La Commissione Europea risponde alla Corte di Giustizia: illegittima la tassazione italiana sulle vincite nei casinò degli Stati membri

“L’articolo 56 TFUE osta ad una legislazione, come quella italiana descritta dal giudice di rinvio, che assoggetti a imposta sul reddito le vincite da gioco conseguite in case da gioco stabilite in altri Stati membri, e che al contrario non assoggetti alla stessa imposta le vincite al gioco conseguite in case da gioco stabilite in Italia”. La Commissione Europea suggerisce questa risposta alla Corte di Giustizia Europea nella causa pregiudiziale riguardante due giocatori di poker, uno è Cristiano Blanco, cui il fisco italiano ha contestato la mancata denuncia di alcune vincite conseguite in tornei organizzati da casinò esteri, chiedendo il pagamento di circa 550mila euro complessivi, tra presunte imposte evase, interessi e sanzioni. I due giocatori, assistiti dall’Avv. Massimiliano Rosa e dal dott. Sebastiano Cristaldi, si sono rivolti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che ha constatato come la normativa italiana risulti senz’altro discriminatoria, dal momento che le vincite italiane vengono tassate alla fonte – di conseguenza è la casa da gioco a versare le imposte, non il giocatore – mentre quelle conseguite all’estero vengono considerate come “altri redditi”, e quindi sono assoggettate a Irpef; i giudici romani, tuttavia, anziché decidere direttamente la questione, mediante disapplicazione delle norme italiane in contrasto con quelle dell’Unione, hanno deciso di sollevare la questione pregiudiziale davanti la Corte di Giustizia, per stabilire se la violazione del diritto comunitario possa giustificarsi con  motivi di ordine pubblico, sicurezza e salute pubblica, ex artt. 52 e 62 del TFUE.
Per la Commissione Europea, una simile normativa rappresenta una restrizione alla libera prestazione di servizi garantita dall’articolo 56 TFUE, che non trova giustificazione né nella lotta al riciclaggio, né nell’obbiettivo di contrastare le ludopatie. Sotto il primo profilo richiama la sentenza della stessa CGE sulla causa C-153/08: “le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali. Per di più, negare in maniera generale il beneficio dell’esenzione fiscale a tali enti appare sproporzionato, perché eccede quanto necessario per combattere la criminalità. Esistono, infatti, diversi metodi per controllare i loro conti e le loro attività”. La Commissione quindi spiega che la differenza di trattamento tra le vincite “non appare né idonea, né proporzionata a raggiungere l’obiettivo di prevenire il riciclaggio di denaro sporco. Infatti, se anche i proventi della criminalità organizzata in Italia nel 2011 ammontino a 150 miliardi di euro, non si evince in alcun modo che tali proventi siano tutti o maggiormente stati realizzati all’estero, ragion per la quale è difficile comprendere il trattamento discriminatorio delle vincite conseguite in casino stabiliti in altri Stati membri”. Per quanto riguarda il contrasto alle ludopatie, invece, la Commissione chiede come “il fatto di scoraggiare, mediante un sistema di imposizione fiscale, il gioco d’azzardo effettuato in altri Stati membri sia idoneo ad evitare la ludopatia, quando lo stesso disincentivo di natura fiscale non sia applicato alle vincite da gioco conseguite in Italia”. cz/AGIMEG