Lannutti (Idv) “Il Governo ponga un freno al modello di liberalizzazione controllata del gioco d’azzardo in Italia”

Il senatore Elio Lannutti (Idv) ha presentato un’interrogazione a risposta scritta, chiedendo quali iniziative intende assumere il Governo riguardo il dilagare dei giochi. Lannutti ha preso come spunto il dossier della campagna “Mettiamoci in gioco” e “Azzardopoli 2.0” presentato il 4 dicembre scorso. Lannuti ha chiesto inoltre se non si “ritenga opportuno accogliere le richieste della campagna adoperandosi per porre un freno al modello di liberalizzazione controllata del gioco d’azzardo in Italia”, “quali misure intenda adottare al fine di evitare che le famiglie italiane, attratte dal miraggio del facile ed immediato arricchimento in una situazione di grave crisi economica accompagnata da pesante disoccupazione, continuino a precipitare in vere e proprie forme di dipendenza patologica da gioco”, “quali iniziative infine intenda intraprendere al fine di evitare che la criminalità organizzata continui a trarre il massimo profitto dal settore dei giochi e delle scommesse; quali siano le ragioni del fenomeno, a parere dell’interrogante di regressione, per cui, invece di pensare ad un nuovo sistema di controllo e pianificazione del problema delle slot machine, mille nuovi giochi del genere sono stati messi on line aumentando l’offerta del gioco d’azzardo legale”. Ecco il testo integrale dell’interrogazione:

Ai Ministri dell’economia e delle finanze e della salute – Premesso che:

nel corso della conferenza stampa che si è tenuta al Senato il 4 dicembre 2012 è stato presentato il dossier della campagna “Mettiamoci in gioco” e “Azzardopoli 2.0”;

su “AgenParl” dello stesso giorno si legge: «Siamo sicuri che lo Stato, e la collettività, ci guadagnino favorendo la diffusione del gioco d’azzardo? “Mettiamoci in gioco”, campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo risponde con un chiaro “no, non ci guadagnano affatto”. Una posizione ribadita oggi rendendo pubblico al Senato un dossier sui costi sociali e sanitari del gioco d’azzardo. All’interno dell’iniziativa Libera ha presentato il dossier “Azzardopoli 2.0”, sulla presenza delle mafie nel settore. (…) Se è vero che lo Stato potrebbe incassare quest’anno 8 miliardi di euro, grazie alle tasse versate dai concessionari dei giochi, la campagna promossa da Acli, Adusbef, Alea, Anci, Anteas, Arci, Auser, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fondazione Pime, Gruppo Abele, InterCear, Libera, Uisp stima in una cifra compresa tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui i costi sociali e sanitari che il gioco d’azzardo patologico comporta per la collettività. A questi vanno aggiunti 3,8 miliardi di euro di mancato versamento dell’iva, nel caso in cui i 18 miliardi di euro, sul fatturato complessivo, che non tornano ai giocatori in forma di montepremi fossero stati spesi in altri consumi (con iva al 21%). Ma ci sono poi i costi non facilmente stimabili, che riguardano l’aggravarsi di fenomeni sociali rilevanti: le infiltrazioni mafiose nei giochi, la crescita del ricorso all’usura, il peggioramento delle condizioni delle persone più fragili e povere, maggiormente esposte alla seduzione di slot e biglietti della lotteria, i sussidi da versare a chi si rovina giocando, l’incremento delle separazioni e dei divorzi, un aumento impressionante di giocatori tra i minorenni. (…) La campagna stima tra gli 88 e i 94 miliardi di euro il business dell’azzardo, nel nostro paese, per l’anno in corso, terza industria nazionale con il 4% del Pil prodotto. Ma se il giro d’affari cresce, le entrate per lo Stato – in percentuale – scendono incessantemente: si è passati dal 29,4% del 2004 all’8,4% del 2012, sul totale del fatturato. Che significa una cifra più o meno simile di entrate fiscali mentre il fatturato è cresciuto di quasi il 400 per cento (…) Mentre i consumi e i risparmi delle famiglie italiane decrescono, dunque, le spese per i giochi non conoscono crisi: siamo il primo paese al mondo per il Gratta e vinci, abbiamo un numero pro capite di macchine da gioco di ultima generazione – le Vlt – triplo rispetto agli Stati Uniti, deteniamo il 23% del mercato mondiale del gioco on line. La spesa pro capite annua per ogni italiano maggiorenne va, a seconda delle stime, da 1703 a 1890 euro. Le persone che hanno problemi di dipendenza sono tra le 500mila e le 800mila, quelle a rischio sono quasi due milioni. Insomma, l’Italia è tra i primi paesi al mondo per consumi di gioco d’azzardo. (…) Il Dossier di Libera “Azzardopoli 2.0” segnala cifre allarmanti anche per quanto riguarda il coinvolgimento delle mafie e il gioco illegale. Ammonta a 15 miliardi di euro il fatturato stimato del gioco illegale per il 2012. Ben 49 clan gestiscono giochi di vario genere: dai Casalesi di Bidognetti ai Mallardo, dai Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli Schiavone. (…) Con la presentazione dei due dossier la campagna si rivolge prima di tutto alle Istituzioni e ai partiti affinché intervengano in modo molto più incisivo in materia di gioco d’azzardo, ponendo al primo posto la tutela della salute del cittadino. La recente vicenda del decreto Balduzzi sulla sanità ha evidenziato ancora una volta la forza della lobby dell’azzardo, capace di affondare i buoni propositi del ministro. È invece necessario che il tema sia messo al più presto in agenda, fin dall’inizio della prossima legislatura. È evidente che i dati sul fenomeno di cui disponiamo sono largamente insufficienti. La campagna ha voluto raccoglierli per evidenziare tutti i punti problematici, ma è urgente un’azione di indagine per valutare il fenomeno del gioco d’azzardo e i costi sociali e sanitari che comporta. A tal proposito, la campagna rivolge un appello al mondo dell’università e della ricerca per realizzare insieme indagini più estese ed accurate. Infine, tutto questo sarà possibile solo con un forte coinvolgimento dell’opinione pubblica, che non ha affatto chiare tutte le implicazioni e i rischi della diffusione del gioco d’azzardo»;

