“Il primo e più significativo strumento di sostegno economico riguarda il rinnovo del contributo a fondo perduto a favore di imprese, commercianti e professionisti che abbiano subito perdite economiche nella crisi pandemica. Lo stanziamento previsto dal Governo per questa misura ammonta a circa 15 miliardi di euro: si tratta di una cifra ben calibrata rispetto al difficile equilibrio che va perseguito tra sostegno agli operatori economici e contenimento dell’indebitamento pubblico. Con riferimento agli strumenti operativi prescelti, in primo luogo il decreto finanzia un’ulteriore tranche del contributo a fondo perduto previsto dal decreto-legge n. 41/2021, di importo pari al precedente. Questo contributo verrà elargito automaticamente, e dunque con tempi molto stretti, a tutti coloro che hanno già beneficiato del primo contributo. Vengono così confermate le scelte compiute nel precedente decreto, che avevano incontrato un generale apprezzamento in ragione della scelta di abbandonare il criterio selettivo dei codici Ateco, che in passato aveva dato luogo a sperequazioni irragionevoli. Inoltre, l’art. 1 del decreto introduce elementi di flessibilizzazione e integrazione del sistema fin qui applicato: – Il contributo alternativo – che consente il computo delle perdite di fatturato su un diverso arco temporale – permetterà infatti di evitare i paradossi verificatisi in precedenza, derivanti dall’eterogenea distribuzione del fatturato nei diversi periodi dell’anno. Il risultato dovrebbe ragionevolmente condurre ad una estensione della platea dei beneficiari dei sostegni. – Il contributo perequativo – che assume a indice delle perdite non il fatturato ma il risultato economico ottenuto nell’anno 2020 rispetto a quello ottenuto nel 2019 – consentirà un’integrazione del contributo automatico. Per questa specifica misura integrativa il Governo stanzia 4 miliardi di euro, benché ad oggi sia difficile prevedere la sua effettiva distribuzione, considerando che la disciplina di dettaglio è rimessa ad un decreto Ministeriale, riteniamo che le risorse impegnate non siano sufficienti a garantire la congruità della misura (4 miliardi a fronte di 22,9 miliardi impegnati dai due decreti “Sostegni” sul contributo a fondo perduto afferente la diminuzione di fatturato). La scelta di affiancare al contributo automatico – erogato immediatamente e congegnato per raggiungere una platea molto vasta di operatori – un contributo perequativo calcolato su indici differenti dal fatturato corrisponde alle aspettative dei liberi professionisti. Come avevamo segnalato in occasione della nostra Audizione presso le Commissioni 5ª e 6ª del Senato, nell’ambito del procedimento di conversione del primo Decreto-legge “Sostegni”, la scelta di basare le misure di ristoro sul solo indice del fatturato dà luogo a parziali iniquità, a danno degli operatori economici con bassa incidenza dei costi. Per professionisti e lavoratori autonomi, ad esempio, i fatturati medi sono normalmente più circoscritti rispetto a quelli delle imprese tradizionali. In questi casi, i coefficienti dimensionali stabiliti dal primo decreto “Sostegni” risultavano penalizzanti, determinando indennizzi di valore economico davvero limitato, spesso allineati con la soglia minima dei 1.000 euro. Auspicavamo pertanto che, nei successivi provvedimenti, l’esigenza di provvedere all’erogazione delle somme con tempestività fosse bilanciata con misure volte a corrispondere contributi proporzionati ai danni effettivamente subiti, misurabili più rigorosamente facendo riferimento a parametri basati sul calo del reddito. Il contributo perequativo introdotto dall’odierno Decreto va esattamente nella direzione indicata e riscuote il nostro pieno apprezzamento. Ovviamente, molto dipenderà ora dai criteri che saranno individuati dal decreto ministeriale cui è fatto rinvio. A tal proposito, viene da chiedersi se non sia più opportuno integrare la disciplina legislativa in sede di conversione, destinando a questa fonte la previsione delle modalità di calcolo del contributo perequativo: fermo restando lo sviluppo da parte del MEF di una proposta congruente con lo stanziamento destinato alla misura, ciò consentirebbe al Parlamento di valutare la soluzione congegnata ed offrire il proprio contributo. Quanto alla condizione espressa dal comma 24 dell’art. 1 – che consente l’accesso al contributo perequativo ai soli soggetti che presentino la dichiarazione dei redditi 2020 entro il 10 settembre 2021 – ci uniamo alla richiesta di posticipare questo termine, che risulta evidentemente troppo ravvicinato alle ferie estive e non coordinato con l’ordinaria scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi. Merita infine apprezzamento l’intervento correttivo di cui all’art. 37 del decreto, che interviene sulla disciplina del reddito di ultima istanza di cui all’art. 44 del decreto-legge n. 18/2020, estendendo le indennità dei bonus “600 euro” anche ai professionisti percettori di un emolumento a integrazione del reddito a titolo di invalidità erogato dalle Casse private di previdenza. L’ingiusta esclusione era sorta in ragione della formulazione della disciplina originaria, che includeva nel beneficio i soggetti percettori di un assegno di invalidità civile erogato dall’Inps, ma non contemplava i casi di assegni di invalidità erogati dalle Casse private di previdenza”. E’ quanto sottolineato riguardo il Disegno di legge C. 3132, di conversione del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali” in audizione dal Presidente di ConfProfessioni, dott. Gaetano Stella. cdn/AGIMEG