Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha assegnato “alle parti il termine di 30 giorni per presentare memorie e fissato per il prosieguo del giudizio la pubblica udienza del 18 settembre 2025” in merito al ricorso presentato da Vincitù, operatore di gioco online, contro l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) sull’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 388.453,92 euro per la violazione del Decreto Dignità nella parte che riguarda la promozione dei giochi con vincite in denaro.
L’appellante, che ha impugnato una sentenza del Tar Lazio che respingeva un ricorso contro una sanzione per la violazione del divieto di pubblicità del gioco, contesta la legittimità delle disposizioni, invocando la disapplicazione dell’articolo 9 del Decreto Dignità, sostenendo che sia in contrasto con la Direttiva UE che regola le normative tecniche nel settore dei servizi della società dell’informazione.
Durante un procedimento precedente, il Tar Lazio, che aveva respinto il ricorso proposto da un operatore di settore avverso una sanzione comminata ai sensi della medesima disposizione del Decreto Dignità, ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea una serie di quesiti per chiarire se le norme europee si applichino a regolamenti nazionali come quelli del Decreto Dignità, in particolare riguardo alla pubblicità del gioco.
Tra questi: “«Se le disposizioni della Direttiva (UE) 2015/1525, e, in particolare, gli artt. 1 e 5 operino anche qualora il servizio, avente le caratteristiche di cui all’art. 1, par. 1, lett. b), della Direttiva (UE) 2015/1525, sia effettuato mediante un mezzo di radiodiffusione televisiva, come definita dall’art. 1, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2010/13, stante quanto disposto dall’art. 1, par. 2, della direttiva (UE) 2015/1525 «Se la disposizione di cui all’art. 1, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2015/1535 si interpreti nel senso che essa ricomprenda nel proprio campo di applicazione una regola come quella applicata nel procedimento principale, e, in particolare, se debba intendersi come relativa specificatamente al servizio in quanto relativa a un requisito di natura generale relativo all’esercizio delle attività di servizio di cui all’art. 1, par. 1, lett. b), un divieto di pubblicità come applicato nel procedimento principale, posto da una normativa diversa da quella che regolamenta il servizio stesso, e se, quindi, una simile regola fosse sottoposta all’obbligo di notifica di cui all’art. 5 della medesima direttiva»; «Se l’omessa notifica ai sensi dell’art. 5 della direttiva (UE) 2015/1535 sia invocabile da parte di un soggetto privato in un giudizio come quello principale e se, in caso di risposta affermativa e di accertamento della sussistenza della violazione, ciò comporti per il Giudice nazionale l’obbligo di dichiarare inefficace la disposizione del diritto interno, e ciò anche in un caso come quello oggetto del procedimento principale ove la regola interna riguarda, in ipotesi, un aspetto non estrinseco né centrale del servizio, e la sua non applicazione inciderebbe su valori e principi che sono tutelati dallo stesso diritto unionale, e, in particolare, la tutela del consumatore e la tutela della salute»; «Se le disposizioni della Direttiva (UE) 2015/1525, e, in particolare, gli artt. 1 e 5 operino anche qualora il servizio, avente le caratteristiche di cui all’art. 1, par. 1, lett. b), della Direttiva (UE) 2015/1525, sia effettuato mediante un mezzo di radiodiffusione televisiva, come definita dall’art. 1, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2010/13, stante quanto disposto dall’art. 1, par. 2, della direttiva (UE) 2015/1525»; «in caso di risposta affermativa al quesito sub i), “Se la disposizione di cui all’art. 1, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2015/1535 si interpreti nel senso che essa ricomprenda nel proprio campo di applicazione una regola come quella applicata nel procedimento principale, e, in particolare, se debba intendersi come relativa specificatamente al servizio in quanto relativa a un requisito di natura generale relativo all’esercizio delle attività di servizio di cui all’art. 1, par. 1, lett. b), un divieto di pubblicità come applicato nel procedimento principale, posto da una normativa diversa da quella che regolamenta il servizio stesso, e se, quindi, una simile regola fosse sottoposta all’obbligo di notifica di cui all’art. 5 della medesima direttiva”»; «in caso di risposte affermative ai quesiti sub i) e ii), “Se l’omessa notifica ai sensi dell’art. 5 della direttiva (UE) 2015/1535 sia invocabile da parte di un soggetto privato in un giudizio come quello principale e se, in caso di risposta affermativa e di accertamento della sussistenza della violazione, ciò comporti per il Giudice nazionale l’obbligo di dichiarare inefficace la disposizione del diritto interno, e ciò anche in un caso come quello oggetto del procedimento principale ove la regola interna riguarda, in ipotesi, un aspetto non estrinseco né centrale del servizio, e la sua non applicazione inciderebbe su valori e principi che sono tutelati dallo stesso diritto unionale, e, in particolare, la tutela del consumatore e la tutela della salute”»: «Se il diritto dell’Unione europea e, in particolare, gli articoli 6 della C.D.F.U.E., 4, par. 3, 5, par. 4, 49, 56, par. 1, e i principi di certezza del diritto, parità di trattamento, divieto di discriminazione e tutela dell’affidamento debbano essere interpretati nel senso che esso ostano ad una norma nazionale come quella applicata nel procedimento principale che vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media»”.
La Corte di Giustizia, in una sentenza successiva, ha stabilito poi che le normative nazionali che vietano la pubblicità del gioco possono essere considerate “regole tecniche”.
Rimane quindi da comprendere come le recenti pronunce della Corte di Giustizia influenzino il caso in esame e se la sanzione imposta possa essere considerata valida o meno in base al diritto europeo.
Quindi – conclude la sentenza, considerato: “che detti provvedimenti sono sopravvenuti nell’imminenza della celebrazione dell’udienza pubblica di discussione del presente appello e che in merito alla rilevanza dei quali nel presente giudizio le parti non hanno avuto il tempo di articolare le loro difese in forma scritta; che dopo il passaggio in decisione della causa il Collegio ha rilevato che dette sopravvenienze, entrambe aventi ad oggetto la corretta interpretazione del concetto di regola tecnica nel senso di cui alla richiamata Direttiva comunitaria, presentano profili di stretta connessione con il tema oggetto del presente giudizio, nel quale si tratta in particolare di definire, a questo punto, quale possa essere l’incidenza della sentenza della Corte di Giustizia sopra citata sul provvedimento per cui è causa, al lume del diritto UE e del diritto costituzionale interno; ritenuto di dover assegnare alle parti un termine per interloquire in merito ai suesposti profili; il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), assegna alle parti il termine di 30 giorni, decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza, per presentare memorie vertenti sulla questione indicata nella parte motiva. Fissa per il prosieguo del giudizio la pubblica udienza del 18 settembre 2025″. cdn/AGIMEG