scrive Federico Fubini per il “Corriere della Sera” del 5 dicembre 2012: «Forse è solo un esempio in più di un’Italia in cui si predica in un senso di marcia e si razzola nell’altro. È il Paese in cui i partiti della maggioranza chiedono liberalizzazioni, ma bloccano le gare sulle concessioni demaniali. È l’economia dalla quale tutti dicono che lo Stato deve ritirarsi, mentre la Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro) moltiplica le sue iniziative a sostegno delle imprese. Va dunque capito Luigi Magistro, nuovo direttore generale dei Monopoli dello Stato, se per un attimo è parso applicare lo stesso doppio senso di marcia anche a oggetti banali come le slot machine. Quegli strani ingranaggi si stanno forse ritirando dai bar sotto casa o dalle sale Bingo di quartiere, a tutela dei cittadini, ma hanno appena fatto il loro ingresso dalla porta principale in un posto che conosciamo anche meglio: casa nostra (e il nostro smartphone). Aveva detto appena una settimana fa Magistro in un’intervista al Corriere: sulle slot machine “dovremo intensificare i controlli, ma anche ripianificare la collocazione, evitandone la presenza vicino alle scuole, ai luoghi di culto, agli ospedali”; semmai, ha aggiunto Magistro, bisognerà “concentrare la presenza nel territorio” e “limitare al massimo l’introduzione di nuovi giochi”. Detto fatto. È appena asciutto l’inchiostro su quelle frasi, che dall’altro ieri le slot machine sono entrate nelle case (benché Magistro avesse dimenticato di dirlo). È la sorpresa di Natale: da lunedì, più di mille nuovi giochi di modello slot sono legalmente “online”. Basta introdurre codice fiscale e numero di carta di credito, quindi giocare sul computer dal sofà in soggiorno. Sarà forse lontano dagli ospedali e dalle scuole, dalle chiese, dalle sinagoghe o dalle nuove moschee, come sancisce il decreto voluto dal ministro della Salute Renato Balduzzi per difendere i più vulnerabili. Ma è in tinello a portata dei figli, dei nipoti, dei vecchi genitori e dei cassaintegrati rimasti a casa tutto il giorno. Secondo i Monopoli dello Stato, non è che l’applicazione di una legge di due anni fa. Altri tempi. Nel frattempo però né l’agenzia né il ministero del Tesoro, che la controlla, hanno rinunciato a distribuire 50 nuove concessioni per le slot sul web. In fondo è solo il prosieguo di un aumento dell’offerta di gioco d’azzardo (legale) che ha sprigionato tassi di crescita cinesi in un Paese che, per il resto, vive una decrescita del Pil fra le più rapide al mondo. Nelle scommesse legali gli italiani hanno speso 15,4 miliardi di euro nel 2003 e 79,8 miliardi nel 2011. È un incremento del 52% l’anno, per un fatturato che vale il 5% del Pil e mette il settore fra le prime industrie del Paese. In base ai dati dei Monopoli, in Italia la spesa media in scommesse per abitante maggiorenne è stata di 1.586 euro nel 2011: il 13,5% del reddito. È ormai una delle grandi voci di spesa degli italiani, che nel frattempo tirano la cinghia su tutto il resto. Ogni euro in più speso in scommesse, spesso, è un euro in meno in acquisti di prodotti utili di imprese italiane rimaste oggi senza mercato nel Paese. Ma per i conti dello Stato, si sa, è una manna. Le concessioni agli impresari del gioco d’azzardo fruttano circa 8 miliardi l’anno all’Erario, a cui si aggiungono le tasse sulle vincite. In totale si tratta di entrate che riducono il deficit di quasi l’1% del Pil ogni anno. Il problema è che nel 2012, per la prima volta, la crescita delle scommesse sta frenando: saliranno al più del due per cento, mentre le entrate erariali sono per la prima volta in calo di 500 milioni. Facile dunque sospettare che le nuove slot online servano (anche) a incrementare i flussi di cassa per lo Stato. Non solo a sfidare le piattaforme offshore, come si dice. Come fossero queste le riforme strutturali per risanare l’Italia»,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di istituire un tavolo di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel settore, con la finalità di definire i criteri e le iniziative di una diversa campagna di educazione al gioco e di prevenzione dei rischi indotti dal gioco d’azzardo;

