Commissione parlamentare inchiesta su gioco illegale, Saracchi (dir. giochi ADM): “Espulsione del gioco pubblico dal territorio ha permesso al gioco illegale di raccogliere una fetta di mercato molto rilevante”

“Io sono un membro dell’Ufficio di Presidenza del Comitato prevenzione e repressione del gioco illegale, presieduto dal direttore generale Marcello Minenna. Il Comitato ha un istituto di fondazione normativa, essendo previsto dal decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, articolo 15-ter, che, in maniera molto testuale e precisa, identifica le competenze e ciò che dovrebbe fare (e che fa) il Comitato. Ci sono poi state successive norme di dettaglio e assai precise che hanno attribuito al Comitato dei poteri specifici di particolare rilevanza. Ricordo, tra tutte, quella più importante e che noi applichiamo quotidianamente. L’articolo 29 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 conferisce la possibilità all’Agenzia di istituire un fondo, pari a 100.000 euro, per l’utilizzo di scommesse simulate per entrare all’interno delle sale scommesse e dei punti gioco e verificare, con i nostri ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, l’illegalità che può essere perfezionata. Non si tratta proprio di un agente sotto copertura, ma ha un minimo di poteri per poter circostanziare e perfezionare degli approfondimenti tecnici in situ. La mia esperienza nell’ambito del Comitato prevenzione e repressione del gioco illegale mi ha fatto maturare delle sensazioni che vi vorrei rappresentare sotto il punto di vista prettamente tecnico. Come potete percepire dall’acronimo stesso – CoPReGI: prevenzione e repressione – il problema dell’illegalità nel gioco deve essere considerato in un approccio non statico di gioco illegale, ma dinamico di illegalità nel gioco. Sempre in maniera molto precisa e tecnica, senza valutazioni soggettive, bisogna avere oggi il coraggio di comprendere e ammettere che l’illegalità non è più soltanto un discrimine tra ciò che è autorizzato e ciò che non lo è”. E’ quanto ha detto Stefano Saracchi, direttore per i giochi di ADM durante l’audizione che si è tenuta a febbraio presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico del Senato.

“A volte, infatti, nell’ambito della nostra attività operativa verifichiamo e circostanziamo l’illegalità anche nel gioco autorizzato e ciò, come il Procuratore nazionale antimafia ha voluto rappresentare, è sintomatico di infiltrazioni di criminalità organizzata all’interno delle concessioni e delle autorizzazioni. È ovvio che questa è una minima parte (e non la maggior parte) dei casi, però noi dobbiamo avere ben chiaro che le norme del diritto penale, molto invasive e pervasive nell’ambito dell’approccio repressivo e dell’azione di polizia giudiziaria, funzionano perché sono complete (le vedremo poi nel dettaglio) e possono aiutarci a porre fine alle infiltrazioni e a tutto quello che ne può derivare. Ovviamente questo è un approccio di tipo metodologico ben preciso, che nasce dall’esperienza sul campo. In realtà, secondo noi, l’approccio principale deve prevedere tre fasi distinte e separate. Occorre anzitutto identificare i compiti e le potenzialità del Comitato prevenzione e repressione gioco illegale e le azioni, che poi illustrerò rapidamente, per far comprendere in che modo interveniamo sul territorio e quali sono gli approcci operativi più frequenti e incisivi. Come sapete, la prevenzione si fa anche grazie alle norme del diritto pubblico e del diritto amministrativo. Approcciamo una fase antecedente la prevenzione e la repressione perché tutto quello che è patologico deriva eventualmente – o evidentemente – da dei vulnus normativi nell’ambito del diritto pubblico. La Commissione sul gioco illegale si prefigge un compito importantissimo, ossia identificare gli strumenti normativi e attuativi del futuro che possono disciplinare al meglio il gioco pubblico. Riteniamo che il nostro contributo si debba concentrare sulle norme antecedenti la prevenzione e la repressione. Parliamo, in particolare, di alcune situazioni giuridiche che si sono venute a creare con una stratificazione normativa bipartita e di bi-competenza, per intenderci. Come sapete meglio di me, i commi 2 e 3, dell’articolo 117 della Costituzione statuiscono le competenze specifiche di chi deve legiferare in materia di ordine pubblico e sicurezza pubblica (lo Stato) e di salute e sanità (anche le Regioni). Ciò ha creato una stratificazione normativa, Regione per Regione, che a volte ha permesso quello che voi leggete sui giornali, ossia la cosiddetta espulsione del gioco pubblico dal territorio. Cosa vuol dire ciò per la criminalità organizzata, anche con riferimento alle conseguenze in termini di patologie (ed ecco perché mettiamo in connessione le norme del diritto pubblico e del diritto amministrativo con quelle del diritto penale)? Se noi ammettiamo, come ipotesi, che la domanda di gioco sia anelastica (ossia che tecnicamente varia di poca natura e quantità rispetto alla variazione dell’offerta), è ovvio che quell’offerta verrà esercitata nell’ambito del gioco illegale e, quindi, da parte della criminalità organizzata”, ha continuato.

