Un popolo di santi, poeti, navigatori e parrucchieri. Ma i lavoratori del settore giochi sono invisibili per il Governo. Basta falsità, ecco la verità sul gioco pubblico!

Nella celebre citazione “Italiani popolo di santi, poeti e navigatori”, contenuta nel discorso di Benito Mussolini del 2 ottobre 1935 contro “La società delle Nazioni” (l’antenata della Nazioni Unite) che aveva condannato l’Italia per l’aggressione all’Abissinia, erano compresi anche artisti, eroi, pensatori, scienziati e trasmigratori, ma non i parrucchieri. Eppure aggiornando ai giorni nostri questa citazione bisognerebbe aggiungerli. In tutti i tg e giornali di ogni tipo e colore, oltre a negozi vari, bar, ristoranti, etc., si è sempre messa in evidenza la necessità impellente di riaprire anche i parrucchieri (insieme per la verità a centri estetici e tatuatori). Con tutto il massimo rispetto per questa categoria, ma davvero un parrucchiere ha più diritti di un titolare di una sala scommesse, bingo o slot? A parte lo sdoganamento del ciuffo ribelle da parte di Boris Johnson, ma davvero tagliarsi i capelli è più necessario di godersi una partita al Bingo? La cura della persona è importante quanto la cura della mente. Corpo e anima ben messi sono una risorsa importante, soprattutto in questo momento. Eppure parrucchieri, centri estetici e tatuatori hanno una data, una luce in fondo al buio del lockdown. Qualcuno ha dato loro quella prospettiva che i lavoratori del gioco legale non hanno. Ovviamente non è e non deve essere una guerra tra categorie, ma si tratta di un confronto che vede soccombere un segmento che ha una propria dignità sociale, economica e lavorativa. Il paragone è con parrucchieri, centri estetici e tatuatori perché si tratta di categorie, ripeto degne della massima attenzione e rispetto, che hanno anche un contatto fisico con le persone, cosa che non avviene nelle sale gioco. I negozi di scommesse, le sale bingo e slot hanno già predisposto protocolli per garantire il contingentamento delle entrate, il distanziamento sociale, la protezione sanitaria per personale e clientela. Sarebbero pronte ad aprire già domani, vista la semplicità per mettere in pratica i suddetti modelli. Eppure i lavoratori del gioco sono invisibili per la politica. Parlare di gioco per alcuni è come rovistare nell’immondizia con la certezza di trovare però del denaro. Il gioco, per la politica, puzza e bisogna tapparsi il naso quando ci si avvicina. Ma è un cattivo odore perché si respira dalla parte sbagliata. La “puzza” arriva da chi non dice la verità, da chi propina messaggi populistici di superficie e non di sostanza. E allora facciamo un po’ di chiarezza. Ecco la verità.

In Italia il gioco d’azzardo è un allarme sociale?

L’Istituto Superiore di Sanità, il massimo organismo pubblico in tema di salute pubblica e che in questi mesi abbiamo conosciuto meglio per l’impegno nella gestione del Covid-19, ha pubblicato una ricerca dedicata la settore del gioco. L’ex presidente dell’ISS Walter Ricciardi ha dichiarato che si tratta del: “più grande studio mai realizzato prima in Italia e offre la possibilità di fotografare un fenomeno il cui monitoraggio può essere una guida per valutare l’efficacia delle azioni di prevenzione e gli interventi di assistenza sul gioco problematico”. Ricerca quindi “super partes” e di grande valenza. La ricerca ha evidenziato che: “Il 36,4% degli Italiani, circa 18,4 milioni di persone, ha giocato almeno una volta nei 12 mesi antecedenti l’intervista. Di questi 1,5 milioni sono problematici, che non sono necessariamente patologici”. Vale a dire che il 92% degli appassionati gioca in maniera consapevole e sono l’8% i giocatori a rischio ma non necessariamente ludopatici. Quindi parlare di allarme sociale è quantomeno esagerato.

Ma il gioco d’azzardo è un fenomeno così “presente” solo in Italia?

No. E lo dimostra sempre l’Istituto Superiore di Sanità. “Tra i grandi Paesi europei l’Italia è solamente al quinto posto per percentuale di giocatori che hanno effettuato un qualsiasi tipo di scommessa nell’ultimo anno con una percentuale pari al 36,4%. A guidare questa speciale classifica la Spagna con il 75,7%, seguita dal Regno Unito con il 63% e dalla Francia con il 56,2%, mentre in quarta posizione la Germania con il 39%”.  Il gioco fa comunque parte della nostra tradizione. Basti pensare al Lotto che, con 500 anni di vita, è il gioco ancora attivo più antico al mondo.