se ritenga opportuno accogliere le richieste della campagna adoperandosi per porre un freno al modello di liberalizzazione controllata del gioco d’azzardo in Italia; per restituire un potere decisionale alle comunità locali che sono espropriate di ogni funzione di governo del fenomeno; per impedire la pubblicità del gioco d’azzardo con appositi divieti; per inserire le cure nei confronti dei soggetti affetti dal gioco d’azzardo patologico all’interno dei livelli essenziali di assistenza, in particolare con una normativa volta a equiparare il diritto alle cure e l’accesso gratuito e diretto ai servizi già garantiti nelle altre forme di dipendenza patologica; per rendere ufficiale da parte dei Monopoli di Stato il ritiro della campagna “Giovani e gioco”;

quali misure intenda adottare al fine di evitare che le famiglie italiane, attratte dal miraggio del facile ed immediato arricchimento in una situazione di grave crisi economica accompagnata da pesante disoccupazione, continuino a precipitare in vere e proprie forme di dipendenza patologica da gioco;

quali iniziative infine intenda intraprendere al fine di evitare che la criminalità organizzata continui a trarre il massimo profitto dal settore dei giochi e delle scommesse;

quali siano le ragioni del fenomeno, a parere dell’interrogante di regressione, per cui, invece di pensare ad un nuovo sistema di controllo e pianificazione del problema delle slot machine, mille nuovi giochi del genere sono stati messi on line aumentando l’offerta del gioco d’azzardo legale. rg/AGIMEG