Donne del gioco pubblico: “Ci sentiamo come in carcere. Totalmente bloccate, dimenticate, ma continueremo a combattere per i nostri diritti”

La rabbia per le prolungate chiusure delle attività – 9 mesi negli ultimi 12 – viene anche dalla delegazione di donne del gioco pubblico (le stesse che hanno manifestato per due mesi a Roma), che questa mattina hanno fatto visita a Romagna Giochi. “Noi non possiamo aprire – raccontano Melina, Chiara, Antonietta ed Antonella durante la diretta con il direttore Fabio Felici – i ristoranti e i bar invece se non sono in zona rossa possono farlo: ci sentiamo carcerate visto che non possiamo nemmeno fare disobbedienza civile come hanno fatto, ad esempio, proprio i ristoratori. In Emilia Romagna abbiamo le sale chiuse senza alcun risarcimento, a causa della legge regionale. Ci stanno portando sconforto e rabbia insieme, ci fanno invidiare i dipendenti pubblici, che hanno avuto degli aumenti di stipendio o i navigator, a cui saranno rinnovati fino a dicembre e che riceveranno da oggi a fine anno 10 mila euro, a noi forse neanche 2 mila euro. Il Governo spende soldi per il cashback e a noi danno l’elemosina”.

Ed è proprio per il diritto ai ristori, per il diritto ad avere certezze, per il diritto al lavoro, che le lavoratrici ed imprenditrici del gioco pubblico scenderanno di nuovo in piazza. In merito alla manifestazione in programma a Roma il prossimo 31 marzo, Chiara Terrabusi, amministratore delegato di Romagna Giochi, ha invitato: “tutte le colleghe a partecipare alla manifestazione del 31 marzo a Roma, a contattarci per poter aderire al nuovo Comitato “Donne in gioco” in modo da poter aiutare tutte insieme Antonia Campanella, promotrice della manifestazione, a difendere i nostri diritti”. cr/AGIMEG