Easg Malta. CQUniversity di Bundaberg: spot portano giocatori ad essere più prudenti nelle scommesse

Ridurre o vietare ai bookmaker di fare promozioni, nonostante l’intento sia quello di fare perdere meno soldi ai giocatori, in realtà può ottenere l’effetto opposto perché li induce a puntare su scommesse a più alto rischio. A dirlo sono i ricercatori della australiana CQUniversity di Bundaberg ai quali la Victorian responsible gambling foundation, un’organizzazione creata dal Parlamento vittoriano, per affrontare i problemi legati al gioco d’azzardo, ha chiesto di indagare l’effetto della pubblicità sugli scommettitori.
La ricerca, intitolata Effects of wagering advertisements and inducements on betting behavior, è stata presentata da Nerilee Hing, professore di scienze medich applicate alla alla 12a conferenza dell’Easg in corso a Malta.
I ricercatori hanno utilizzato diversi metodi di rilevazione su un campione di circa 400 appassionati di scommesse ippiche e 300 soggetti che praticano con regolarità scommesse sportive.
Oltre ai messaggi pubblicitari tradizionali, come gli spot durante le trasmissioni di eventi sportivi, sono state prese in esame anche le forme di promozione alternative, soprattutto le pubblicità on line, i bonus e i cosiddette messaggi diretti, tipicamente quelli che arrivano via e-mail. Gli scommettitori hanno risposto a delle domande che venivano mandate loro via sms durante tre diversi periodi di osservazione di una settimana ciascuna. Una canale, quello dell’sms, che ha permesso di avere dei dati più attendibili, rispetto ai questionari somministrati a distanza dall’evento sul quale viene intervistato un soggetto: l’sms arrivava durante la giornata, quindi anche quando l’intervistato aveva appena piazzato una scommessa o aveva appena visto una pubblicità.
Non sono state rilevate grosse differenze di comportamento tra le due categorie analizzate: scommettitori rispettivamente su corse ippiche e su eventi sportivi. Anche se i primi sembrano subire maggiormente l’influenza dei messaggi promozionali e pubblicitari: mentre per l’ippica, la pubblicità sembra fare raddoppiare la spesa, per gli eventi sportivi, si parla di un 50%.
Naturalmente, va considerato che nella cultura australiana la corsa ippica è vissuta un po’ come nel Regno unito, con una valenza diversa rispetto ai Paesi mediterranei.
È stata misurata anche l’efficacia di due diversi canali pubblicitari alternativi: banner sui siti web e le app, e la pubblicità diretta, come le e-mail o gli sms.
Ed è risultato che i messaggi sul web o sulle app influenzano la decisione di scommettere per il 25% circa dei soggetti esposti mentre la pubblicità diretta influenza il 40% dei soggetti esposti.
Inoltre, lo scommettitore sportivo ha dichiarato che i messaggi visti durante l’evento sportivo l’avrebbero indotto a essere più prudente nelle scommesse.
In definitiva, Nerilee Hing ha detto che limitare o vietare la pubblicità potrebbe risultare inefficace anche perché rimangono i canali alternativi dei social media e delle piattaforme mobile (tipicamente, le app su smartphone). gpm/AGIMEG