Il titolare di un’edicola-cartoleria ha presentato un ricorso in Cassazione per contestare la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che aveva confermato la sanzione per la violazione del Decreto Balduzzi avendo messo a disposizione dei clienti – attraverso la connessione telematica delle apparecchiature all’interno dell’attività – l’accesso a piattaforme di gioco online.
La Corte di Cassazione ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 7, comma 3-quater del D.L. 158/2012 (Balduzzi) e dell’art. 1, coma 923 della legge n. 208/2015 (che ha introdotto la sanzione pecuniaria di € 20.000,00 per la violazione dell’art.7, comma 3-quater).
In particolare, la Cassazione dubita della legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3-quater del decreto Balduzzi, nella parte in cui, vietando indistintamente la messa a disposizione presso un pubblico esercizio di qualsiasi apparecchiatura che possa connettersi ad internet e dunque ad un sito di gioco ed implicando, nell’interpretazione assunta dalla Corte e propugnata da ADM, un obbligo di vigilanza ed un intervento impeditivo dell’esercente (non previsto dalla norma), la cui omissione verrebbe dunque sanzionata, viola l’art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 25, 41, 42 e 117, primo comma Cost. in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU e con gli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE).
La seconda disposizione legislativa, legata alla prima, che la Cassazione ha rimandato alla Corte Costituzionale è rappresentata dall’art. 1, comma 923 della legge n. 208/2015 che commina la sanzione pecuniaria di € 20.000,00 per la violazione del divieto posto dall’art. 7, comma 3-quater del decreto Balduzzi. Anche questa disposizione, secondo la Cassazione, violerebbe l’art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 25, 41, 42 e 117, primo comma Cost. in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU e con gli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), in quanto la previsione di una sanzione di importo elevato comminata in misura fissa, non consente al giudice di graduarne l’entità in relazione alla diversa gravità in concreto assunta dalla condotta violativa del precetto.
“Ove la Corte Costituzionale accogliesse una o entrambe le questioni di illegittimità sollevate dalla Suprema Corte di Cassazione, verrebbero dichiarate incostituzionali le norme impugnate le quali sarebbero espunte dall’ordinamento giuridico sin dal momento della loro entrata n vigore. Gli effetti pratici, tuttavia, sarebbero limitati all’annullamento delle sanzioni irrogate da ADM ancora pendenti dinanzi ad un Giudice e non definite con sentenza passata in giudicato”. E’ quanto ha dichiarato l’avvocato Fernando Petrivelli a seguito della decisione della Cassazione.
“Inutile nascondere la soddisfazione professionale nel vedere fatte proprie dalla Suprema Corte di Cassazione le due principali eccezioni di incostituzionalità delle norme sopra citate che ho invano sollevato dinanzi a tutti i Giudici di merito (Tribunali e Corti d’Appello di Torino, Palermo, Bari e non solo) ottenendone sempre provvedimenti di rigetto sommariamente e infondatamente motivati”.
La Corte di Cassazione – aggiunge Petrivelli – con l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, ha riconosciuto la piena fondatezza dei dubbi di incostituzionalità delle norme contestate. A fronte dei dubbi di incostituzionalità espressi da tale importante ed autorevolissima fonte, è legittimo attendersi che gli Uffici territoriali di ADM sospendano l’applicazione delle norme contestate”. lp/AGIMEG