Chiusura sale, lavoratrice sala Bingo di Milano inizierà sciopero della fame davanti alla regione Lombardia: “Un gesto estremo perché non ce la facciamo più a non sapere nulla del nostro futuro”

Per la prima volta nella storia un lavoratore del gioco pubblico darà inizio a uno sciopero della fame per protestare contro il lockdown. Mercoledì 3 giugno una lavoratrice di una sala bingo di Milano, davanti alla Regione Lombardia, inizierà il digiuno. “E’ un gesto estremo per dare visibilità a noi che siamo lavoratori invisibili – ha raccontato ad Agimeg Antonella Di Fiore, che da 5 anni lavora nella sala bingo Zara del capoluogo lombardo – Sono più di due mesi, da quando abbiamo perso il lavoro a causa della chiusura delle sale, che invio mail a politici, programmi tv, giornali, ma senza avere risposta, anzi mi sono sentita attaccare il telefono in faccia più volte. Come se questo settore non avesse una dignità, come se non desse lavoro a persone e famiglie in tutta Italia. Ho chiesto aiuto anche ai sindacati, ma mi hanno risposto con un generico ‘ce ne occuperemo’. Ma io voglio risposte subito, non posso più aspettare, voglio tornare a lavorare. Sono partita da Palermo cinque anni fa e sono arrivata a Milano in cerca di un futuro migliore e l’ho trovato nel bingo. Rispetto a tanti altri colleghi posso dirmi fortunata, in quanto il mio titolare mi ha anticipato la cassa integrazione, è una persona con grande umanità, ma anche lui non ha più risorse per andare avanti. Siamo stati lasciati soli. Moltissime attività hanno già riaperto, ora sento che anche le discoteche potranno riaprire, mentre noi no. E’ come se il Covid esistesse solamente per noi lavoratori del gioco. Lo Stato non si rende conto che chiudendo noi si rischia di rimettere il settore in mano alla criminalità. Io conosco la realtà palermitana, sono cresciuta vicino a Brancaccio, il quartiere dove hanno ucciso padre Puglisi, da bambina vedevo in strada persone che prendevano soldi dalle scommesse clandestine. Senza contare che se chiudono il gioco mancheranno 10 miliardi di euro di entrate erariali, soldi che saranno presi dalle tasche degli italiani. Non è giusto demonizzare in questo modo il gioco: perché allora non distruggiamo i vigneti, visto che anche l’alcol è una dipendenza molto più grave del gioco, per non parlare del fumo. Se lo Stato non vuole più il gioco legale che esso stesso ha autorizzato e per il quale ha rilasciato concessioni, lo dica, lo scriva nero su bianco. Con questa protesta – ha concluso Antonella – voglio dare un segnale forte, ma so di avere al mio fianco tutti i lavoratori del gioco pubblico, che mi appoggeranno”. cr/AGIMEG