“Dalle notizie apparse sulla stampa si evince un giro d’affari notevole nell’ambito del gioco illegale. Quest’espulsione del gioco pubblico dal territorio ha permesso al gioco illegale di raccogliere una fetta di mercato molto, ma molto rilevante. Tutto ciò sta a significare che il legislatore del 2009 è stato molto saggio nell’identificare prevenzione e repressione perché la criminalità non si concentra soltanto nel raccogliere l’offerta di gioco mancante da parte dello Stato, ma anche nell’infiltrarsi all’interno del gioco pubblico autorizzato per cercare di riciclare denaro. Come sapete meglio di me, l’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, prevede addirittura che anche gli operatori del gioco pubblico debbano comportarsi come gli intermediari finanziari, ossia presentare segnalazioni per operazioni sospette all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF) presso la Banca d’Italia laddove vi sia il superamento in contante di determinate soglie (oggi pari a 1.000 euro, ma ho letto della possibilità di un innalzamento a 2.000 euro nel cosiddetto decreto mille-proroghe). Di base il concessionario o il gestore di sala deve rappresentare queste segnalazioni per operazioni sospette ogni volta che ne ha la percezione soggettiva (per frammentarietà delle scommesse) o oggettiva (per il superamento di alcune soglie ben codificate). Se non lo fa, incorre nelle stesse sanzioni e violazioni in cui incorre un Istituto di credito e bancario. Ciò è fondamentale per comprendere che, in realtà, il mondo del gioco pubblico è molto vicino a quello che era l’antecedente mondo del settore bancario, ossia è la porta di ingresso – oggi – per poter immaginare un percorso di riciclaggio, ai sensi dell’articolo 648-bis del codice penale, e di reimmissione di liquidità e contante da provento illecito. Questa è un’evidenza ormai statistica e non più probabilistica, perché non guardiamo al futuro per quello che potrebbe accadere, ma guardiamo al passato per quello che è accaduto. In questo senso ci sono sentenze anche passate in giudicato”, ha aggiunto.

