Cassazione conferma condanne per clan Fasciani. Intimidazioni per imporre le slot, chi si rifiutava pagava il pizzo

La Corte di Cassazione conferma le condanne per alcuni esponenti del clan Fasciani di Ostia, e per la prima volta con una sentenza passata in giudicato si riconosce che un’organizzazione criminale di stampo mafioso opera nella Capitale. Le condanne che aveva comminato la Corte d’Appello nel febbraio 2019 partivano dai 10 anni per alcuni esponenti, per il capo-clan Carmine Fasciani si di arrivava a 27 anni e 6 mesi. La Cassazione adesso limato le condanne nei confronti di alcuni esponenti, e ha confermato tutte le altre, ma soprattutto ha confermato l’impianto delle accuse. Nelle motivazioni appena pubblicate – il dispositivo è stato emesso a fine novembre scorso – si sottolinea che il clan controllava diversi racket, in particolare ricorreva a violenza e estorsioni per imporre ai locali del Litorale di istallare le proprie slot truccate. I giudici della Seconda Sezione Penale fanno riferimento a delle intercettazioni da cui emerge l’interesse del clan “alla gestione delle macchinette”; e sottolineano alcuni esercenti versavano ormai in uno “stato di totale intimidazione” dopo aver subito “gravi danneggiamenti ad evidente scopo intimidatorio, con modalità tipicamente mafiose”. In particolare, “oltre il danneggiamento delle slot-machines, venivano imbrattati i locali con vernice di color rosso e lasciati in bella evidenza mani in plastica mozzate ed altro ancora”. Quelli che si rifiutavano di istallare le macchinette erano costretti a pagare il pizzo, e questo “dà conto di come l’estorsione fosse volta ad agevolare il clan, in quanto strumento per assicurare proprio quella prassi di carattere standardizzato” già messa in evidenza dalla Corte d’Appello di Roma, “secondo cui i commercianti erano posti nell’alternativa di installare le slot-machines del ricorrente ovvero di corrispondere una somma mensile”. rg/AGIMEG