. Nello stesso comune di Fiuggi, nel mese di luglio, sono stati sequestrati beni immobili nella disponibilità di due fratelli legati al gruppo casertano Z.”, sottolinea.
“Scrivono i magistrati G. P. e M. P. nel loro libro “Modelli criminali 2 ”: “si tratta di un modello la cui perdurante funzionalità è dimostrata dai numerosi sequestri di beni e attività che si sono susseguiti negli ultimi anni. Con il tempo […] si stanno affermando forme evolute e complesse d’investimento delle ricchezze mafiose: attraverso la penetrazione di un tessuto socio-economico nuovo e ricco di potenzialità, come quello romano, gruppi di camorra, cosche della ‘ndrangheta e anche importanti famiglie di Cosa Nostra vi stanno esportando interi affari, delocalizzando e più spesso replicando attività quali la gestione delle sale gioco e delle slot machine, l’organizzazione del traffico delle sostanze stupefacenti, il controllo di improntati mercati commerciali””, aggiunge.
“La Dia ha sottolineato come la mafia siciliana continui ad investire ancora oggi nella capitale: recenti indagini hanno appurato come le famiglie mafiose del capoluogo siciliano abbiano intensificato l’attività di riciclaggio di denaro frutto di provento illecito anche avvalendosi di proiezioni sul territorio nazionale139 . L’infiltrazione nell’economia legale è stata riscontrata nel periodo in esame dagli esiti dell’operazione “Gerione” conclusa il 15 gennaio 2021. L’indagine ha documentato un sistema di “attribuzioni fittizie” del capitale sociale di alcune aziende operanti nel settore della ristorazione sul territorio della Capitale, posto in essere da alcuni affiliati alla famiglia di Porta Nuova al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali 140 . Nel gennaio del 2021 infatti scatta l’importante operazione Gerione del Ros, coordinata dai procuratori aggiunti della DDA di Roma M. P. e I. C.. Al centro dell’indagine il boss F. P. M.. Questi si è trasferito a Roma da moltissimi anni, fra l’Olgiata e Collina Fleming141 . Nel 2010, aveva lanciato nuovi investimenti nel settore della grande distribuzione142 . Aveva aperto locali e si era dedicato soprattutto alla distribuzione del caffè, attraverso una girandola di società. Nella Capitale, il boss palermitano aveva investito in un bar a Testaccio attraverso la ditta “S. è d.”, Sicilia è dolce143 . Le indagini, coordinate dai procuratori aggiunti della DDA di Roma M. P. e I. C., hanno individuato il reticolo di investimenti del boss M. a Trastevere nel settore della ristorazione anche con la famiglia R. che con F. P. M. hanno interessi nel settore della ristorazione e nel gioco d’azzardo legale”, continua.
“Nel corso del 2021 la Prefettura di Latina ha emesso nove interdittive, di cui due nei confronti di altrettante società cancellate dalla white list. Nell’elenco delle imprese attinte da tali provvedimenti, tre operano nel settore delle costruzioni, una nei trasporti, una nell’ambito delle mediazioni, mentre due sono bar che ospitano apparecchi per giochi e scommesse”, prosegue.
“I traffici di stupefacenti continuano a rappresentare un’importante fonte di lucro per i gruppi organizzati attivi nella provincia, così come l’usura, il riciclaggio, il settore dei giochi e delle scommesse e quello dei rifiuti, segmenti criminali sui quali le mafie hanno lucrato sfruttando le opportunità del territorio, con i conseguenti rischi di infiltrazione dell’economia legale alimentati dall’emergenza pandemica. Tra l’altro nel territorio provinciale hanno trovato rifugio numerosi latitanti, come dimostrano gli arresti avvenuti nel recente passato di esponenti di spicco legati ai clan A.-P., P. e ai c.”, conclude.
Ecco il documento integrale. cdn/AGIMEG