“Molto rilevante è un intervento giurisdizionale anche nel conclamare e constatare che alcune monete del settore del gioco pubblico servivano per permettere la latitanza di Matteo Messina Denaro, come si evince da notizie apparse sulla stampa il 24 aprile 2018. Il settore è sicuramente un punto di ingresso dell’illegalità nel circuito ordinario del riciclaggio. La stratificazione normativa di cui abbiamo parlato prima (siamo ripassati nuovamente all’approccio del diritto pubblico e del diritto amministrativo) ha permesso attraverso alcuni interventi (ricordo, tra i tanti, l’articolo 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) l’obbligatorietà di un’intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni per identificare l’approccio innovativo che doveva essere posto in essere per quanto riguarda i punti scommesse e i punti gioco in generale. L’intesa è stata raggiunta nel 2017 e, come sicuramente sapete, si compone di sette punti principali: i primi tre punti identificavano il sistema di gioco del futuro e gli ultimi quattro le azioni repressive e preventive da porre in essere e che più o meno sono state attuate. A oggi, non si riesce a comprendere se i primi tre punti sono o meno vigenti e cogenti. Perché lo dico con questa nettezza e serietà tecnica? Sapete cosa l’articolo 7 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, prevede ogni volta che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli svolge una nuova gara di concessione. Peraltro, le gare di concessione devono essere svolte perché siamo in dirittura d’arrivo con le proroghe legislative e tecniche. Abbiamo legato l’articolo 103 del cosiddetto decreto cura Italia, che porta a tre mesi dopo il termine dello stato pandemico tutti gli atti autorizzativi e concessori, ed è quindi evidente che, al 30 giugno di quest’anno, abbiamo un problema di autorizzazioni e concessioni”, ha sottolineato.

“Nell’ambito dei pareri interlocutori con il Consiglio di Stato (organo consultivo costituzionalmente rilevante e, quindi, massimo consesso della giustizia amministrativa, con la conseguenza che ciò che dice deve essere preso non in netta, ma in fondamentale considerazione), ci viene chiesto se l’intesa stabilita in sede di Conferenza unificata nel 2017, per mancanza del decreto ministeriale di recepimento, sia ancora cogente e vigente. Infatti, se non lo fosse, le gare dovrebbero essere svolte in una determinata maniera, mentre, se lo fosse, le gare dovrebbero seguire un’altra determinata applicazione sul territorio. Capire ciò ci aiuta a comprendere lo sviluppo fisico sul territorio, con riferimento al principio di repressione di gioco illegale e prevenzione dell’illegalità nel gioco nell’ambito del quale, se sul territorio non si riscontra offerta di gioco, ma se diamo per ipotesi che la domanda sia anelastica, di conseguenza ci saranno delle patologie evidenti e pratiche. Tutti i riferimenti normativi che ho citato per lo sviluppo delle gare sono contenuti nei commi 932 e 933, dell’articolo 1, della citata legge n. 208. È di tutta evidenza che stiamo parlando di un settore particolarmente delicato e anche quantitativamente rilevante dal punto di vista macroeconomico. Fornisco alcuni numeri per capire di cosa stiamo parlando dal punto di vista quantitativo. Nel 2020 la raccolta sul gioco pubblico (raccolta vuol dire importo scommesso da parte dei giocatori) è stata pari a 90 miliardi di euro sul territorio della Repubblica; nel 2021 la cifra è salita a circa 110 miliardi di euro. Suddividendo le cifre tra gioco fisico e gioco online, la ripartizione è ovviamente stata più a favore del gioco online per evidenti ragioni pandemiche. Se l’introito erariale si aggira tra il 15 e il 20 per cento (è più o meno di questo che stiamo parlando in base ai diversi giochi), immaginiamo un introito erariale da natura del gioco più o meno di 15 miliardi di euro l’anno, pressoché stabile come approccio. Tutto questo deve portarci a comprendere l’approccio metodologico, nell’ambito del diritto pubblico e delle altre norme, come applicazione diretta ed esecutiva nell’ambito sia del contrasto, che della prevenzione. Nel momento in cui abbiamo identificato delle norme precise (ad esempio, la legge 27 dicembre 2019, n. 160, identifica in maniera chiara quali sono i diritti da porre a terra) noi immaginiamo che il legislatore ha stabilito quali sono i diritti che possono essere messi in concessione”, ha detto.

