Corte Giustizia europea condanna normativa belga: “La deroga al divieto di pubblicità dei giochi deve valere anche per gli operatori stranieri”

La normativa del Belgio che vieta alle società di gioco non in possesso di una licenza rilasciata dal suo ente regolatore di fare pubblicità ai propri prodotti è stata portata all’attenzione della Corte di Giustizia Europea attraverso una pregiudiziale.

Nel 2020 la Kansspelcommissie (ente regolatore del gioco in Belgio) ha stabilito il divieto di pubblicità in qualsiasi forma, in qualsiasi luogo e in qualsiasi maniera diretta o indiretta, senza licenza previamente rilasciata dalla commissione per i giochi d’azzardo del Paese, fatte salve le eccezioni previste dalla legge.

La controversia è stata sollevata da tre aziende del settore del gioco, con regolare licenza nei Paesi Bassi, che sono state sanzionate dalla Kansspelcommissie per aver pubblicizzato i propri prodotti in Belgio. I ricorrenti sottolineano che la normativa belga ha carattere discriminatorio e non rispetta i principi dell’art. 56 del TFUE, ovvero limita la libera prestazione di servizi.

La Corte di Giustizia europea ha chiarito che “nel caso di specie, è pacifico che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale preveda il divieto, senza possibilità di deroga, per gli operatori privi di una licenza di esercizio rilasciata dalla commissione per i giochi d’azzardo, di fare pubblicità in Belgio. Orbene, dal momento che tale commissione può rilasciare una siffatta licenza unicamente alle sale da gioco situate in Belgio, detta normativa nazionale ha l’effetto di vietare la pubblicità in tale Stato membro di tutte le sale da gioco situate negli altri Stati membri”.

“A tale riguardo – prosegue la Corte -, nel settore della pubblicità dei giochi d’azzardo, la Corte ha già dichiarato che una normativa nazionale che ha l’effetto di vietare la promozione in uno Stato membro dei giochi d’azzardo organizzati lecitamente in altri Stati membri costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi“.

Per questi motivi la Corte ha stabilito che “l’articolo 56, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che conceda agli operatori di tale Stato membro una deroga di pieno diritto al divieto di pubblicità, senza prevedere la possibilità per gli operatori di un altro Stato membro di ottenere una deroga allo stesso scopo“. ac/AGIMEG