Decreto energia: “Integrazione salariale per i lavoratori di sale giochi e sale bingo”. Il testo

Le Commissioni riunite 6a Finanze e tesoro e 10a Industria, commercio, turismo del Senato, con le relazioni del sen. Fenu e della sen. Tiraboschi, il 29 marzo, hanno incardinato il ddl n. 2564 di conversione del decreto-legge n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina. Il termine per la presentazione degli emendamenti scade il 14 aprile, alle 10. Nel testo la possibilità di un’integrazione salariale per i lavoratori di sale giochi e sale bingo.

“Il comma 1 inserisce i seguenti commi all’articolo 44 del decreto legislativo n. 148 del 2015: Il nuovo comma 11-quinquies, riconosce, per fronteggiare, nell’anno 2022, situazioni di particolare difficoltà economica, ai datori di lavoro di cui all’articolo 10 (si tratta in linea di massima delle imprese industriali e di quelle, anche artigiane, del settore edile), che non possono più ricorrere ai trattamenti ordinari di integrazione salariale per esaurimento dei limiti di durata nell’utilizzo delle relative prestazioni, in deroga agli articoli 4 e 12 (recanti appunto detti limiti), nel limite di spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2022, un trattamento ordinario di integrazione salariale per un massimo di 26 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2022. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del predetto limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Il nuovo comma 11-sexies riconosce, per fronteggiare, nell’anno 2022, situazioni di particolare difficoltà economica, ai datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti di cui ai codici Ateco indicati nell’Allegato 1 al presente decreto (attività di ristorazione, hotel, cinema, musei, sale giochi ecc.) rientranti nel campo di applicazione degli articoli 26 (Fondi di solidarietà bilaterali), 29 (fondo di integrazione salariale) e 40 (Fondo territoriale intersettoriale delle province autonome di Trento e Bolzano) che non possono più ricorrere all’assegno di integrazione salariale per esaurimento dei limiti di durata nell’utilizzo delle relative prestazioni, in deroga agli articoli 4, 29, comma 3-bis (13 settimane in un biennio mobile per le imprese fino a 5 dipendenti e 26 settimane per le altre) e 30, comma 1-bis (durata almeno pari a quella prevista per i trattamenti di integrazione salariale), nel limite di spesa di 77,5 milioni di euro per l’anno 2022, un ulteriore trattamento di integrazione salariale per un massimo di 8 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2022. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del predetto limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Il nuovo comma 11-septies, al fine di ottimizzare l’allocazione delle risorse disponibili, limitatamente all’anno 2022, consente all’INPS, qualora all’esito dell’attività di monitoraggio ivi prevista dovessero emergere economie rispetto alle somme stanziate in sede di attuazione di quanto previsto dai commi 11-ter (ovvero il riconoscimento, nel biennio 2022-2023, per fronteggiare processi di riorganizzazione e situazioni di particolare difficoltà economica, in favore dei datori di lavoro di cui all’articolo 20 (si tratta della gran parte dei soggetti produttivi) che non possono più ricorrere ai trattamenti straordinari di integrazione salariale, nel limite di spesa di 150 milioni di euro annui per il 2022 e il 2023, di un trattamento straordinario di integrazione salariale per un massimo di 52 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2023) o 11-quinquies, previa comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, di rimodulare le predette risorse tra le misure di cui ai citati commi 11-ter e 11-quinquies, fermi restando l’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica e l’importo complessivo di 300 milioni di euro per l’anno 2022. Il comma 2 del presente articolo 11, al fine di fronteggiare le difficoltà economiche derivanti dalla grave crisi internazionale in atto in Ucraina, esonera i datori di lavoro di cui ai codici Ateco indicati nell’Allegato A al presente decreto (industrie siderurgiche, del legno, della ceramica, dell’automotive e di quelle, espressamente indicate, che lavorano o producono materie prime agricole, nonché le imprese coltivatrici di cereali) che, a decorrere dal 22 marzo fino al 31 maggio 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa ai sensi del decreto legislativo n. 148 del 2015, dal pagamento della contribuzione addizionale di cui agli articoli 5 (pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, sino a un limite di 52 settimane in un quinquennio mobile, 12% per il periodo fra 52 e 104 settimane e 15% oltre tale limite temporale), 29, comma 8 (4% della retribuzione persa) e 33, comma 2 (1,5% della retribuzione persa) del decreto legislativo n. 148 del 2015. Il comma 3 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 227,5 milioni per l’anno 2022, e delle minori entrate derivanti dal medesimo comma, valutate in 1,3 milioni di euro per l’anno 2023, e delle minori entrate derivanti dal comma 2, valutate in 34,4 milioni di euro per l’anno 2022 e in 5,3 milioni di euro per l’anno 2024: a) quanto a 224,1 milioni di euro per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 120, della legge n. 234 del 2021 (pari a 700 milioni per il 2022, destinata proprio alla concessione di interventi in materia di integrazione salariale correlati ai differenti impatti nei settori produttivi della crisi determinata dalla pandemia e già ridotta di 163,1 milioni di euro complessivi per effetto del decreto-legge n. 4 del 2022); b) quanto a 3,4 milioni di euro per l’anno 2022 mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 1; c) quanto a 1,3 milioni di euro per l’anno 2023 mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 2; d) quanto a 0,5 milioni di euro per l’anno 2024 mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 1; e) quanto a 34,4 milioni di euro per l’anno 2022 e 4,8 milioni di euro per l’anno 2024 ai sensi dell’articolo 38”. E’ quanto si legge nel Dossier del Servizio di Bilancio pubblicato al Senato.

