Corriere dello Sport: “Divieto di pubblicità per operatori di gioco ha creato enormi svantaggi dei club italiani nei confronti di quelli esteri”

Le cifre diffuse ieri dal Procuratore Nazionale Antimafia sull’esplosione, negli ultimi due anni, del gioco illegale in Italia dovrebbero stimolare diverse riflessioni politiche, riguardanti anche il sistema calcio. Secondo De Raho le scommesse clandestine forniscono oggi una fonte primaria di guadagni all’economia criminale, con le organizzazioni mafiose in prima fila a gestire un traffico sotterraneo di proporzioni gigantesche. Almeno 4 milioni e mezzo di giocatori si sarebbero infatti spostati dalle piattaforme di scommesse legali a quelle clandestine, alimentando un giro d’affari da 20 miliardi annui. Più di 1.500 punti di raccolta che operavano illegalmente sono stati chiusi e oltre 9mila siti online sono stati posti in black list perché abusivi. certamente è la punta dell’iceberg e i vari lockdown sembrano aver aggravato il problema. Due anni fa – si legge sul ‘Corriere dello Sport’ -, il Decreto Dignità del luglio 2019, il governo Conte dispose il divieto alle aziende operanti nel settore delle scommesse sportive di farsi pubblicità attraverso i club o gli atleti, con sponsorizzazioni o contratti da testimonial. L’idea era quella di moralizzare una passione che può raggiungere punte di dipendenza patologica, limitandone i canali di accesso attraverso la riduzione della visibilità pubblica e dall’associazione con modelli di successo. La realtà mostra che il gioco è in forte espansione, perché la passione resta molto forte, ma che oscurarne i canali legali finisce per spostare i giocatori sui canali illeciti. Nel frattempo, i club italiani hanno perso una fonte di introito rilevante, proprio nel periodo storico in cui la pandemia li ha messi finanziariamente in ginocchio. Soprattutto, creando uno svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti di paesi nei quali l’associazione tra sport e betting non è vietata, anzi rappresenta una fonte di ricavi molto importante. Ecco perché, ad esempio, la rimozione di tale divieto figurava nella lista dei provvedimenti chiesti dalla Figc al governo per aiutare l’industria del pallone. Un mese fa la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, aveva aperto a tale eventualità. Pensare di affrontare il problema della ludopatia fingendo che i giocatori patologici non possano cadere in tentazione indipendentemente dallo stimolo del momento è illusorio. L’illegalità va stroncata, anzitutto perché un bacino sociale di proporzioni così vaste non può essere consegnato alle organizzazioni criminali attraverso piattaforme sommerse di cui è impossibile controllare perfino l’equità e la trasparenza del rischio. Tuttavia, il proibizionismo non ha mai frenato la diffusione delle passioni anzi ne ha spesso favorito pericolose degenerazioni attraverso l’esaltazione del carattere trasgressivo che il consumo di certi prodotti assume. L’associazione tra scommesse e sport è peraltro naturale, proprio per l’incertezza che è l’essenza dell’evento sportivo, così i due consumi hanno spesso natura sinergica. Bisogna combattere gli eccessi intervenendo sulla cause cliniche, psicologiche o sociali che portano un individuo all’abuso di un divertimento, ma è molto dubbio che ciò possa attuarsi vietando l’associazione tra le scommesse e gli eventi su cui i giocatori scommettono, perché in questo modo si rischia solo di spianare la strada a canali alternativi. lp/AGIMEG