Delega Fiscale: E’ scontro sui giochi. Tensioni tra Palazzo Chigi e il Tesoro, si fa strada anche l’ipotesi di lasciar decadere il decreto

Oggi è previsto un vertice Palazzo Chigi-Tesoro-Entrate sui decreti fiscali attuativi della delega. Fino ad una settimana fa pareva che tutto dovesse filare liscio. Baretta, dopo 7 mesi di confronto con gli operatori del settore giochi, ha prodotto un testo di riordino di 114 articoli, in cui sono state affrontate tutte le questioni aperte, dalla tassazione basata non più sulla raccolta ma sul margine, fino alla razionalizzazione del parco slot. Proprio questo è risultato uno dei nodi più complessi da sciogliere. Molte Regioni e molti Comuni hanno legiferato su distanze minime e su orari di apertura delle sale slot, ponendo limiti alla loro presenza sul territorio tali da portare in pochi anni, secondo l’industria dei giochi, alla scomparsa del settore. Baretta ha cercato una soluzione di compromesso, provando a garantire lo spegnimento di almeno 100 mila slot cercando contemporaneamente di relegare il resto in luoghi «segregati» e in «gaming hall», ma facendo in modo di salvare i 4 miliardi di gettito che il Tesoro ricava dagli apparecchi. Tutto questo, però, riconoscendo allo Stato centrale la potestà di legiferare e chiedendo a Regioni e Comuni di adeguarsi entro sei mesi. Baretta, tuttavia, non è riuscito a chiudere un accordo né con i governatori e neppure con i sindaci, che si sono fortemente opposti alla delega, preannunciando un Vietnam parlamentare. A poche ore dal consiglio dei ministri di venerdì, che dovrebbe deliberare sul decreto dei giochi – si legge oggi su Il Messaggero – Palazzo Chigi avrebbe riavocato a se il testo. Con la consulenza di alcuni studi legali internazionali, tra cui Cleary e Gottlieb, avrebbe prodotto un nuovo provvedimento più asciutto, di solo una ventina di articoli in tutto. Ma più che semplificare le cose, il nuovo testo le avrebbe complicate, riaprendo una serie di nodi che sembravano risolti. A questo punto, secondo fonti politiche, il decreto sui giochi potrebbe essere anche accantonato. Una possibilità vista come il fumo negli occhi dalle società del settore in attesa da anni di un quadro che dia certezza agli investitori, molti dei quali fondi stranieri, che hanno acquistato concessioni pubbliche. Il manager di una delle principali società, dietro anonimato, spiega che i concessionari sono pronti ad un contenzioso miliardario con lo Stato davanti alla Corte di giustizia europea, per chiedere indietro i soldi spesi per concessioni che rischiano di diventare carta straccia. E questo in un contesto in cui, nei prossimi mesi, il governo dovrà bandire le gare per rinnovare oltre 11 mila punti scommesse, il gioco del Bingo e l’Ippica. lp/AGIMEG