“Faccio un esempio per tutti. Il gioco a distanza (cosiddetto GAD), che è il gioco online, prevede 40 diritti da poter mettere in concessione, con base d’asta di 2,5 milioni a diritto. Se lo corroboriamo con il dato di prevenzione e repressione (ovvero che, soltanto nei primi due mesi dell’anno 2021, abbiamo chiuso 150 siti illegali e, nel 2020, 200 soltanto nel settore del gioco), immaginiamo che porre a terra, nell’ambito dell’online, 40 diritti corrisponda a un numero molto, ma molto limitato che comunque lascia spazio all’illegalità e a chi vuole crearla. Se immaginiamo che il diritto esercente è 40 e noi, soltanto nei primi due mesi dell’anno, abbiamo identificati 150 siti illegali, la sperequazione di numeri è molto, ma molto rilevante. È ovvio che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli suggerisce, da parte del suo vertice che io qui rappresento, la possibilità di intervenire con un ampliamento di questi punti diritti per censire e capire come poter esercire il gioco nel miglior modo possibile, non soltanto per ridurre l’illegalità, ma proprio per toglierla. Questo è l’approccio che noi immaginiamo e pensiamo Di conseguenza, se nell’ambito della repressione e della prevenzione noi continueremo a fare quello che dobbiamo fare e immaginiamo che il numero sia 40 contro 150 in due mesi e che l’approccio crescerà nel tempo, è evidente che qualche perplessità sorge. Non neghiamo la necessità di mantenere quell’argine di confine e, quindi, quelle mura molto forti di distinzione tra illegalità e legalità. Tuttavia, se prendiamo questa cornice di perimetro e la ampliamo, riusciamo a censire tutti i concessionari in maniera più chiara e incisiva, anche ai sensi dell’articolo 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (codice dei contratti pubblici), che stabilisce i requisiti morali oggettivi e soggettivi che ogni concessionario deve avere. Nel momento in cui li abbiamo censiti, non ci sarà più repressione, ma prevenzione perché ciò che riusciamo a censire lo identifichiamo punto per punto, capendo ogni transazione. Vi faccio un esempio molto semplice e intuitivo. Se un concessionario è collegato alla nostra banca dati, noi vediamo ogni singola scommessa e, quindi, possiamo verificare in tempo reale, attraverso il nostro gruppo di analisi scommesse sportive, la frammentarietà delle scommesse che può generare riciclaggio. Se invece siamo nel contesto del gioco completamente illegale, questa banca dati non verrà censita e identificata e, quindi, non saremo in grado di identificare l’illegalità in maniera veloce, facile e semplice all’interno dei nostri uffici, ma dovremo andare, di volta in volta, presso i singoli punti vendita. Comprendete pertanto benissimo che se l’approccio è mantenere ristretta la concessione del gioco in senso pratico, noi dovremo fare tanta repressione. Se invece la allarghiamo, ovviamente con dei criteri stabiliti dal codice dei contratti pubblici, noi possiamo fare tanta prevenzione. Pertanto, il rapporto si sbilancia”, ha continuato.

“Per questo motivo, con questa relazione, condivisa e autorizzata dal direttore generale Marcello Minenna, abbiamo voluto rappresentare la connessione tra diritto pubblico, diritto amministrativo e diritto penale. Il diritto pubblico è fatto di norme concessorie, con il vulnus del recepimento della Conferenza unificata; il diritto ammnistrativo è invece prevenzione e, quindi, vigilanza e tutto quello che noi possiamo sapere ex ante l’illecito e la patologia; la repressione è invece l’intervento operativo ex post sul territorio. Le norme del diritto penale sono complete, molto invasive e incisive. Se ritenete, ne elencherei qualcuna per capire quanto sono pervasive e incisive. Il Comitato prevenzione e repressione gioco illegale, che oggi concentra la sua attività quasi totalmente nell’ambito della repressione, potrà dedicarsi anche all’ambito della prevenzione. L’approccio che tutti i magistrati più importanti, anche in sede di Direzione distrettuale antimafia, ci insegnano è che quello di repressione è un concetto patologico che deve intervenire soltanto ex post. Il concetto antecedente la patologia è invece quello della prevenzione e della vigilanza. Come vi ho detto all’inizio della relazione, abbiamo alcuni interventi normativi molto incisivi nell’ambito della prevenzione. Ad esempio, tutti sentiamo parlare di DURC (Documento unico di regolarità contributiva) nell’ambito del codice dei contratti pubblici. Nessun operatore edilizio può operare con la pubblica amministrazione se non ha il DURC regolare. Noi abbiamo uno strumento identico: il DURF (Documento unico di regolarità