“La RT afferma quanto segue. Comma 1 Capoverso 11-quinquies Dall’esame degli archivi amministrativi si stimano un numero di dipendenti interessati pari a circa 106.000 con un’integrazione media di 3 mesi e 40 ore mensili fruite (il tiraggio di solito si attesta per queste aziende intorno al 50% delle ore autorizzate), una retribuzione oraria di 12,7 euro ed una prestazione oraria di 7,6 euro. Si tenga conto che la normativa vigente prevede la possibilità di autorizzare in deroga ai limiti di durata periodi di cassa integrazione straordinaria per 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (si tenga presente che ad oggi sono state presentate per tale ultima fattispecie solo 7 domande per complessivi 445 lavoratori, largamente inferiori alle attese). Ne derivano i seguenti effetti finanziari: prestazioni per 97 milioni di euro e contribuzione figurativa per 53 milioni di euro. Prudenzialmente non si tiene conto dell’effetto derivante delle entrate contributive sul contributo addizionale, considerati concomitanti interventi di esonero di alcune tipologie di aziende dal pagamento dello stesso.

Capoverso 11-sexies Sulla base dei dati delle ore utilizzate negli anni 2020 e 2021 si stimano per il 2022 nei settori interessati 7,2 milioni di ore in deroga con una retribuzione media oraria di 11,7 euro e una prestazione media oraria di 6,9 euro. Gli effetti finanziari vengono così stimati:

Capoverso 11-septies Dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, atteso che la stessa è diretta a garantire una maggiore flessibilità per l’anno 2022 nell’utilizzo delle risorse di cui ai commi 11-ter e 11-quinquies dell’articolo 44 del decreto legislativo n. 148 del 2015, ferma restando la somma delle relative risorse. Comma 2 Dall’analisi degli archivi gestionali dell’INPS si ricava l’andamento del ricorso alla cassa integrazione degli ultimi anni sintetizzato nel prospetto che segue:

Dai dati sopraesposti, considerata la situazione di crisi energetica, si ipotizza un ricorso alla cassa integrazione ai livelli del 2020 (anno peggiore nella serie) e, sulla base dei parametri indicati di seguito, si stimano le minori entrate contributive:

 

Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che gli oneri correlati ai capoversi 11-quinquies e 11-sexies sono configurati in termini di tetti di spesa, a loro volta assistiti dal consueto meccanismo di monitoraggio ed eventuale rigetto di ulteriori domande nel caso di raggiungimento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa, il che rappresenta un sufficiente presidio a garanzia dei saldi. In relazione al capoverso 11-quinquies, comunque, si osserva che andrebbero perlomeno forniti i dati emersi dagli archivi amministrativi dai quali la RT evince la numerosità della platea interessata dalla norma, pari a 106.000 unità, anche considerando che l’informazione aggiunta dalla RT in merito allo scarso utilizzo ad oggi delle risorse previste per il biennio 2022-2023 per il ricorso alla cassa integrazione straordinaria in deroga ai limiti di durata sconta una scarsa significatività, atteso che sono trascorsi soltanto 2 mesi circa dall’inizio di utilizzabilità di dette risorse, che, per definizione, possono essere fruite soltanto una volta raggiunti gli ordinari limiti di durata previsti dal decreto legislativo n. 148 del 2015. Mentre non si hanno rilievi sulla retribuzione e sulla prestazione oraria media indicate, si osserva che sia la durata media di integrazione prevista (3 mesi, in pratica la metà del periodo massimo consentito, pari a 6 mesi) che le ore mensili che si presume che saranno fruite (40, scontando un tiraggio del 50% rispetto a quelle autorizzate, sulla base delle risultanze che sarebbero finora effettivamente emerse), pur non potendosi certamente considerare incongrue, non appaiono tuttavia ispirate a principi di adeguata prudenzialità. Infatti, nelle precedenti quantificazioni (anche se non vertenti su tale, specifica modalità di fruizione della CIG, ovvero quella in deroga ai limiti di durata previsti), da un lato, si è assunta l’ipotesi prudenziale di considerare il periodo massimo di fruizione concesso (nel caso in esame sarebbero 6 mesi), come ad esempio in relazione al decreto-legge n. 137 del 2020 e al decreto-legge n. 73 del 2021 e, dall’altro, non si è tenuto conto dell’effettivo tiraggio delle ore autorizzate (anche se ciò ha certamente concorso a determinare una sovrastima degli stanziamenti), peraltro partendo da basi orarie in taluni casi superiori a quelle evidentemente scontate nella RT in esame (80 ore), raggiungendo per esempio il valore di 138 ore nella RT riguardante l’articolo 40 del citato decreto-legge n. 73. Considerando la particolare complessità del quadro macroeconomico e i rischi presenti in materia energetica (sia in termini di costi che di approvvigionamenti, con possibili impatti di particolare entità sui livelli produttivi), gli appena citati correttivi apportati dalla RT ai parametri costituiti dalla durata del periodo di fruizione e dalle ore mensili integrate non sembrano caratterizzarsi per un apprezzabile grado di prudenzialità, soprattutto nel caso di ulteriore aggravamento della congiuntura, pur considerando l’esplicita esclusione dal computo degli effetti, proprio per motivi di prudenzialità, delle entrate che si registreranno a titolo di contributo addizionale. Tanto premesso, la quantificazione, sulla base dei dati forniti e delle ipotesi formulate, risulta corretta. In relazione al capoverso 11-sexies, si rileva che il valore di 7,2 milioni di ore in deroga, indicato come desunto dalle risultanze di utilizzo degli istituti previsti nel biennio 2020-2021, appare nel complesso plausibile, atteso che, per il settore degli alberghi e pubblici esercizi (che comprendono gran parte dei settori interessati dall’estensione dei trattamenti di integrazione salariale consentiti dal capoverso in esame), risultano complessivamente autorizzate (non necessariamente fruite), per il mese di febbraio, circa 5,5 milioni di ore61. Tanto premesso e rilevato che gli altri parametri (retribuzione e prestazione medie orarie, aliquota media di contribuzione addizionale, del tutto in linea con l’ipotesi minima legale) assumono valori condivisibili, non vi sono osservazioni da formulare sulla quantificazione. Non vi sono rilievi da formulare sul capoverso 11-septies. Nulla da osservare poi sul comma 2, atteso che tutte le ipotesi assunte appaiono prudenziali o in linea con i valori emersi negli ultimi anni, sulla base della dettagliata tabella fornita dalla RT per le ore autorizzate e fruite nei settori indicati dalla norma, e sul comma 3, atteso che le risorse utilizzate a copertura risultano quantitativamente appropriate e disponibili rispetto alle esigenze”, conclude. cdn/AGIMEG