Giochi, Gtech punta 4 miliardi sulle slot americane di IGT

E’ una manovra che può arrivare fino 7 miliardi di dollari, tra prezzo per l’acquisizione, opa obbligatoria a Wall Street e il rifinanziamento del debito esistente. Un’operazione di taglia quella impostata dal gruppo Gtech e dalle famiglie Boroli e Drago, socie al 59,5% della società di giochi attraverso Dea partecipazioni e De Agostini. Di sicuro la più grande oggi allo studio tra Italia e Nordamerica. La multinazionale presieduta da Lorenzo Pellicioli, sede a Roma e a Providence negli Stati Uniti, ha infatti messo nel mirino la International game technology (Igt), sede a Las Vegas, cuore pulsante delle scommesse, quotata al New York Stock Exchange, 2,3 miliardi di dollari di ricavi, leader mondiale nella produzione di slot machine. Come dire che quasi i tre quarti delle macchine della fortuna Usa sono prodotte dalla Igt che vende ai colossi dei casinò, come Mgm, Caesars Entertainment e il gruppo Genting di Singapore. Sul dossier – riporta Il Corriere Economia – sono impegnati da alcune settimane l’amministratore delegato Marco Sala e il responsabile della finanza Alberto Fornaro, affiancati dalle banche consulenti Barclays e Credit Suisse, quest’ultimo advisor storico del gruppo di giochi e scommesse. Al tavolo, per elaborare stime e va- De Agostini potrebbe avere una quota del 40% della nuova realtà lutazioni, partecipano anche altre banche tra cui le amen-cane Citibank e Wells Fargo, una squadra ancora a geometria variabile alla quale potrebbero aggiungersi altri istituti nel caso l’operazione avesse il via libera. CI vuole l’accordo In primo luogo bisogna trovare un accordo con Igt, affiancata dall’advisor Morgan Stanley, e con il ceo Patti Hart, ex top manager di Pinnacle systems e Yahoo!. Oggi espressione di una pattuglia di azionisti come Td asset management (7,9%), BlackRock (6,1%), Vanguard group (5,8% e Prudential (5,2%), per citare i più grandi. Tutti gestori di fondi che vogliono sondare il mercato per valorizzare la società del Nevada. Attraverso una vendita o un’aggregazione. II punto di partenza delle valutazioni in corso è la capitalizzazione di Igt, 4 miliardi di dollari (2,9 miliardi in euro ai valori di venerdì 4 giugno) cui si aggiungono 1,4 miliardi di debiti da rifinanziare. Mentre Gtech in Borsa vale quasi 3,3 miliardi di euro e dovrà gettare le basi per rifinanziare in anticipo 1,5 miliardi di bond in scadenza nel 2016. La società avrebbe già firmato una lettera di impegno con Credit Suisse e Barclays che garantirebbero la somma da finanziare («package secured», nel gergo). In lizza anche due fondi di private equity: Apollo e Carlyle Secondo capitolo: come finanziare l’operazione. La potenziale acquisizione del gruppo Usa «potrebbe avere come corrispettivo un mix di contanti e azioni — ha fatto sapere Gtech attraverso una nota — mentre è da escludere un aumento di capitale». II fabbisogno di capitale per comprare Igt viene stimato tra 1,5 e 2 miliardi che potrebbe essere coperti appunto con uno scambio di azioni Gtech-Igt e il resto con cassa. Al vaglio ci sarebbe anche l’ipotesi di un bond conver i-bile in azioni Igt. Ma l’obiettivo è chiaro: mantenere il rapporto debito-ebitda ben sotto 3,5 volte (oggi è 2,3) per prote :ere il rating BBB. Sono strade ancora tutte da scegliere e molto dipende dall’accordo che verrà trovato con i soci a Stelle e Strisce. Chi comanda I . tilt inw capitolo è la quota azionaria, ancora tutta da negoziare, che il gruppo De Agostini avrà nella futura combinazione. E’ possibile che la dinastia di Novara con il suo 59,5% di Gtech, e visti i valori in campo, sia anche disposta a mettere in gioco la maggioranza assoluta del nuovo gruppo. Insomma il tabù del 51% potrebbe essere superato se la De Agostini conservasse una quota comunque corposa (attorno al 40%) e in più protetta da una governance forte, tale da assicurarle la guida di una società grande e forte. Bastano un paio di numeri per fare chiarezza: Igt vale il 72% del risultato operativo Gtech e il 67% del suo valore d’impresa. Certo è che il percorso tra Novara e Las Vegas non è spianato. Altri pretendenti sono in lizza e dotati di portafogli ben forniti. A partire dal fondo Usa Apollo a Carlyle, fino alla MacAndrews & Forbes del miliardario Ron Perelman, che tra le partecipate possiede anche la Scientific games, competitor di Gtech. La determinazione del gruppo romano è forte. L’operazione replicherebbe quella condotta otto anni fa dall’allora Lottomatica che attraversò l’oceano per conquistare Gtech in un affare da 4 miliardi di euro, finanziato con un aumento di capitale e un prestito obbligazionario. Anche questa volta si tratterebbe di un’acquisizione che cambia il volto del gruppo dei giochi, sbilanciato su servizi e contratti di fornitura e soggetto a continue gare. II core business di Igt è infatti la produzione di slot machine che stanno già arrivando nelle nuove mecche del gioco di Hong Kong e Macao. lp/AGIMEG