“La relazione alla proposta di legge n. 3036 cita un intervento a tutela delle attività commerciali storiche nel comune di Roma, con riferimento alla deliberazione 21 luglio 1997, n. 139, recante «Misure di tutela per i negozi storici di Roma». Va precisato che alla delibera citata si è affiancata la delibera dell’Assemblea capitolina (DAC) 17 aprile 2018, n. 47 (“Regolamento per l’esercizio delle attività commerciali e artigianali nel territorio della Città Storica”), che prevede tre ambiti territoriali caratterizzati da diversa disciplina, al fine di “conciliare le esigenze di sviluppo del tessuto economico della Società Storica con quelle di tutela del decoro nelle aree di maggior pregio, alcune delle quali attualmente caratterizzate da un diffuso degrado dovuto anche alla scarsa qualità offerta dalle attività commerciali e artigianali della tipologia alimentare”. In particolare, “si passa da un ambito più ampio – Città Storica (…) – caratterizzato da disposizioni specifiche ma non troppo limitative, ad un ambito intermedio – Città Storica (…) – con una regolamentazione più rigida – e ad uno più ristretto – Sito Unesco e Rioni che ricadono anche parzialmente nello stesso – ove sono previste prescrizioni ancor più stringenti, volte a garantire la qualità dell’offerta nel settore alimentare, e comprensive dei divieti di nuove aperture in tale settore a causa del superamento delle soglie di saturazione”. Nella Città storica è consentita (art.4) l’apertura di esercizi di vicinato, alimentari e non, e di laboratori artigianali; non sono previste attività “tutelate” o “vietate”. All’interno della Città Storica, le attività commerciali sono classificate in “tutelate” (individuate dall’art. 8 e condotte in via esclusiva, ovvero condotte in locali destinati esclusivamente all’esercizio di detta ed unica attività, per le quali è sancita una speciale regolamentazione inerente la chiusura e l’attivazione successiva di nuovi esercizi) e “vietate” (art. 11), che vanno – a titolo di esempio – dal commercio all’ingrosso alle sale giochi, dall’autolavaggio ai sexy shop. Nell’area del sito Unesco, è consentita solo l’apertura di attività tutelate (e cioè di una delle attività di cui all’articolo 8 condotte in via esclusiva), di cui si forniscono alcuni esempi: vendita settore alimentare a condizione che non venga effettuato il consumo sul posto; laboratori artigiani (ad esclusione delle attività di carrozzeria e autofficina), erboristeria, vendita di libri, anche abbinati a prodotti audiovisivi e a strumenti musicali, vendita esclusiva di articoli di cancelleria e di libri, vendita di articoli religiosi e arredi sacri, vendita di oggetti di antiquariato, galleria d’arte, attività di filatelia e numismatica, vendita di articoli per disegno, vendita di giocattoli, vendita di fiori e piante, gioielleria, “Negozi Storici” (si tratta degli esercizi commerciali, i pubblici esercizi, le parti di qualità e di particolare pregio nelle strutture alberghiere e le imprese artigianali che hanno svolto per più di cinquant’anni nello stesso locale, ovvero in uno analogo per posizione e significato storico-ambientale, un’attività di vendita al dettaglio e produzione e vendita al dettaglio inerente lo stesso genere merceologico), vendita di prodotti di alta moda o di prêt à porter, vendita di elementi di arredo, articoli da regalo, vendita di tessuti, filati e passamaneria, vendita specializzata di articoli di ferramenta esercitata in via esclusiva, profumeria, vendita di prodotti provvisti esclusivamente del marchio di certificazione di commercio equo e solidale, ciclofficina, vendita di prodotti ecologici e biologici, parafarmacia. Il regolamento è stato oggetto di vari ricorsi, ma la giurisprudenza amministrativa (vedi T.A.R. Lazio Roma, sentenza 3 maggio 2019, n. 5581) sembra ferma nel ritenere, anche sulla scorta dei principi elaborati dalla Corte Costituzionale, che la potestà normativa dell’Ente locale, a seguito della introduzione della disciplina sulle liberalizzazioni conserva la possibilità di introdurre specifiche limitazioni all’apertura, al trasferimento ed all’esercizio di attività commerciali, quando ciò sia necessario a tutela di particolari esigenze di protezione di caratteristiche locali di natura sanitaria, artistica, culturale ed urbanistica come quelle che, nel caso di specie, caratterizzano notoriamente il Centro storico della città di Roma ed il sito Unesco, quando ciò sia giustificato dall’esistenza di motivi imperativi di interesse generale”. E’ quanto si legge riguardo il regolamento del Comune di Roma nella documentazione per l’esame del progetto di legge “Istituzione e disciplina delle zone del commercio nei centri storici”. cdn/AGIMEG