fiscale) è previsto dall’articolo 30 della citata legge n. 124, che statuisce testualmente: «non possono essere titolari o condurre esercizi commerciali, locali o altri spazi all’interno dei quali sia offerto gioco pubblico, operatori economici che hanno commesso violazioni definitivamente accertate agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali secondo quanto previsto dall’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». Questa disposizione stabilisce che, dal 2019, chi ha queste violazioni accertate non può esercire il gioco pubblico. Ciò significa che il legislatore ha compreso nel 2019 che serviva uno strumento analogo (DURC nell’ambito dell’edilizia e DURF nell’ambito del gioco pubblico). La norma è molto incisiva da questo punto di vista perché possiamo controllare ogni singolo inadempimento da parte dell’operatore di gioco e anche del gestore di sala. Le nostre pattuglie (permettetemi questo termine) all’interno dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che ispezionano i vari punti scommessa possono avviare un procedimento di decadenza anche laddove venga accertata una violazione nell’ambito fiscale. Questo è fondamentale e fa comprendere l’incisività di queste norme. Penso che ci siamo concentrati abbastanza, dal punto di vista prettamente tecnico-amministrativo, nel capire come il vostro autorevolissimo intervento di senatori, che poi compongono una volontà politica, possa meglio esplicitarsi secondo i parametri costituzionali. È evidente che le norme di diritto penale cui ho fatto riferimento sono storiche e, pur risalendo a qualche anno fa, sono oggi quanto mai attuali”, ha detto.

“Ne cito una tra tutte: la legge 13 dicembre 1989, n. 401, che statuisce le frodi in competizioni sportive. Leggo alcuni passaggi testuali della norma per identificare l’incisività del disposto normativo sanzionatorio penale: «Chiunque offre o promette denaro o altra utilità, di cui all’articolo 1, o vantaggi a taluni dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione è punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000». Mi impressiona non tanto la multa in quanto valore economico, ma la sanzione penale di riferimento. Stiamo parlando di corruzione in atti amministrativi sportivi: nel momento in cui io, da libero cittadino, vado a corrompere un partecipante (che può anche non essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio), agendo psicologicamente per cercare di deviare il risultato, la pena prevista è la reclusione da due a sei anni. Si tratta quindi di un delitto. È evidente che da questo punto di vista stiamo parlando della cosiddetta patologia del match fixing. Le patologie della criminalità organizzata si possono concentrare secondo due aspetti. Vi è anzitutto l’immissione di provento illecito all’interno del circuito legale. Poco mi interessa se vinco o non vinco la scommessa, penserà il mafioso o il membro della camorra o della ‘ndrangheta, a prendere quell’82-83 per cento della raccolta. Come ho detto, infatti, all’Erario va più o meno tra il 15 e il 20 per cento dell’introito in base alla tipologia di gioco esercitato e ciò significa che tra l’80 e l’85 per cento rimane tra concessionario, restituzione delle somme vinte e aggio dei gestori di sala. Quindi se la criminalità organizzata è riuscita ad infiltrarsi all’interno della concessione, è riuscita a riciclare l’83-82-81 per cento, mentre il 17-18-19 per cento viene restituito allo Stato. Si tratta di una commissione assolutamente accettabile per la criminalità organizzata perché i tassi, ex ante questa scoperta, erano molto più alti. Il comma 2 del medesimo articolo 1 recita: «Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione». Questa è una conseguenza naturale, perché chi partecipa può avere esso stesso interesse a farlo. Non sempre il match fixing, ovvero l’accordo collusivo sul campo, è connesso alla criminalità organizzata, ma nella stragrande maggioranza è così. Come facciamo a sapere di questa possibile collusione nell’ambito del gioco sportivo? Se verifichiamo che a un certo set o game, durante una partita di tennis, le scommesse da una certa Regione o punto territoriale schizzano alle stelle, vuol dire che quel territorio ha un’informazione. Evidentemente è arrivata l’informazione e c’è un accordo collusivo di criminalità organizzata, perché altrimenti non ci sarebbe questa connessione. Infatti, la non criminalità organizzata non diffonderebbe la notizia, ma la terrebbe soltanto per una o due persone, mentre – in questo caso – l’organizzazione ha voluto estendere i suoi effetti a tutti i propri consociati”, ha aggiunto.

