Tassa 500 milioni: dopo la pronuncia del Tribunale di Roma si accende lo scontro tra gestori e concessionari. Avv. Bloise ad Agimeg: “La posizione dei gestori minacciata dal blocco dei nulla osta”

E’ sempre infuocato lo scontro tra gestori e concessionari per stabilire quanto ciascuno debba pagare della tassa dei 500 milioni, come dimostrano il ricorso al Tar Lazio promosso dalla Sapar per accedere agli atti – e quindi poter esaminare i conteggi fatti dai concessionari – e la decisione del Tribunale Ordinario di Roma di negare la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo chiesto da un concessionario proprio per riscuotere la quota da un gestore.
Tutto parte dalla tassa dei 500 milioni che il Governo ha addossato al segmento degli apparecchi con la Legge di Stabilità del 2015. La norma originaria prevedeva che i concessionari dovessero pagare integralmente il balzello, e poi ne ripartissero il peso con gli altri soggetti della filiera attraverso delle rinegoziazioni contrattuali. Il meccanismo della tassa era però mal congegnato: nel caso delle slot sono infatti i gestori a scassettare le macchine, e controllano quindi i cosiddetti flussi di cassa. I gestori si sono nella maggior parte dei casi rifiutati di versare le somme richieste, e i concessionari si sono trovati a dover versare una tassa, senza essere in grado di riscuotere le somme necessarie. Una quota della tassa ancora non è stata versata, l’ammontare esatto non è stato nemmeno ufficialmente quantificato, all’appello mancano tra i 130 e i 170 milioni di euro.
Concessionari e gestori hanno sommerso il Tar Lazio di ricorsi, e il giudice amministrativo alla fine ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale. Nel mentre, il Governo è intervenuto con la Stabilità del 2016: ha abrogato la tassa per gli anni successivi – sostituendola con un aumento del Preu – e per il 2015 ha dettato una norma interpretativa. Ha in sostanza stabilito che per il 2015 ogni soggetto della filiera dovesse concorrere al pagamento della tassa in base ai compensi ricevuti. A quel punto la Corte Costituzionale ha ritenuto che la formula adottata dal Governo avesse risolto la questione, e ha rispedito la tassa al Tar Lazio che – siamo a giugno 2019 – ha respinto i ricorsi.
Il punto fermo a questo punto è che ogni soggetto deve partecipare al pagamento della tassa in proporzione al compenso che ha percepito. Il problema però è appunto la quantificazione delle somme, e ci si muove su un doppio binario, amministrativo e civile.
Da un lato c’è la Sapar che ha riportato la questione al Tar Lazio: in sostanza ha dapprima chiesto ai Monopoli di poter accedere ai conteggi effettuati dai concessionari per verificarne la correttezza. E, scaduti i termini, ha quindi impugnato il silenzio dell’Amministrazione. Si attende adesso la fissazione dell’udienza.
Dall’altra ci sono i Tribunali Civili dove si è spostata la battaglia: i concessionari infatti hanno promosso centinaia di cause in tutta Italia, cercando di costringere i gestori a versare le somme dovute. Anche in questa sede i gestori contestano i conteggi effettuati dai concessionari. “Al momento non ci sono sentenze di merito” spiega a Agimeg l’avv. Generoso Bloise che ha seguito da vicino la questione, visto che ha curato la difesa di diversi gestori. “O meglio, ce ne sono un paio, di Lucca e di Roma, ma sono casi a se stanti, e non se ne possono trarre principi generali”. I concessionari cercano però di sfruttare i decreti ingiuntivi, e questi si sono rivelati un’arma molto efficace, tanto che quando il giudice ha concesso la provvisoria esecuzione, molto spesso la controversia si è fermata qui.
Le cause sono centinaia, e è impossibile tracciare un bilancio esatto, ma la maggioranza delle decisioni è in favore dei concessionari. “Con il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, il concessionario può effettuare un pignoramento, bloccare dei conti correnti e in caso di non solvibilità del gestore e ove ne ricorrano i presupposti arrivare fino alla presentazione di istanza di fallimento. Con quello non immediatamente esecutivo, invece, occorre attendere la sentenza prima di minacciare una procedura esecutiva”. Il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo è uno strumento molto forte, ma non è solo quello il problema. “Non bisogna dimenticare le clausole contrattuali che disciplinano l’automatica risoluzione in caso di ritardato pagamento, i contratti tra concessionari e gestori ne sono piene. Su questo punto bisogna capire – e non ci sono sentenze che lo chiariscano in via definitiva – se la legge ha inciso anche sulla applicabilità di clausole pattizzie derogatorie di principi generali come sono appunto quelle di risoluzione automatica del contratto” spiega ancora Bloise. “In pratica se pure si può immaginare che la legge abbia inserito nel contratto l’obbligo di pagare il contributo di legge di Stabilità, come possiamo dire che la legge ha anche previsto, modificando specifiche clausole del contratto, che le conseguenze del mancato adempimento, magari anche parziale dell’obbligo determina lo scioglimento del vincolo contrattuale?” Si tratta di un dubbio fondamentale da sciogliere: “il quadro generale è oggi del tutto diverso da quando è nato questo contenzioso, basti pensare che nel 2015 non c’era ancora il blocco dei nulla osta. Oggi, se il concessionario risolve il contratto con un gestore, quest’ultimo perde i nulla osta in pratica chiude l’azienda” conclude Bloise. “Quindi una pronuncia chiara su questo aspetto sarebbe più rilevante di quelle ad oggi rese in fase di merito, come detto poco significative nel quadro generale, e in caso di pronunce sulla sola sospensiva, importanti ma non determinanti”. gr/AGIMEG