Troppe sale giochi a San Donà. Lo denuncia con forza Alberto D’Andrea dei Comunisti italiani che parla di “una deriva grave”. «Nessuno», sottolinea, «ha regolamentato il gioco d’azzardo, con l’alibi che questo è compito dello Stato. Sappiamo che lo Stato fa cassa con il gioco, e che il governo delle larghissime intese ha concesso una sanatoria ai big delle “slot machine” condannati in precedenza a una multa di due miliardi e mezzo di euro dalla Corte dei Conti. Non è un caso che le slot machine siano ovunque. L’ultima è stata aperta in centro, di fianco all’ufficio postale. È scandaloso. Non ha nulla da dire il vicesindaco che ora, al posto della sede del suo comitato elettorale, trovi posto un casinò in miniatura?». Secondo il gruppo dei Comunisti italiani, possono essere adottate misure restrittive. «Bisogna ridurre al minimo», precisa, «gli orari di apertura e impedire che le organizzazioni del crimine organizzato s’impadroniscano di giovani e minorenni da usare per i loro facili profitti. Pensiamo che rimuovere le slot da bar, tabacchini, sale giochi e sale scommesse non risolva il problema della dipendenza, ma sarà di sicuro una misura di tutela». L’assessore ai servizi sociali, Cinzia Murer, ricorda che San Donà è stato tra i primi Comuni veneti ad aderire al “Manifesto dei Sindaci” per la legalità contro il gioco d’azzardo: «Né gli enti locali né l’autorità giudiziaria possono fare nulla. Dal 2000 sono stati 275 i pazienti presi in carico dal SerD sandonatese per gioco d’azzardo patologico. Di essi 124 hanno necessitato o necessitano di cure di durata pluriennale. In sinergia con le strutture sanitarie, bisogna dare strumenti agli enti locali, veri conoscitori del territorio, per disciplinare un settore troppo delicato per essere lasciato alla deregulation». rg/AGIMEG