“Parliamo adesso di intermediazione del gioco, ossia di quelle norme che vanno a colpire chi fa esercizio del gioco illegale, ossia non ha una concessione (che è il concetto di gioco illegale e non di illegalità nel gioco). «Chiunque esercita abusivamente l’organizzazione del gioco è punito con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da 20.000 a 50.000 euro». «È punito altresì con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da 20.000 a 50.000 euro chiunque organizza, esplicita e raccoglie a distanza senza la prescritta concessione qualsiasi gioco istituito o disciplinato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli» (articolo 4 della citata legge n. 401). Riporto testualmente queste disposizioni per ricordarci l’incisività delle pene: da 2 a 6 anni, da 3 a 6 anni. Stiamo parlando di delitti particolarmente importanti nella loro sanzione. Apparentemente che cosa ho fatto di male? Ho soltanto raccolto qualche scommessa. In realtà, se il legislatore ha voluto inserire questi riferimenti normativi significa che ha già ipotizzato che, dietro la decisione di raccogliere scommesse, c’è una grandissima probabilità – e oggi statistica di avveramento – di associazione di stampo mafioso. Nel 2019 la legge è stata novellata con un intervento in materia di confische. Faccio questa precisazione per dire che solo dal 2019 noi possiamo agire attraverso la confisca dei beni e del provento e soprattutto (cosa assai importante) anche la confisca per equivalente. Anche in questo caso stiamo parlando, dal punto di vista patrimoniale e non soltanto penale, di particolare incisività. Faccio ora qualche cenno, anche intuitivo e visivo, in quanto quotidianamente facciamo operazioni. Proprio in questi giorni stiamo svolgendo con delle procure distrettuali antimafia delle operazioni specifiche che ovviamente non rappresenterò per riservatezza (magari le rappresenterò alla Commissione con relazioni riservate separate e, se lo ritenete, segretate)”, ha aggiunto.

“Facciamo degli esempi pratici per capire quanto è semplice e intuitivo che si verifichino certe cose. Concessionario collegato alla nostra sala intelligence, alla nostra sala investigativa, al data warehouse del partner tecnologico: noi verifichiamo che i 50 euro immessi all’interno di una AWP o VLT dopo tre secondi vengono restituiti in vincita e quella non è una vincita, ma una richiesta di restituzione di quanto versato. Però ho la dimostrazione non giuridica, ma cartacea, perché giuridicamente ci si può opporre a questa ricostruzione di aver vinto. Faccio l’esempio delle sale Bingo, che hanno la possibilità di immettere all’interno del gioco dei premi extra. Attraverso il nostro data warehouse verifichiamo che il 90 per cento dei premi extra vengono immessi nelle sale non quando è presente un gran numero di persone, anche per cercare di coinvolgere, ma quando – alle ore 2.30 di notte – ci sono quattro persone. Probabilmente le vincite sono fatte dal gestore, dal fratello, dalla sorella e dal figlio. Scommesse ripetute sempre per concessione. Ecco perché sto insistendo molto, e mi perdonerete se sono ripetitivo, per allargare il gioco legale il più possibile. Noi non avremmo tutte queste informazioni se si fosse nell’ambito del gioco illegale. Ripeto: non le avremmo e dovremmo andare fisicamente. Se invece allarghiamo le maglie, avendo comunque un chiaro segno di applicazione delle norme, noi possiamo sapere tutto: dalla scommessa di un euro fino a quella di milioni di euro. Registriamo in tre minuti il frazionamento di scommesse: stesso esito, stessa scommessa, stesso