La lotta contro i rischi di dipendenza dai giochi d’azzardo può giustificare una riduzione degli aggi e dei compensi dovuti ai concessionari.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Giustizia Europea in merito alla legittimità della tassa da 500 milioni sugli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, inserita nella Legge di Stabilità del 2015.
L’avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, Athanasios Rantos, ritiene che “la normativa italiana sia idonea a costituire una restrizione delle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE, dato che la riduzione delle risorse statali messe a disposizione dei concessionari, successivamente all’attribuzione delle concessioni, è idonea a pregiudicare la redditività degli investimenti effettuati da tali concessionari e a rendere meno attraente l’esercizio dell’attività dei giochi d’azzardo per questi ultimi. L’avvocato generale esamina poi se le suddette restrizioni possano essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale”.
Egli osserva che “la normativa in materia di giochi d’azzardo fa parte dei settori in cui esistono tra gli Stati membri divergenze considerevoli di ordine morale, religioso e culturale. È questo il motivo per cui questi ultimi godono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta del livello di tutela dei consumatori e dell’ordine sociale. Tuttavia, le restrizioni che gli Stati membri impongono devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale e devono soddisfare anche il principio di proporzionalità”.
“Secondo il governo italiano, la normativa nazionale si inserisce in un contesto più ampio di riequilibrio del settore dei giochi d’azzardo previsto dalla legge italiana. Quest’ultima perseguirebbe l’obiettivo di ridurre la redditività dell’attività dei giochi d’azzardo al fine di lottare contro la diffusione di giochi illegali e di proteggere le fasce più deboli della popolazione dagli effetti connessi ai giochi d’azzardo, e segnatamente dal rischio di dipendenza dal gioco. A parere dell’avvocato generale, simili obiettivi sembrano a prima vista idonei a costituire motivi imperativi di interesse generale tali da giustificare una restrizione della libertà di stabilimento o della libera prestazione dei servizi”.
Ciò premesso, “incombe al giudice nazionale identificare gli obiettivi effettivamente perseguiti dalla normativa italiana. A questo proposito, l’avvocato generale constata che la legge italiana prevedeva effettivamente che il governo fosse autorizzato ad attuare il riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici, ma non ritiene che un siffatto riordino generale sia stato perseguito dalla normativa nazionale che ha ridotto le risorse statali per i concessionari”.
“Spetta al giudice italiano altresì verificare il carattere proporzionato delle restrizioni e accertare se la normativa nazionale, riducendo la redditività dell’attività dei giochi d’azzardo, sia necessaria per raggiungere gli obiettivi evocati dal governo italiano, e non vada oltre quanto è necessario per realizzarli. A tal fine, tra le circostanze che il giudice nazionale deve valutare, non può essere trascurato, ad avviso dell’avvocato generale, il fatto che, pur avendo carattere temporaneo e parziale, la normativa in questione, lungi dall’essere una misura isolata, si iscrive nel quadro più ampio definito dalla legge di stabilità per il 2015 e concerne l’adozione di varie misure, ivi comprese misure di risanamento economico, nei settori più disparati”.
Per quanto concerne il principio del legittimo affidamento, l’avvocato generale osserva che “il rapporto contrattuale tra operatori economici e amministrazioni pubbliche legate al regime di concessione presenta un «carattere dinamico», che permette interventi statali giustificati da obiettivi di interesse pubblico. Da ciò egli trae la conclusione che la natura evolutiva ed incerta della normativa in materia di giochi d’azzardo, nonché il carattere temporaneo del prelievo e il suo impatto limitato sulla redditività degli investimenti effettuati dai concessionari, fanno sì che l’intervento legislativo in questione sia ben lontano dall’essere eccezionale o imprevedibile”.
In conclusione, secondo l’avvocato generale, “il principio della tutela del legittimo affidamento non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale la quale riduca, per un anno determinato e per importi limitati, l’aggio stipulato in una convenzione di concessione di giochi d’azzardo mediante apparecchi eroganti vincite in denaro. Spetta però al giudice del rinvio verificare, nell’ambito di una valutazione concreta dell’insieme delle circostanze pertinenti, se tale principio sia stato rispettato.
Il rinvio alla CGUE era stato richiesto dal Consiglio di Stato per ottenere chiarimenti in merito alla compatibilità con gli articoli 49 TFUE – libertà di stabilimento – e 56 TFUE – libera prestazione di servizi – oltre che con il principio europeo del legittimo affidamento, di una norma nazionale con la quale, in materia di giochi e scommesse, è stato imposto, ai soli operatori di apparecchi da intrattenimento (Slot e VLT), il versamento per l’anno 2015 di una somma complessiva di 500 milioni di euro.
La tassa era stata introdotta nel 2015: il settore degli apparecchi avrebbe dovuto versare 500 milioni l’anno, per tre anni. Formalmente dovevano essere i concessionari a pagare l’importo, ridistribuendo poi il peso della misura con gli altri soggetti della filiera, quindi con gestori e esercenti. La norma però era congegnata male e non consentiva ai concessionari di scaricare la tassa anche sugli altri soggetti, di fatto rendendo impossibile incassare i denari necessari.
Con la Stabilità del 2016 il legislatore modificò la norma. In sostanza i 500 milioni dovevano essere pagati solo per il primo anno e per gli anni successivi venne sostituita da un aumento del Preu. La Corte Costituzionale ritenne che le modifiche erano sufficienti a superare gli ostacoli, e di fatto non si pronunciò sul criterio interpretativo.
Successivamente, a seguito dei ricorsi dei concessionari, il Consiglio di Stato ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia ponendo due quesiti. In primo luogo se sia legittimo – in base al diritto comunitario – ridurre i compensi dei soli operatori degli apparecchi, mentre quelli degli altri concessionari dei giochi non sono stati intaccati, ma soprattutto se sia legittimo ridurre il compenso di un concessionario nel corso della concessione – quindi in sostanza se sia legittimo modificare una concessione già avviata – “per sole ragioni economiche”. cr/AGIMEG