Sono tanti i giovani che si rovinano con il gioco

Bisogna ricordare che il gioco in Italia è vietato ai minori. Chi fa giocare un minore, commette un reato penale come chi vende gli alcolici a chi ha meno di 18 anni. Difficile quindi monitorare un fenomeno illegale ma secondo gli ultimi dati disponibili (2018) dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sono state 242 le violazioni penali in un anno nel settore del gioco, dato che comprende violazioni di diverso tipo. Secondo l’ISS il giocatore tipo ha invece tra i 40 ed i 64 anni.

La dipendenza dal gioco è un fenomeno enorme nel nostro Paese

Anche in questo caso è una affermazione non suffragata dalla realtà. Ecco i dati relativi al 2018 in merito alle persone con dipendenze: fumo 10.200.000 (fonte Iss), Alcool 7.600.000 (fonte Iss), Social Network 6.300.000 (fonte Sos Il Telefono Azzurro Onlus), Droga 4.000.000 (fonte La Stampa), Smartphone 3.400.000 (fonte Sos Il Telefono Azzurro Onlus), Shopping Compulsivo 2.750.000 (fonte Il Giornale), Sesso 1.500.000 (fonte La Repubblica), Gioco 1.500.000 (fonte ISS).

Si fa bene ad allontanare i negozi di gioco dalle città?

Sbagliato. I dati dell’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano che rispetto al giocatore sociale (16,9 milioni di persone che giocano in maniera consapevole) il giocatore problematico (1,5 milioni) predilige i luoghi lontano da casa (11,3% contro il 2,5%) e dal lavoro, quelli che garantiscono la maggior privacy (10,7% contro 1,5%). I giocatori sociali invece scelgono più spesso i luoghi vicino casa (49,2% contro 37,5%) o vicino a posti di lavoro (14,9% contro il 9,6%). Insomma allontanando il gioco si favorisce il gioco problematico.

La pubblicità incita al gioco d’azzardo

Sbagliato. Dal rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità emerge quanto questo tipo di misura restrittiva sia inutile ai fini del contrasto al gioco. Dall’indagine si evidenzia infatti che solamente il 19,3% dei giocatori, che dichiara di aver notato la pubblicità di un gioco d’azzardo, ha scelto di giocare in base a questa, mentre l’80,7% dichiara di non aver scelto di giocare in base alla pubblicità.

Con la chiusura delle sale gioco sono aumentate le richieste di aiuto da chi è in “astinenza” da gioco

No. La chiusura totale delle sale da gioco e delle agenzie di scommesse per fronteggiare l’epidemia del Covid-19 non ha determinato un aumento significativo di chiamate dal Telefono Verde Nazionale per il gioco d’azzardo patologico – il numero verde 800558822 di aiuto gestito dall’Istituto Superiore di Sanità. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità ha dichiarato che: “Le telefonate in questo periodo di emergenza sanitaria e restrizioni non sono dissimili per quantità al momento precedente alla quarantena preventiva”.

Il gioco non è economia reale

Si tratta di un settore che da lavoro a 120.000 persone tra diretti e indotto, ai quali bisogna aggiungere le 120.000 persone che lavorano nei tabaccai. Sono decine di migliaia le famiglie che vivono grazie al loro impiego in questo settore. Il gioco è intrattenimento e quindi spendere i soldi per una scommessa, un film o un concerto rientra nella piena libertà democratica di scelta di ogni persona. Il gioco vale per l’Erario entrate per oltre 10 miliardi di euro all’anno di tasse dirette, con quelle indirette (ad esempio quelle pagate sugli utili dalle società ed imprenditori) la cifra sale. Quindi si, è economia reale.

Il gioco deve essere tassato di più

Errore clamoroso. Sui circa 20 miliardi di euro che gli italiani spendono ogni anno per tentare la fortuna (cifra che si ottiene dalla differenza tra i soldi spesi e quelli vinti, quindi si tratta del denaro che effettivamente esce dalle tasche degli italiani), oltre il 50% va allo Stato come tasse dirette. Si tratta di uno dei settori economici con la più alta pressione fiscale.

In Italia il sistema di controllo del gioco è poco sicuro

L’Italia ha il sistema di controllo di gestione sul gioco più avanzato in Europa. Tant’è che è stato preso a modello da diversi paesi europei e non solo. Insomma esiste un “made in Italy” anche quando si parla gioco legale.

Tutte le frasi roboanti, tutti gli allarmi di “epidemia” da gioco, tutta l’ignoranza  (intesa come poca conoscenza) che viene vomitata ogni giorno sul gioco deve fare i conti con la realtà. Questi sono i numeri, questa la verità.

ff/AGIMEG