palinsesto, stesso importo giocato, stesso IP del pc dal quale viene l’importo, distanza tre o quattro secondi. O c’è qualcuno che, in maniera compulsiva, si è recato presso il centro scommesse fisico, dicendo al gestore di sala che vuole giocare 999 euro e poi ancora 999 euro (ma ciò è evidentemente incongruo), oppure abbiamo delle evidenze di qualcuno sta cercando di immettere non dico proventi illeciti, ma quanto meno del denaro di dubbia provenienza all’interno del mercato del gioco. Che senso avrebbe, altrimenti, fare scommesse ripetute e frazionate? Abbiamo parlato del match fixing. L’esempio pratico è la Francia. La polizia francese è intervenuta durante una partita di tennis di doppio in un importante torneo internazionale perché durante il quinto game del secondo set le scommesse – guarda caso – sono schizzate alle stelle sul doppio fallo. Come voi sapete, infatti, si può giocare non solamente, come una volta, all’esito della partita, ma anche al cartellino giallo del giocatore o al doppio fallo della partita di tennis e ciò permette la riduzione del numero di persone che si devono accordare per creare il cosiddetto match fixing. Infatti, match fixing significa non accordo tra i giocatori, ma truccare una scommessa sportiva e dare un esito diverso rispetto alla realtà. Per fare un doppio fallo il giocatore di tennis non deve mettersi d’accordo con l’altro giocatore, ma deve comunicarlo soltanto alla madre e al padre, che poi lo diranno a Tizio e Caio”, ha sottolineato.

“Nell’ambito del gioco non devo più trovare l’accordo con quattro o dieci giocatori. Mi soffermo su AWP e VLT. Avete appreso, anche da notizie di stampa pubblicate una settimana fa, di interventi nuovamente problematici rispetto alle connessioni della rete sul settore del gioco nazionale per previsione del pagamento delle vincite sulle singole macchine. È evidente che anche su questo dobbiamo intervenire, rendendo ancora più random e casuale il pagamento con riferimento a quelle macchine che non hanno un’abilità come il Totocalcio, ovvero una predizione, ma prevedono semplicemente che venga premuto un pulsante. Dobbiamo rendere ciò ancora più random, altrimenti ci troveremo nuovamente a dover combattere il fenomeno con la repressione e non con la prevenzione. Il tema è particolarmente sensibile sia per noi operatori che per la magistratura, perché le evidenze investigative e di media e stampa ci portano a capire che l’infiltrazione c’è. Per questo motivo, l’approccio di questa relazione è trifasico e vi segnalo l’importanza di portare il diritto pubblico e amministrativo ad essere ben strutturato e calibrato sul territorio per poter operare in termini di prevenzione, che va sempre fatta. È un po’ come per le analisi del sangue: non le facciamo soltanto perché qualcuno ci dice che qualcosa non va, ma le facciamo periodicamente in un’ottica di prevenzione. Occorre ragionare nell’ottica della prevenzione e non della repressione. Poi è ovvio che persone come me, che sono operatori del sistema, ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, non vedono l’ora di poter fare anche delle attività operative, ma l’approccio non deve essere questo, bensì quello della prevenzione. Questo è l’intervento della relazione che volevo rappresentarvi perché, secondo il direttore dell’Agenzia Marcello Minenna, bisogna muoversi in una direzione volta a promuovere le norme del diritto pubblico e della prevenzione, prima ancora di ricordarci che esistono norme molto incisive del diritto penale e della repressione in quanto azione di polizia giudiziaria”, ha concluso. cdn/AGIMEG